Con due diversi documenti i ricercatori etnei chiedono agli organi accademici di aspettare a bandire concorsi per professori associati, prima che venga emanato il decreto per l’abilitazione nazionale che permetterebbe la partecipazione anche a loro. «Chiediamo opportunità per tutti e chiarezza nell’assegnazione dei fondi», dicono «Chiediamo che nell’Università di Catania si aspetti a bandire un concorso per professori associati fino a quando non saranno complete le procedure di abilitazione nazionale, perché vogliamo opportunità per tutti».
È questa la proposta dei ricercatori catanesi al rettore Antonino Recca e agli organi di ateneo.
Ricercatori che si presentano divisi agli organi accademici – con una mozione del Coordinamento Unico D’ateneo e una presentata da altri 180 ricercatori riunitisi lo scorso 8 febbraio ad Agraria – ma che comunque chiedono un po’ la stessa cosa: aspettare.
Il problema nasce quando, a fine anno, l’attuale ministro dell’istruzione pubblica Francesco Profumo ha sbloccato il piano straordinario di reclutamento che permette di bandire i concorsi per professori associati prima dell’approvazione del decreto sull’abilitazione nazionale.
«Questo significa che i ricercatori che avrebbero potuto prendere l’abilitazione per partecipare al concorso di associato – spiega Gianni Piazza, ricercatore dell’Università di Catania – non potranno farlo». Potrà quindi partecipare solo chi ha già l’idoneità per diventare professore associato, ma comunque non ha ancora un contratto. Saranno inoltre agevolati i rientri dall’estero e la mobilità interna al territorio nazionale.
Eppure è proprio la legge 240/2010 detta Gelmini che ha previsto una certa copertura finanziaria per il triennio 2011-2013 – 13 milioni di euro per il 2011, 78 milioni per il 2012 e 173 milioni per il 2013 – per favorire l’avanzamento da ricercatore ad associato. «Copertura che non è sufficiente per risolvere il problema perché offre circa tremila posti da associato a fronte di circa 24 mila ricercatori in Italia – continua Piazza – ma che comunque avrebbe portato a uno stato migliore delle cose».
I ricercatori catanesi, dunque, in linea con i colleghi italiani, non ci stanno e chiedono al massimo esponente dell’Università etnea di aspettare, ma anche di stabilire prima dei concorsi, criteri chiari e oggettivi sull’assegnazione dei fondi che verranno erogati. «Non si deve ripetere un’assegnazione in base al gruppo più forte, o al peso di qualche professore» afferma Piazza.
Agli organi accademici catanesi si chiede dunque di deliberare come già hanno fatto il senato accademico e il consiglio d’amministrazione del Politecnico di Torino. Ente che peraltro è stato gestito fino a pochi mesi fa proprio dal ministro Profumo.
Proprio in questi giorni si dovrebbero riunire le istituzioni accademiche etnee. Non resta che aspettare la loro delibera.
Desirée Miranda
CTzen