Serve più scuola per
uscire dall'impoverimento. Ma se l'Ocse annuncia l'urgenza di nuove
politiche fiscali per favorire gli investimenti, per ora la spesa per
una scuola migliore devono accollarsela le famiglie. Divided We Stand:
Why Inequality Keeps Rising è il titolo di uno studio dell'Ocse, uscito
a inizio dicembre, sull'allargamento della forbice tra ricchi e poveri
nel mondo.
In cui l'Ocse chiede ai governi di farsi carico
dell'allargamento della forbice. Si calcola che negli ultimi trent'anni
il 10% dei più benestanti dei Paesi Ocse si sia arricchito nove volte
di più del 10 % dei più poveri. In
Italia siamo 10 a uno. Nella nota sulla situazione del divario
tra ricchi e poveri in Italia, si legge che, nel 2008, il reddito medio del 10% più
ricco degli italiani era dieci volte superiore al reddito medio del 10%
più povero, rilevando un aumento della disuguaglianza rispetto al
rapporto di 8 a 1 di metà degli anni novanta. In questo senso,
sottolinea l'Ocse, le imposte sui redditi e i sussidi sociali hanno un
ruolo importante nella redistribuzione del reddito, riducendo la
disuguaglianza di circa il 30%. Uno
dei fattori più importanti di perequazione economica è infatti proprio
l'istruzione. Ma in Italia che si fa? Si taglia proprio lì, il che tradotto
significa che il divario tra ricchi e poveri nel nostro Paese è
destinato a crescere ulteriormente. Il decisore politico,
osserva l'Ocse, «potrebbe riesaminare il ruolo redistributivo della
fiscalità onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in
giusta misura al pagamento degli oneri impositivi. L'offerta di servizi
pubblici gratuiti e di qualità elevata in ambiti quali l'istruzione, la
sanità e l'assistenza familiare riveste un ruolo importante». A buon intenditor, insomma, poche parole. E
mentre il neoministro Francesco Profumo promette uno stop alle
politiche dei tagli, per l'Istat in Europa siamo agli ultimi posti in
fatto di spesa per l'Istruzione. Nel 2007 la spesa pubblica in
istruzione ammontava a circa 71 mld di euro, pari al 9,6% del totale.
Questo quando in Europa l'investimento pubblico in istruzione era
mediamente pari al 10,5% della spesa pubblica per i servizi e senza
tenere ancora conto dei tagli successivi al 2008. Si ricorderà come la
stessa Banca d'Italia, nel 2009, affermasse come l'investimento di
denaro pubblico in istruzione prometta ritorni economici importanti per
le famiglie e un aumento del gettito fiscale pari al 3,9-4,8%
dell'investimento (si veda Italia Oggi del 10 novembre 2009). Ma da allora nulla è cambiato e alla scuola
non resta che affidarsi ancora una volta al fai da te. Facendo un
rapidissimo calcolo, nel 2009/2010 l'ammontare di queste tasse per il
4° e 5° anno di tutte le superiori arrivava a 20.462.308 euro.(di
Giovanni Bardi da ItaliaOggi)
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