Uno studio svela: lo
Stato contribuisce meno delle famiglie
Le scuole pubbliche comasche poggiano sulle spalle delle famiglie.
Senza i soldi di mamma e papà, le superiori della provincia
chiuderebbero i battenti. O, quantomeno, non avrebbero neanche la carta
per le fotocopie.
La conferma arriva direttamente dal sito del ministero dell’Istruzione,
che ha appena inaugurato un servizio – “La scuola in chiaro” – che
scheda ogni istituto d’Italia. Un portale tramite il quale si potrà
finalmente iscrivere gli studenti on-line.
Ogni scuola viene radiografata e schedata dal ministero, che specifica
risultati degli alunni, numero di docenti e, capitolo più interessante,
composizione dei finanziamenti di ogni singolo istituto, con la sola
esclusione dei soldi per gli stipendi dei professori. Soldi che servono
non solo per finanziare gite e progetti, ma pure per le spese più
banali: fotocopie e
cancelleria.
Ne risulta che la maggior parte delle scuole comasche riceve dai
genitori più di quanto non riceva dalle casse dello Stato. E che,
quindi, senza i soldi delle famiglie – tasse d’iscrizione, quote per le
gite e contributi volontari chiesti a inizio anno, che arrivano fino a
150 euro ad alunno – le superiori lariane sarebbero letteralmente in
braghe di tela.
Partiamo da una delle scuole più
conosciute della provincia, il liceo classico “Alessandro Volta” di
Como: il 62,9% dei finanziamenti arriva dalle famiglie. Lo Stato
allunga meno della metà rispetto alla quota genitori (30,7%), mentre un
ultimo 6,1% è finanziato dagli enti locali. Il “Volta”, però, può
vantare la più alta percentuale di promossi. Il 96,3% degli alunni
passa alla classe successiva, a giugno o dopo gli esami a settembre.
Ancora più fondamentale è il contributo dei genitori dell’istituto
tecnico commerciale “Caio Plinio”: i soldi delle famiglie coprono
l’82,7% dei finanziamenti. Dallo Stato arriva soltanto il 17,1%. Dalle
statistiche del ministero è possibile vedere anche quanti professori
sono precari e quanti, invece, hanno la garanzia della cattedra: al
“Caio Plinio”, su 96 docenti, 81 hanno un contratto a tempo
indeterminato e 15 sono assunti e tempo determinato. La percentuale di
promozione è più bassa rispetto al “Volta”: i bocciati infatti sono il
18,8%, quasi un quinto.
In provincia la situazione non cambia. Liceo scientifico “Enrico
Fermi”, Cantù: il 52% delle risorse arriva dalle famiglie. Un altro
38,4% viene coperto dallo Stato, mentre dagli enti locali arriva una
cifra che è poco più del 7%.
Anche il liceo scientifico “Giuseppe Terragni” di Olgiate Comasco
poggia sulle spalle delle famiglie, che contribuiscono per il 66,7% dei
finanziamenti, mentre lo Stato mette il 21,8% e gli enti locali
l’11,5%.
Per tornare ai risultati degli studenti, si conferma alta la
percentuale di promossi nei licei: 94,5% al “Fermi”, 89,9% al
“Terragni”.
Situazione opposta, invece,
all’istituto professionale “Gaetano Pessina” di Como, specializzato in
indirizzi turistici. La scuola di via Milano è tra le pochissime
a ricevere più soldi dallo Stato che dalle famiglie. I contributi dei
genitori coprono solamente il 32% dei finanziamenti; la restante fetta
di contributi viene pagata dallo Stato (66,8%) e, in piccola parte,
dagli enti locali (0,8%). Il “Pessina” è anche una delle scuole con il
minor numero di promozioni: viene bocciato in media uno studente su
quattro (25%).
Anche l’istituto professionale “Leonardo da Vinci” ha un numero
relativamente alto di bocciature (uno studente su cinque) e, come il
“Pessina”, non riceve la maggior parte dei finanziamenti dalle
famiglie. I genitori contribuiscono per il 46,8%, il resto viene
coperto da Stato ed enti locali.
I casi di “Pessina” e “Da Vinci”, però, sono in netta minoranza.
L’istituto “Jean Monnet” di Mariano, infatti, conta sulle famiglie per
il 70,1% dei finanziamenti, perché lo Stato passa solamente il 24,6% e
gli enti locali il 4,7%.
Tornando a Como città, il liceo Ciceri (che ha un numero piuttosto alto
di docenti precari, 26 su 109) riceve dai genitori il 58,7% dei
contributi; il resto è a carico dello Stato.
Caso a parte, infine, la “Magistri Cumacini”, dove le famiglie coprono
solamente il 31,7% circa dei finanziamenti, e altrettanto fanno insieme
Stato ed enti locali. La fetta più grossa, il 39,3%, viene coperta dai
proventi di un laboratorio di prova per materiali edili, situato
all’interno della scuola.
Andrea Bambace (da http://www.corrierecomo.it)
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