«Parentopoli? Ma
perché non parlate di "Ignorantopoli"? Questo è il vero problema
dell'università italiana. Voi giornalisti fate solo folklore!», sibilò
il rettore della Sapienza Luigi Frati al nostro Nino Luca. Ma la
Procura non è d'accordo: papà, mamma, figlia e figlio docenti nella
stessa facoltà sotroppi, come coincidenze.
E sull'arrivo dell'ultimo Frati a Medicina ha aperto un fascicolo.
Tanto più che «Parentopoli» e «Ignorantopoli», dicono le classifiche
internazionali, possono coincidere.
Il rettore di quello che sul Web si vanta di essere il più grande
ateneo italiano (nel senso di più affollato: 143 mila studenti, pari
all'intera popolazione di Salerno o quelle di due capoluoghi come
L'Aquila e Potenza insieme) era da tempo nel mirino di chi denuncia
certi vizi del nostro sistema universitario.
Senese, un passato da sindacalista, uomo dalla capacità funambolica di
fluttuare tra destra e sinistra, preside per un'eternità di Medicina
dal lontano 1990 in cui Gava era ministro degli Interni e Chiesa si
occupava amorevolmente dei vecchi ospiti del Pio Albergo Trivulzio e
«altro», quello che i suoi studenti più perfidi hanno soprannominato
«BaronFrati», è da sempre un uomo tutto casa e facoltà.
Al punto che non solo nella «sua» Medicina si sono via via accasate la
moglie Luciana Rita Angeletti in Frati (laureata in Lettere: storia
della Medicina) e la figlia Paola (laureata in Giurisprudenza: Medicina
Legale) ma perfino il brindisi per le nozze della ragazza fu fatto lì.
Indimenticabile il biglietto: «Il prof. Luigi Frati e il prof. Mario
Piccoli, in occasione del matrimonio dei loro figli Paola Frati con
Andrea Marziale e Federico Piccoli con Barbara Mafera, saranno lieti di
festeggiarli con voi il giorno 25 maggio alle ore 13.00 presso l'aula
Grande di Patologia Generale».
Arrivò una perfida e deliziosa «sposina» delle Iene , quella volta, a
guastare un po' la giornata. Ma fu comunque un trionfo. Quasi pari,
diciamo, alla passerella offerta dal nostro, anni dopo, a Muammar
Gheddafi, salutato come uno statista e invitato nell'aula magna, sul
palcoscenico più prestigioso, perché tenesse agli studenti una «lectio
magistralis» su un tema davvero adatto al tiranno: la democrazia. Tema
svolto tra risate sbigottite («demos è una parola araba che vuol dire
popolo come "crazi" che vuol dire sedia: democrazia è il popolo che si
siede sulle sedie!») mentre lui, il rettore, si lasciava andare in lodi
per le prosperose amazzoni di scorta: «Le abbiamo apprezzate molto!
Purtroppo c'è qui mia moglie...».
Adorato da chi ama il suo senso del potere e il linguaggio ruspante
(resta immortale un video dove spiega agli studenti: «Nun date retta ai
professori perché i professori si fanno i cazzi loro. I professori
fanno i cazzi loro, lasciateli perdere!»), il giorno in cui si insediò
come rettore liquidò le polemiche sul nepotismo così: «È stato fuori
luogo tirare in ballo mia moglie, la professoressa Angeletti, perché
lei è quella che è, io sono quello che sono. Non è lei che è "la moglie
di", sono io che sono "il marito di"».
Il guaio è che oltre a essere «il marito di» Luciana Rita e «il padre
di» Paola, è anche «il padre di» Giacomo. Che per fatalità è lui pure
entrato nella facoltà di Medicina di papà: ricercatore a 28 anni,
professore associato a 31. Come vinse il concorso lo rivelò una
strepitosa puntata di Report : discusse «una prova orale sui trapianti
cardiaci» davanti a una commissione composta da due professori di
igiene e tre odontoiatri. E nessun cardiochirurgo.
