Dagli staffali
della storia e della mia curiosità, ho scorto l’altra sera, quasi per
caso, un misterioso personaggio del passato, Pietro D’Abano. Un uomo
singolare e affascinante, vissuto negli anni oscuri del Medioevo, che,
nonostante sia poco conosciuto, ha lasciato una traccia indelebile
della sua esistenza. Pietro D’Abano è stato medico, filosofo,
astronomo, astrologo, alchimista, scienziato, mago, ma, soprattutto, ha
fatto della libera ricerca, negli anni bui dell’oscurantismo e del
fondamentalismo religioso, l’elemento fondante della sua vita,
nonostante la feroce avversione di cui è stato oggetto dagli uomini del
suo tempo.
Nato ad Abano Terme, intorno al 1250/7 e morto a Padova intorno al
1315, Pietro D’Abano è stato un insegnante di medicina, filosofia
naturale e astrologia. Nel 1300 insegnò all’Università di Parigi, dove
compose la maggior parte delle sue opere e, dal 1306, all’Università di
Padova, nell’ateneo che fu per molti secoli un centro di studi
scientifici e naturali. È considerato il maggior rappresentante
dell’aristotelismo padovano e del suo pensiero filosofico che ha il
culmine in Galileo e un profondo conoscitore ed estimatore della
cultura greco – bizantina ed araba, che ebbe modo di apprezzare durante
il suo lungo soggiorno a Costantinopoli (probabilmente, tra il 1270 e
il 1290), ove si recò per imparare il greco e l’arabo e studiare in
lingua originale e tradurre i testi di Aristotele, Galeno, Avicenna,
Averroè , Alessandro di Afrodisia.
Amico di Marco Polo, D’Abano è diventato famoso, soprattutto, per aver
scritto il “Conciliator Differentiarum, philosophorum et precipue
medicorum quœ inter Philosophos et Medicos Versantur” (1303), un grande
manuale scientifico nel quale, attorno alle tematiche di medicina,
vengono discusse molte questioni di ordine generale come i rapporti
della medicina con le altre discipline, in particolare, con le dottrine
fisiche. Ha pubblicato molte altre opere: Liber Physionomie (1295);
Lucidator Dubitabilium Astronomie (1310); un trattato sull’astrolabio;
uno sul moto dell’ottava sfera e uno sui veleni; diverse anche le
traduzioni: i Problemi di Alessandro di Afrodisiade; i Problemi,
attribuiti ad Aristotele (con commento); alcuni scritti medicina di
Galeno e Dioscuride; la revisione della versione latina di scritti
astrologici di Abraham ibn Ezra.
Fu, probabilmente, il primo a far conoscere in Italia le dottrine del
medico arabo Averroè e quelle materialistiche. D’Abano aveva una
concezione aristotelica sulla concezione generale del mondo
(sottolineando la distinzione tra discorso filosofico e discorso
teologico), svolgeva ampiamente i rapporti tra medicina e astrologia,
inoltre, si occupava di ricerche astrologiche, facendo dipendere
l’accadere umano dagli influssi astrali. Meno chiaro è il suo pensiero
su Averroè, che egli comunque non combatté, contribuendo, anzi, a
introdurlo nello studio universitario e determinando così l’inizio
della tradizione averroistica dell’Italia nord-orientale.
D’Abano, nel corso della sua esistenza, si dedicò allo studio di altre
scienze, oltre a quella medica, che riteneva fossero correlate ad essa:
l’astrologia e l’alchimia. Egli infatti riteneva che un buon medico
dovesse essere non solo un buon astrologo, per potere giudicare il
momento più propizio ed efficacie per la somministrazione di
determinate cure o la raccolta di certe erbe, ma anche un esperto
alchimista per la preparazione dei medicamenti più adatti ai diversi
mali. Fu proprio questa interdisciplinarità ad attirare su di lui i
sospetti di eresia da parte del Tribunale dell’Inquisizione che,
infatti, lo accusò non solo di negromanzia e di averroismo, ma anche di
aver deriso e messo in discussione, nei suoi scritti, i miracoli dei
santi e l’esistenza dei demoni; egli negò la Provvidenza e cercò di
spiegare le resurrezioni, raccontate nei testi biblici, come casi di
morti apparenti.
