Anche se la
parola d’ordine è razionalizzare, regna ancora un grande caos. Entro la
fine del mese la Regione Campania, così come tutte le altre regioni
d’Italia, dovrà sottoporre al Ministero della Ricerca e dell’Istruzione
(Miur) il proprio “piano di dimensionamento”, dovrà cioè dire quante e
quali saranno le sedi scolastiche costrette a chiudere per accorparsi
con altre più grandi o, come dicono alcuni, semplicemente più
“protette”. In ogni modo, quel che si sa con certezza è che la
sforbiciata sarà di quelle che lasciano il segno. Secondo le prime
stime, la scure del Miur dovrebbe abbattersi su circa 1300 scuole
dell’intero territorio nazionale, tra cui sono ben 285 quelle campane.
Una cifra record. Solo per indicare le più colpite (tutte rigorosamente
del Mezzogiorno), seguono infatti la Sicilia con una previsione di
chiusura di 262 scuole, la Puglia con 199, la Calabria con 112, il
Lazio con 97, fino ad arrivare via via al record positivo dell’Umbria,
dove dovranno chiudere i battenti solo 5
istituti.
Con un decreto dello scorso luglio, convertito poi
in legge con l’approvazione della cosiddetta “Legge di stabilità”, il
governo Berlusconi ha imposto a tutti gli istituti comprensivi di
accorpare ovunque le “vecchie” materne, elementari e medie. I criteri
dettati dal Ministero sono pesanti: per poter mantenere la personalità
giuridica, ovvero per continuare a esistere, un istituto comprensivo
deve poter contare su un minimo di mille alunni, ridotti a 500 per gli
istituti che si trovano in aree geografiche particolari, come le
piccole isole, i comuni montani e le zone caratterizzate da specificità
linguistiche o etniche.
Per le istituzioni scolastiche autonome la soglia minima è invece
fissata a 600 alunni, ridotti a 400 per i siti a bassa densità di
popolazione. L’obiettivo del Miur è quello di fare cassa. I tagli
previsti consentirebbero, infatti, di risparmiare circa 2600 stipendi
tra presidi e dirigenti amministrativi, nonché i salari di oltre 2000
bidelli, per un alleggerimento complessivo di circa 172 milioni di
euro. Tuttavia, nelle scorse settimane, il ministro Francesco Profumo
ha addolcito la pillola del predecessore Gelmini rendendo flessibile la
fatidica quota mille. Il tetto minimo potrà infatti essere spalmato
sulla media regionale, con la possibilità di avere in alcune aree
istituti con valori inferiori ai mille alunni e in altre zone istituti
con valori superiori, purché venga salvaguardata la media regionale di
riferimento.
Altra boccata d’ossigeno concessa da Profumo è quella relativa alla
tempistica: invece che entro dicembre 2011, il piano dovrà essere
chiuso entro gennaio 2012. Ma la sostanza non cambia: a settembre, con
l’avvio del nuovo anno scolastico, la rete scolastica regionale dovrà
subire un consistente dimagrimento. In attesa che le varie provincie
facciano arrivare le rispettive delibere di proposta sul riassetto
delle sedi scolastiche territoriali (per ora solo la Provincia di
Benevento lo ha fatto), la Regione ha intanto cercato di rendere
ulteriormente più abbordabili, rispetto alle “concessioni” fatte dal
Ministro, i criteri per il mantenimento in vita degli istituti. Forte
di una recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha riconosciuto
alle Regioni la competenza in materia della “definizione di criteri,
tempi e modalità per la determinazione e l’articolazione dell’azione di
ridimensionamento della rete scolastica”, la Campania ha deciso di
abbassare la soglia minima di sopravvivenza dei singoli istituti
comprensivi da 600 a 500, mentre nelle aree montane e nelle piccole
isole la quota minima slitta da 400 a 300.
Qualcosa si è già cominciato a fare. Per esempio, rispetto al
precedente anno scolastico, le scuole autonome campane sono dodici in
meno, con un incremento degli istituti comprensivi a fronte di un
decremento di tutte le altre scuole di ogni ordine e grado. Inoltre,
nelle linee guida stilate per il dimensionamento della rete scolastica,
si mette in evidenza che “a fronte di una rete scolastica certamente
bisognosa di razionalizzazione, comunque in Campania la media degli
alunni per ciascuna istituzione scolastica autonoma è abbastanza
elevata (803 in provincia di Napoli, 713 a livello regionale) e,
complessivamente, in linea con la media nazionale”.
In ogni caso, le scuole che entro settembre non dovessero rientrare nei
parametri non avranno più dirigenti. Questo, infatti, lo spirito della
norma: distribuire dirigenti su numeri più consistenti ed evitare la
sopravvivenza di pletoriche burocrazie. Lo spirito non si discute, ma
come spesso accade dalle intenzioni alle piano concreto le cose si
inceppano. Oltre alle prevedibili levata di scudi dei vari istituti
territoriali, la razionalizzazione voluta dal Miur ha provocato anche
la reazione dei nuovi dirigenti scolastici.
Dopo un tormentato concorso, il Miur ha infatti appena sfornato 2386
nuovi presidi e ora, al netto della riforma, c’è il serio rischio che
non abbiano più una collocazione. Anche in questo caso il numero più
elevato è quello che interessa la nostra regione, dove sono 220 i nuovi
dirigenti in cerca di collocazione.
(da http://denaro.it/ di
Cristian Fuschetto)
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