Assunzioni
pilotate da politici e burocrati soprattutto in concomitanza con le
elezioni regionali, fondi pubblici assegnati a enti che in alcuni casi
non hanno neppure una sede, assenza di controlli sull’efficacia dei
corsi, una quantità di personale enorme, ben il 46% del totale dei
dipendenti attivi nel resto del Paese e tre volte superiore alla sola
Regione Lombardia.
È l’impietosa analisi del settore della formazione professionale in
Sicilia fatta dalla commissione d’inchiesta, guidata dal deputato del
Pd Filippo Panarello, incaricata dall’Assemblea regionale siciliana di
verificare cosa non va nel sistema dopo i rilievi della Corte dei conti
e alcuni scandali.
Dopo avere ascoltato per diverse settimane in audizione dirigenti
regionali, operatori e sindacati, i commissari hanno appena concluso il
lavoro, stilando la relazione conclusiva depositata a Palazzo dei
Normanni e pronta per la discussione all’Assemblea regionale.
Dal rapporto viene fuori un settore “monstre”, dove non ci sono regole
certe e quelle esistenti vengono aggirate con facilità, controllato da
lobbies di potere e senza una reale corrispondenza con le necessità di
lavoro in una regione dove il tasso di disoccupazione giovanile supera
il 50%. Tra i docenti c’è chi addirittura ha soltanto la licenza
elementare, alcuni il diploma di scuola media inferiore, solo il 34% ha
un diploma di laurea.
“È stato costruito un sistema fondato sulla crescita esponenziale della
spesa pubblica indirizzato a creare posti di lavoro, a prescindere
dalle esigenze effettive dell’utenza e dalla qualità del servizio”,
scrivono i commissari nella relazione.
La spesa per il comparto ammonta a 400 milioni di euro, oltre alle
risorse finanziate negli anni con i fondi europei. La quantità del
personale non ha eguali nel Paese, 8.612 dipendenti tra docenti e
amministrativi, quasi il triplo dei dipendenti pubblici della Regione
Lombardia.
Gli enti che organizzano i corsi e ricevono i fondi pubblici sono 230,
“frutto di un sistema di accreditamento lacunoso, ancorchè provvisorio
e sostanzialmente funzionale all’allargamento della platea”, accusano i
commissari. “Il reclutamento del personale”, sostiene la commissione,
“fondato su regole e filtri facilmente aggirabili, ha consentito
continue incursioni di settori della burocrazia e della politica” e
sull’esito dei corsi “c’è l’assoluta mancanza di verifiche”.
La commissione d’inchiesta propone all’Ars “di promuovere le iniziative
legislative utili a riformare il sistema della formazione e di
esercitare con attenzione i compiti di indirizzo e di controllo
necessari per sollecitare una gestione rigorosa e trasparente di un
settore importante dal punto di vista economico e sociale”.
In Sicilia il numero dei dipendenti nel settore della formazione
professionale, oltre 10 mila, è di poco inferiore a quello degli
abitanti di Cefalù (13 mila). Si tratta di personale assunto dagli enti
con contratti a tempo indeterminato, ai quali vanno aggiunti centinaia
di altri lavoratori con contratti a progetto e di consulenza, più un
numero non ancora quantificato di persone contrattualizzate dagli enti
negli ultimi tre anni, aggirando il blocco delle assunzioni in vigore
dal 2008.
La commissione ha verificato che i dipendenti degli enti che operano
nella formazione ordinaria sono 7.227, gli addetti agli sportelli
multifunzionali gestiti sempre dagli enti sono 1.835, altri mille circa
sono impegnati nella formazione obbligatoria. “Abbiamo verificato un
aumento della spesa dal 2004 al 2011 – ha spiegato Panarello – Oggi la
spesa è di circa 400 milioni di euro”.
Per Salvo Giuffrida, componente della commissione d’indagine, “occorre
una rivisitazione della legge 24/76 che sinora ha consentito al sistema
della formazione di funzionare”. “Si devono prevedere nuovi sistemi di
accreditamento e di controllo sulla qualità del servizio erogato dagli
enti – afferma – oltre a uno snellimento della forza lavoro impegnata.
Questo garantendo, comunque, l’occupazione di eventuali esuberi che
sono vittime di un sistema sino ad ora mal gestito”.
“Era tutto risaputo, per questo ha il sapore dell’ipocrisia”. Lo dice
Maurizio Bernava, segretario della Cisl Sicilia, che commenta così le
risultanze del lavoro della commissione d’inchiesta dell’Ars, sulla
formazione professionale regionale. La Corte dei conti da una parte, il
sindacato dall’altra, ricorda Bernava, hanno denunciato lo stato in cui
il settore versava “non solo per le assunzioni clientelari ma anche per
la moltiplicazione, specialmente nei periodi elettorali, degli enti
accreditati, spesso controllati da politici o prestanome di politici”.
Eppure rileva il segretario, “politica e governi della Regione non
hanno voluto fissare norme di selezione vincolanti, abbandonando il
settore al degrado della qualità dell’offerta formativa”.
“Se dal 2009 – aggiunge – non sono stati accreditati nuovi enti ed è
stato deciso dal governo il blocco di nuove assunzioni, questo si deve
alla fortissima denuncia e alle manifestazioni di protesta organizzate
dalla Cisl e da gran parte del sindacato. Idem, riguardo al
trasferimento della spesa, dal bilancio ordinario della Regione al
Fondo sociale europeo”. “Una scelta necessaria – prosegue – osteggiata
tuttavia da molti pezzi della politica e dell’Ars che vorrebbero, di
fatto, il mantenimento del vecchio sistema senza vincoli, verifiche e
controlli”. È per questo che la Cisl fa appello al governo della
Regione e all’Ars affinchè “la formazione sia al centro dell’azione di
governo”.
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