«Ma lei si farebbe operare da uno che è stato giudicato da una
commissione di Odontostomatologi?», chiese Sabrina Giannini, l'inviata
della trasmissione di Milena Gabanelli a uno dei commissari, Vito
Antonio Malagnino. Farfugliò: «Io... Non parliamo di cuore o di fegato,
però...». «Secondo lei tre dentisti e due specialisti d'igiene potevano
adeguatamente...». «Forse no però questo non è un problema mio...».
Vinta la selezione, il giovane professore viene più avanti chiamato
come associato a Latina, dependance del Policlinico universitario di
cui è rettore papà. Giusto un attimo prima, coincidenza, dell'entrata
in vigore della riforma Gelmini contro il nepotismo. Quella che vieta
di assumere come docenti nella stessa università i parenti dei rettori,
dei direttori generali e dei membri del consiglio di amministrazione.
Ma queste, compreso un ricorso al Tar, erano solo le prime puntate
della «Dinasty» fratiana. Il meglio, come hanno ricostruito Federica
Angeli e Fabio Tonacci sulla cronaca romana di Repubblica , sarebbe
arrivato nelle puntate successive. Occhio alle date: il 28 gennaio 2011
il rettore Luigi Frati sceglie come commissario straordinario del
Policlinico Antonio Capparelli. Qualche settimana dopo, il 22 marzo, lo
nomina direttore generale. Passa meno di un mese e il 19 aprile
Capparelli, togliendo un po' di posti letto a un altro reparto a costo
di scatenare le ire di quanti si sentono «impoveriti», firma una
delibera creando «l'Unità Programmatica Tecnologie cellulari-molecolari
applicate alle malattie cardiovascolari» nell'ambito del dipartimento
Cuore e grossi vasi e chiama da Latina, per ricoprire un ruolo
paragonabile a quello di primario, Giacomo Frati. Cioè il rampollo
dell'uomo che lo aveva appena promosso. Ora, a pensar male si fa
peccato e, in attesa del responso dell'inchiesta giudiziaria, noi
vogliamo immaginare che la famiglia Frati sia composta di quattro geni:
un genio lui, un genio la moglie, un genio la figlia, un genio il
figlio. Ma la moglie di Cesare, si sa (vale anche per la figlia di Elsa
Fornero, si capisce) deve essere al di sopra anche di ogni sospetto.
Che giudizi possono farsi, gli stranieri, davanti a coincidenze come
queste?
Sarà un caso se la reputazione dei nostri atenei nelle classifiche
mondiali è così bassa? Dice l'ultimo Academic Ranking of World
Universities elaborato dall'Institute of Higher Education della Jiao
Tong University di Shanghai che, sulla base di sei parametri, la
Sapienza si colloca nel gruppone tra il 100° il 150° posto. La Scuola
Normale di Pisa, però, rielaborando i sei parametri utilizzati (numero
di studenti vincitori di Premi Nobel e Medaglie Fields; numero di Premi
Nobel in Fisica, Chimica, Medicina ed Economia e di medaglie Fields
presenti nello staff; numero delle ricerche altamente citate di
docenti, ricercatori, studenti; numero di articoli pubblicati su Nature
e Science nel quinquennio precedente la classifica; numero di articoli
indicizzati nel Science Citation Index e nel Social Science Citation
Index; rapporto tra allievi/docenti/ricercatori e il punteggio
complessivo relativo ai precedenti parametri) è arrivata a conclusioni
diverse.
Se il calcolo viene fatto tenendo conto della dimensione di ogni
università, sul pro capite, tutto cambia. E se la piccola ed elitaria
Scuola Normale si inerpica al 10° posto dopo rivali inarrivabili come
Harvard, Stanford, Mit di Boston o Berkeley, ecco che le altre italiane
seguono a distanza: 113ª Milano Bicocca, 247ª la Statale milanese, 248ª
Padova, 266ª Pisa e giù giù fino a ritrovare la Sapienza. Che
stracarica di studenti ma anche al centro di perplessità come quelle
segnalate, è addirittura al 430° posto. E torniamo alla domanda di
Frati: qual è il problema, «Parentopoli», «Ignorantopoli» o forse forse
tutte e due?
Gian
Antonio Stella - Corriere della Sera