Vorrei che
scuola diventasse ciò che in alcuni Paesi si definisce “civic center”,
il centro civico della città. Perché non far sì che gli istituti
scolastici si trasformino in centri di aggregazione del quartiere?
Biblioteche aperte tutto il giorno,palestre utilizzate anche dai
cittadini , luoghi per le feste dei bambini. In questo modo anche gli
aspetti economici potrebbero essere affrontati diversamente , perché il
Comune, i privati, potrebbero investire nella scuola stessa.
Questa dichiarazione del Ministro Francesco Profumo risponde ad una
specifica idea di scuola da molti di noi condivisa ed
attualizzata.
Da tempo abbiamo considerato la scuola come una “piccola città” e
quindi abbiamo attivato il Consiglio Comunale dei Ragazzi, che
consente di vivere l’esperienza dell’educazione civica, e di
apprendere la cultura della democrazia partecipativa attraverso un
“imparare facendo”.
Abbiamo aperto la scuola al territorio, alle iniziative del quartiere e
della Municipalità, utilizzando al meglio e a tempo pieno le
strutture esistenti: le palestre in collaborazione con le società
sportive ; l’auditorium e la sala mensa per convegni e congressi, per
concerti e rappresentazioni teatrali.
Come ha ben detto il Ministro, tale operazione ha comportato dei
benefici economici e delle visibili migliorie alle strutture in
termini di attrezzature, di pulizia e di decoro.
Come lo stesso Ministro ha potuto constatare nelle nostre scuole ci
sono tante belle risorse ed energie vitali non sempre adeguatamente
valorizzate e riconosciute e molte delle cose indicate e proposte già
le facciamo: mettiamo a disposizione la scuola per le feste di
compleanno nella sala mensa che diventa anche discoteca in occasione
del carnevale e delle feste di fine anno.
Cosa dovremmo fare di più e meglio?
Condividiamo la proposta della formazione dei docenti, i quali
attraverso un diligente aggiornamento professionale entrano nel
circuito linguistico del vocabolario tecnologico degli studenti di
oggi, nativo-digitali.
Sarebbe auspicabile che questo desiderio di innovazione
fosse diffuso tra tutti i docenti e non restasse
appannaggio solo di alcuni, i quali a volte,vengono criticati per
il desiderio di fare e di crescere nella professione docente e
nel difficile compito della valutazione e della qualità del servizio
scolastico.
L’atteso ed auspicato svecchiamento del personale docente ancora
è lontano dalla concreta realizzazione e nel giro di boa si
rischia di far perdere il vitalizzante entusiasmo di alcuni.
Purtroppo sono numerosi i docenti che si sentono costretti a restare in
servizio e vivono lo stare a scuola con disagio e visibile
malessere. Tutto ciò si ripercuote negativamente sugli studenti i quali
hanno il diritto di incontrare docenti vivaci e dinamici, che non
facciano sentire il peso dell’inevitabile scarto generazionale.
La proposta ministeriale dell’ampliamento dell’obbligo
scolastico a 17 anni, indicata come “salto di qualità”, ancorché
positivo e condiviso, pone comunque diverse questioni da prendere
in esame.
Al termine ”obbligo” occorrerebbe sostituire il concetto di “diritto
all’istruzione e alla formazione”, considerandolo una
fruttuosa opportunità di ampliamento del periodo di formazione anche al
fine di conseguire una qualifica professionale.
Quale tipo di scuola potrà accogliere tale istanza e rispondere a tale
principio costituzionale e sociale al fine di consentire a molti più
ragazzi il permanere nella struttura formativa?
L’impianto didattico ed organizzativo degli istituti tecnici e
professionali, che risultano i più funzionali allo scopo, risente
ancora molto del modello liceale di Giovanni Gentile ed i
contenuti, le materie, le ore, sono già così cariche che non consentono
quella tanto auspicata flessibilità organizzativa al fine di favorire
un tipo di scuola speciale, adatta alle esigenze della specifica
utenza. La vigente riduzione delle ore di lezioni ha
comportato una diminuzione delle attività di laboratorio ed ha
mortificato la specificità di alcuni indirizzi specifici.
Per questi ragazzi “speciali” si auspicherebbe una “scuola speciale”
nella quale i contenuti didattici venissero proposti in forma meno
invasiva della lezione teorica tradizionale, con libri di testo
facilitati e ore di lezioni più leggere nell’alternanza
scuola-laboratorio.
Occorre una scuola adatta alle loro esigenze di studenti che
privilegiano l’occupazione lavorativa nell’immediato e in stretta
relazione alle esigenze delle famiglie e del territorio. Una scuola che
meglio risponda al settore occupazionale e alle esigenze di recuperare
mestieri e professionalità in via di estinzione.
E’ richiesta inoltre la presenza di docenti disposti e motivati nel
saper gestire la relazione con questi ragazzi, molti dei quali
risentono di un percorso formativo incostante e non sempre adeguato.
Questa è la scuola “civic center”, capace di offrire servizi anche di
immediata spendibilità lavorativa , di essere utile alla Città e
presente nel territorio , quale luogo privilegiato di educazione, di
istruzione, di formazione integrale dei cittadini di oggi e di domani.
Grazie Signor Ministro, ci aiuti a mettere in atto i suoi ed i nostri
desideri.
Giuseppe Adernò
Presidente ASASI di Catania