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Spesa pubblica: La scuola: un Giano bifronte tra autonomia funzionale e gerarchia burocratica

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La gestione di una qualsiasi istituzione si basa sulla sua struttura organizzativa, ma la scuola è forse l’unico caso di una istituzione che non ha...organizzazione!
Non considerando la struttura amministrativa e di servizio, che ha una propria logica di natura ministeriale, va notato che nella scuola non esiste una catena di comando/gestione che vada dal vertice alla base per gradi intermedi (struttura di line, in termini sociologia dell’organizzazione), né esiste una struttura di staff formalizzata, che operi istituzionalmente a lato del dirigente: si va direttamente dal vertice alla base, dal dirigente al singolo docente o dal dirigente al Collegio dei Docenti, di cui per di più il dirigente fa parte, sia pure come presidente.
I collaboratori del dirigente dovrebbero costituire la struttura di line, ma così non è, perché non hanno una definizione istituzionale; i collaboratori operano sulla base di una delega, che può essere più o meno ampia o addirittura può anche non essere rilasciata: il D.Lgs 165/2001 dice che il dirigente può avvalersi di alcuni collaboratori, per cui un dirigente potrebbe anche non nominare alcun collaboratore e rimanere da solo a gestire la scuola.
Pian piano, si è venuta formando nella scuola una specie di struttura di staff, non gerarchica e non formalizzata, molto simile a quella che caratterizza i gruppi definiti goals organization, gruppi cioè non strutturati e creati ad hoc per raggiungere uno specifico obiettivo.
Nella scuola ne abbiamo vari esempi, quali le commissioni di lavoro o i gruppi di progetto, lo stesso Collegio dei Docenti è un gruppo di scopo; questo tipo di strutture hanno carattere temporaneo, nascono e si autorganizzano per raggiungere un obiettivo, poi si sciolgono.
E’ chiaro che la elaborazione, la programmazione, la gestione della didattica si deve basare su una organizzazione molto vicina al modello delle goals organization; se però questo modello viene esteso alla gestione dell’istituzione-scuola, allora nascono i problemi: le funzioni di indirizzo, di controllo, di organizzazione si confondono con quelle di elaborazione e gestione della didattica.
Ecco di nuovo il Giano Bifronte: una istituzione inserita in una rigida struttura burocratica che deve funzionare come un gruppo di scopo!
Questa complessità, questa natura duale della scuola autonoma è senz’altro all’origine delle aporie che ne hanno segnato la nascita nel 2000 e che sono rimaste irrisolte fino ad oggi; ma questo non vuol dire che non debbano essere affrontate.
In questo numero della Rivista, approfondiremo in un articolo la questione delle figure di sistema, non solo e non tanto per l’importanza che la questione riveste in sé, ma perché indice di questa natura “duale” che non si ha la forza di affrontare.
La strutturazione di una linea di gestione/comando viene infatti percepita come confliggente con il concetto di autonomia funzionale, intesa essenzialmente come auto-organizzazione della didattica da parte di un corpo professionale che, abbiamo detto, si esprime come gruppo di scopo non strutturato e non gerarchizzato.
Di più: viene percepita come confliggente con il concetto stesso di “comunità educante”, già ferito dall’attribuzione della dirigenza ai Capi di Istituto che però, finché rimangono soli, possono continuare ad essere sostanzialmente i Presidenti del Collegio dei Docenti.

Eppure, una soluzione va trovata, tanto più che con le ultime manovre estive un altro elemento di complessità si è aggiunto, questa volta di natura quantitativa: la dimensione sempre maggiore che le scuole andranno ad assumere, soprattutto nel primo ciclo.
Ricordiamo che dal prossimo anno scolastico, a parte le situazioni particolari legate alla natura del territorio, un istituto comprensivo dovrà avere almeno 1.000 alunni ed in ogni caso una scuola con meno di 600 alunni non avrà il Dirigente e il DSGA; in  questo momento, non è ancora possibile sapere quanto la realtà si avvicinerà a questi numeri, ma certo la linea di tendenza è questa.
Ha destato scalpore la posizione di Stefano Stefanel, che si è permesso di dire che “piccolo non è bello”, ma è certo che nelle condizioni attuali i problemi del Giano Bifronte rischiano di ingigantirsi.
Nel suo recente Congresso, l’ANP ha affrontato la questione dal punto di vista della professione del dirigente, della necessità di ripensarla nella nuova situazione dei maxi-istituti; basti dire che le scuole avranno una media sei plessi, senza voler considerare gli altri fattori di complessità.
Rembado nella sua relazione introduttiva dice “Noi siamo stati da sempre abituati a considerare come normale la correlazione: un dirigente per ogni scuola”; questa correlazione non regge più, la gestione personalistica della scuola deve far posto ai metodi di gestione di una struttura complessa di grandi dimensioni, al “controllo formalizzato e a distanza, sull’organizzazione di routine e su strutture di controllo “automatico” dei processi.”
In effetti, la scuola autonoma non potrà mai una struttura organizzativa formale,  rigida, fatta di uffici/strutture interrelati tra loro in modo gerarchico e funzionale, la scuola si è da decenni organizzata in base a degli organi di governo, collegiali e monocratici, definiti nei loro connotati fondamentali dai Decreti Delegati del 1974 e rimasti sostanzialmente immutati anche dopo l’attribuzione alle scuole dell’autonomia funzionale in campo organizzativo e didattico.
L’organizzazione fatta di organi di governo e non di uffici è una caratteristica legata alla natura di Giano Bifronte propria della scuola, che non può certo essere ingabbiata in una struttura rigida di tipo ministeriale, per cui questa sua caratteristica è destinata a rimanere, a parte naturalmente la struttura amministrativa e di servizio.
Ora, l’attribuzione della dirigenza ai capi di Istituto è forse l’unica vera novità in campo organizzativo rispetto alla situazione pre-autonomistica; la mancata riforma degli OO.CC. e la mancata istituzione del middle managment, a parte il DSGA che ha però una funzione ben delimitata nel campo amministrativo e dei servizi generali, hanno fatto della figura dirigenziale praticamente l’unico punto di riferimento della scuola autonoma.
Non è quindi solo la professione del dirigente che deve cambiare, è la struttura dell’istituzione-scuola che va ripensata e ridefinita, va risolto il problema del Giano Bifronte, ridefinendo gli organi di governo della scuola, collegiali e monocratici, in particolare affrontando con determinazione anche la questione del middle managment.

 









Postato il Lunedì, 06 febbraio 2012 ore 07:59:33 CET di Redazione
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