Il Sud come area per
un progetto pilota per la scuola italiana. «Il Mezzogiorno può
diventare il vero elemento di traino per lo sviluppo del Paese», dice
il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Prolungamento
dell’obbligo scolastico fino a 17 anni attraverso un più stretto
rapporto con gli istituti professionali regionali; formazione degli
studenti più innovativa; concorsi per giovani docenti e scuole come
centri di aggregazione: è anche da qui - spiega Profumo - che passa una
scuola più «visionaria», perché capace di intuire il futuro. Nuovi
progetti per la scuola del Sud ha annunciato, in risposta a un
editoriale de ”Il Mattino”, il ministro per la Coesione territoriale
Fabrizio Barca. Qual è il ”salto di qualità” a cui il governo sta
pensando? «Stiamo cercando di ragionare su tre elementi: la sicurezza e
l’edilizia scolastica; la formazione dei docenti e l’apprendimento per
gli studenti; una visione nuova della scuola con l’uso delle nuove
tecnologie». Un progetto ampio, e i soldi?«La base di partenza è un
miliardo di fondi europei destinati al Sud, 350 i milioni per la
Campania. Cerchiamo, però, risorse aggiuntive e complementari, convinti
che il Mezzogiorno possa diventare vero elemento di traino per
l’Italia». Quali sono le ragioni della vostra fiducia nel Sud?
«I motivi sono concreti e ne è prova il fatto che una parte dei fondi
sarà destinata direttamente a quattro regioni del Sud - Campania,
Puglia, Sicilia e Calabria - per la sicurezza e l’edilizia scolastica;
mentre un’altra parte, partendo proprio da queste stesse regioni, porrà
le basi per il progetto-Paese. Penso, ad esempio, alle nuove
tecnologie, dove il piano sviluppato al sud può essere poi esteso
all’intero territorio nazionale». Qual è la condizione della scuola nel
Sud?
«Va fatta un’analisi dettagliata, partendo dalla constatazione che c’è
una mappa della povertà, che sta crescendo nel nostro Paese, a cui
corrisponde un aumento dell’abbandono scolastico. L’obiettivo è evitare
che i ragazzi lascino la scuola in età precoce, un traguardo che si può
raggiungere prolungando il percorso dell’obbligo scolastico con le
qualifiche professionali. Questo consentirebbe di far entrare i ragazzi
nel mondo del lavoro più maturi e più robusti, riducendo così anche
l’abbandono scolastico». Tenerli più a lungo a scuola, insegnando loro
un mestiere. Ricetta semplice ma anche realizzabile? «L’obiettivo si
può raggiungere con una più stretta connessione, anche fisica, tra
scuole dell’obbligo e scuole professionali regionali». Ne ha parlato
con i governatori del Mezzogiorno? «Abbiamo già avuto un incontro - in
Campania con Stefano Caldoro e con il sindaco di Napoli Luigi De
Magistris - e avviato un processo di collaborazione, che ci consentirà
di scendere nei dettagli. Non si può pensare che la soluzione passi
attraverso un progetto standard, buono per tutte le occasioni». C’è un
caso Campania anche nella scuola? «Non credo che la situazione vada
definita in questi termini. Certamente, però, va fatta un’analisi
attenta che consenta di intervenire in tempi brevi. Legalità e capacità
di inserimento dei ragazzi nella società sono elementi su cui la scuola
può svolgere un ruolo determinante». Il 12 partirà il progetto Scuola
in chiaro: tutte le informazioni sugli istituti saranno online.
Internet, però, fatica a entrare nella scuola anche perché non ci sono
soldi. «Il sistema scuola ha un ritardo naturale, che intercorre dal
momento in cui lo studente inizia il suo ciclo di studi al momento in
cui lo termina. La vera sfida è far sì che il percorso formativo
conservi la sua validità e attualità anche nel momento di ingresso
dello studente nel mondo del lavoro. Bisogna essere sufficientemente
visionari per definire un progetto capace di resistere nel tempo e di
prevedere anche le future necessità occupazionali». Entro il 2012 sarà
indetto un concorso per i docenti. Ma dove sono questi nuovi posti di
lavoro? «Ci sono graduatorie con circa 200mila persone in attesa e
altri 20mila giovani che non sono in graduatoria. L’età media dei
nostri insegnanti cresce, mentre gli studenti avrebbero bisogno di
docenti sì esperti ma anche più vicini al loro modo di essere, un mix
tra esperienza e creatività. Per questo credo che sia ragionevole
proseguire con lo svuotamento delle graduatorie ma al contempo pensare
ai giovani. Immagino due canali, uno più grande che attinge alle
graduatorie, un altro più piccolo che fa riferimento ai nuovi
concorsi». Gli insegnanti lamentano di essere pagati poco ma a pesare
di più è forse la perdita di valore sociale della professione. «Credo
sia proprio questo il tema prioritario. Durante le mie prime settimane
da ministro, mi sono accorto che, sotto il coperchio di questa grande
pentola, ci sono qualità e motivazioni un po’ represse. Difficilmente
sarà possibile trovare risorse immediate, ma si può avviare un processo
per il progetto Paese. Una delle chiavi di volta è una autonomia
responsabile delle scuole, aspetto che ha funzionato bene per le
università». Il tempo dei tagli per l’istruzione può dirsi finito?
«Credo che un Paese lo si costruisca partendo dalla scuola,
dall’università, dalla ricerca. Quindi, pur nelle difficoltà, ritengo
che il periodo dei tagli sia chiuso. Anche in mancanza di risorse
aggiuntive, molto può essere fatto utilizzando meglio i fondi
disponibili». Il valore legale della laurea va abolito? «Il tempo che
questo governo ha a disposizione consente solo di oliare e far
funzionare al meglio il meccanismo. Non possiamo pensare a grandi
riforme. Non solo: credo che un intervento di questo genere vada
inserito in un contesto di rinnovamento più ampio e complessivo». Va
bene, non c’è tempo per le grandi riforme ma se ci fosse quale vorrebbe
realizzare? «Vorrei che la scuola diventasse ciò che in alcuni Paesi si
definisce ”civic center”, il centro civico della città. Perché non far
sì che gli istituti scolastici si trasformino in centri di aggregazione
del quartiere? Biblioteche aperte tutto il giorno, palestre utilizzate
anche dai cittadini, luoghi per le feste dei bambini. In questo modo
anche gli aspetti economici potrebbero essere affrontati diversamente,
perché il Comune, i privati potrebbero investire nella scuola stessa.
Compito del nostro governo, pur nella consapevolezza che il tempo a
disposizione non consente di raggiungere il traguardo, è porre le basi
perché questo percorso si avvii». (da Il Mattino)
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