Pietro D’Abano conferiva alla scienza medica un posto preminente
rispetto alle sette arti già incluse nel trivio e nel quadrivio,
ritenendola infatti la scientia scientiarum, ovvero la “scienza delle
scienze”: non solo compendio naturale di tutto lo scibile, ma anche
philosophia naturalium rerum. A buon diritto, quindi, il medico poteva
fregiarsi del titolo di philosophus, in questo caso, della natura
umana. All’approfondimento della medicina affiancò lo studio
sistematico dell’astrologia, che, secondo lui, influenzava la vita
dell’uomo e del cosmo, determinava la trasformazione degli elementi
naturali, i caratteri e la vita degli uomini.
Ad esempio, un segno zodiacale di particolare interesse per Pietro
d’Abano era lo Scorpione, in grado di conferire grandi doti ai medici
ed a coloro che si occupavano della salute dei corpi e manipolavano
veleni: era il segno della magia che trasformava. Nel Conciliator,
infatti, sosteneva apertamente la connessione tra il mondo naturale e
gli astri, il ricorso alla magia, agli incantesimi e l’uso della
medicina, e una concezione dell’uomo e dell’intero creato come un
armonioso organismo regolato dalle costellazioni.
Oltre al Conciliator, un’altra fondamentale opera di Pietro d’Abano è
Geomantia, tradotta dal latino e pubblicata nel 1544, e tradotta in
italiano nel 1556. In questo testo, viene spiegato in che cosa consiste
l’antico sistema pagano di divinazione, la “Geomanzia”, la divinazione
degli Elementi: il geomante interpreta il messaggio ed i significati
delle forme assunte da sassolini gettati a terra e predice il futuro.
I simboli geomantici, dice Pietro D’Abano, sono sedici e sono legati ai
quattro punti cardinali e ai quattro elementi: “fuoco, aere, aqua et
terra”.
Ancora oggi la geomanzia si basa sull’antica saggezza delle origini e
sulla meticolosa opera di sistematizzazione di Pietro d’Abano.
L’originale testo si trova nella Biblioteca Trivulziana di Milano, nel
Fondo Morando. D’Abano sosteneva che «Geomantia si è una scienza breve
da conoscere per virtù de er modo di Astrologia, di quelle cose quale
la persona vuol operare, qual fine et successo habbiano avere,
secondo che per virtù naturale et influsso celeste si può
conoscere et giudicare. Et questo modo di giudicare et conoscere, sie
per quattro lineamenti et figure fatte con alcuni punti, fatti con
carte et inchiostro, secondo che la man del Geomante, per l’influsso
celeste è portata, et da Dio eterno con la grazia fue governata,
quale sempre nel principio della figura et interrogatione, dimandar si
debbe co’ animo sincero et fidele. Et di quelli quattro lineamenti, co’
quattro virgule di punti per ogni lineamento, se formano sedici figure,
le quali significano tutto quello che accade la perona disiderar di
sapere, et no ponno essere più de 16 ne manco…».
Accusato e processato dal Tribunale dell’Inquisizione per magia, eresia
e ateismo per ben tre volte, nel 1300, nel 1306 e, probabilmente, nel
1315, fu prosciolto le prime 2 volte, (il secondo processo venne
stroncato per la ferma opposizione del Comune di Padova), ma la terza
volta non ebbe scampo. D’Abano subì, da parte dell’Inquisizione, un
nuovo processo con l’imputazione di ben cinquantatre capi d’accusa
gravi, nonostante una sua pubblica professione di fede cattolica.
Morì in prigione, nel 1315, a causa delle torture subite, un anno prima
della fine del processo. L’accanimento dei domenicani si protrasse ben
oltre la sua morte, l’anno seguente, infatti, il Tribunale, in seguito
alla sua condanna in vita, decretò che le spoglie dello studioso
dovessero comunque essere poste al rogo ed il cadavere fu, quindi,
dissotterrato e bruciato.
Pietro d’Abano, osteggiato duramente da una chiesa rozza e ottusa, è
stato uno studioso estremamente importante per la medicina e le scienze
naturali, prima dell’affermarsi del metodo scientifico. Se, quindi, non
può essere considerato un vero scienziato, in anticipo sui suoi tempi,
certo non va sottovalutato il suo notevole contributo alla ricerca e al
progresso. Il mondo è progredito anche per merito suo e non certamente
per chi l’ha bruciato.
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it