Obiettivi
imponenti, azioni a tutto campo, la scuola come ascensore sociale,
edilizia scolastica rinnovata, efficienza energetica ma risorse al
palo. Il ministro dell'istruzione, Francesco Profumo, illustra alla
commissione istruzione e cultura del Senato la propria strategia e il
25 gennaio consegna un impegnativo documento che la riassume.
Il ministro intitola il documento «Linee d'azione», quasi a voler
sottolineare l'immediata fattibilità del suo programma di governo. Ma
gli interventi sono solo enunciati, non sono descritti analiticamente,
e, soprattutto per la scuola, non sono individuate risorse aggiuntive,
soldi freschi. La scuola deve essere «uno dei motori di sviluppo del
nostro paese», recuperando quel ruolo di rimozione delle disuguaglianze
e di promozione sociale che oggi non riesce più a svolgere. Certificare così il fallimento
dell'istruzione pubblica non basta a risollevarla.
Gli elevati tassi di abbandoni, i numeri eccessivi di giovani tra i 18
e i 24 anni, in possesso del solo diploma di scuola media, che non
studiano più né lavorano ancora, le grandi differenze di risultati tra
le varie aree geografiche del paese e tra le varie scuole di uno stesso
territorio, hanno origini lontane. Il loro recupero, dice il documento,
non può non richiedere tempi che superano la durata di questo
ministero, lunghi almeno quanto una generazione, e risorse per formare
nuove leve di docenti che abbiano nel loro Dna questa mutata
consapevolezza del ruolo che deve svolgere la scuola. Le scuole hanno
necessità che sia semplificato il sistema che le governa, attraverso
l'accentuazione di livelli decentrati di autonomia e di responsabilità,
solo nuove leggi indispensabili, per il resto riordino e applicazione
di quelle attuali. Quali nuove leggi? Quali interventi di riordino? Il
ministro si propone di intervenire sulla formazione, sul reclutamento e
sulla mobilità dei docenti, sugli organici delle scuole, reinventando
l'organico funzionale, sul sistema di valutazione, sulla carriera,
sulla valorizzazione della professionalità, ma come farà a sostenere la
professionalità dei docenti e la loro carriera, se i contratti sono
bloccati fino a tutto il 2014? Egli si propone di istituire le
conferenze territoriali per l'autonomia, di rinnovare, come si sono
proposti di fare quasi tutti i suoi predecessori dagli anni Ottanta in
poi, gli organi collegiali della scuola e quelli territoriali. Sul
piano dei contenuti, vuole adeguare gli elementi portanti della
tradizione della scuola italiana alle esigenze educative delle nuove
generazioni, rinvigorendo i processi di continuità educativa
dall'infanzia alle superiori (e chi prima di lui non si è proposto lo
stesso obiettivo?) e favorendo l'uso delle nuove tecnologie per i
nativi digitali (sarebbe utile fare un passaggio in qualche scuola
media a verificare lo stato delle LIM, lavagna multimediale
interattiva, nda). Per mettere in sicurezza gli edifici scolastici,
altro obiettivo delle Linee d'azione, dichiara il ministro «non è
realistico un incremento di risorse disponibili nel breve periodo». E
occorrono risorse enormi per reinventare gli spazi dei 64 milioni di
metri quadri a disposizione degli otto milioni di studenti, non tutti
funzionali allo svolgimento delle attività didattiche e organizzative,
perché gran parte degli edifici risultano originariamente costruiti per
altre destinazioni. Dal miglioramento dell'efficienza energetica delle
scuole, quasi tutte in ultima classe, la G, potrebbero derivare
risparmi fino a 9 miliardi, ma dove prendono gli enti locali le
risorse? Solo un piano di sviluppo e di crescita della scuola ce la può
fare. Ecco perché tout se tient: le Linee d'azione del ministro Profumo
devono trovare una sponda nelle linee d'azione del collega ministro
dell'economia, il premier mario Monti.
(da ItaliaOggi di Mario D'Adamo)
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