Vi scrivo per
raccontarvi un fatto molto grave accaduto a Roma nei primi giorni di
dicembre e che rischia di passare inosservato se i giornali, la radio o
la televisione non se ne occuperanno con tempestività.
Si tratta di un attentato alla dignità di questo paese, della sua
scuola e della sua cultura. Di tutte queste cose resta già pochissimo
e, anche in quel poco, quasi nessuno pare più credere.
I fatti sono lunghi e complessi. Provo a riassumerli.
Circa due mesi fa il ministero degli esteri bandisce l’atteso concorso
per selezionare il personale docente e ata da destinare alle scuole
italiane all’estero e alle scuole europee. Il precedente concorso era
stato bandito nel 2006. Arrivano al ministero 37.000 domande per
poche centinaia di posti.
Poco tempo dopo la pubblicazione del bando si rende noto che il
concorso si terrà all’Hotel Ergife di Roma da giovedì 1 dicembre a
lunedì 5 dicembre.
Sono previsti una quindicina di test di accertamento linguistico che
dovrebbero corrispondere a un livello di conoscenza della lingua
piuttosto avanzato (vista anche la necessità di selezionare tra un
numero così elevato di domande).
Le regole parlano chiaro e sono ragionevoli: al concorso non si possono
portare cellulari, né borse o zaini, né grammatiche o dizionari;
ovviamente non si può copiare.
Migliaia di persone acquistano biglietti aerei e prenotano alberghi.
C’è anche chi torna dalla Polonia o dall’Argentina per questo concorso
(devono sostenerlo di nuovo anche quei docenti che già hanno passato i
precedenti concorsi e stanno attualmente svolgendo un periodo di
insegnamento all’estero).
Accade però che, due giorni prima del concorso, via e-mail, tutti i
candidati vengono informati di un metodo che è stato elaborato apposta
per garantire maggiore equità nella selezione: prima di ogni test verrà
distribuito un libro che contiene 4000 quesiti (1000 di tedesco, 1000
di inglese e altrettanti di francese e spagnolo). Da questi libri
verranno estratte, pochi minuti prima delle prove, le 40 domande alle
quali bisognerà rispondere in 45 minuti.
Alla prima prova prevista (lettorato di francese) scoppia la polemica.
Alcuni docenti chiedono che vengano concessi minuti in più per le
prove, visto che bisognerà cercare le domande selezionate tra le 4000
contenute nei volumi, e 45 minuti paiono in effetti troppo pochi;
soprattutto se il livello dei test sarà difficile, come annunciato nel
bando.
Intanto i volumi contenenti i 4000 quesiti vengono distribuiti.
La discussione degenera, i tempi si allungano; la tensione è ormai
fuori controllo e sono già passate tre ore dall’orario previsto per
l’inizio del concorso: la prova di francese non solo non è cominciata,
ma pare difficile che possa cominciare; tanto che il presidente della
commissione, incapace di ristabilire l’ordine, ne annuncia la
sospensione., o l’annullamento o il semplice rinvio. I presenti dicono
che era assai difficile capire esattamente cosa stesse accadendo. E io,
che non mi ero iscritto alle prove previste per il primo giorno, mentre
vado all’aeroporto per prendere l’aereo per Roma, comincio a ricevere
messaggi di ogni tipo dai colleghi che invece sono già lì, in mezzo al
caos.
Ma non era proibito portarsi dietro i cellulari?
Tutti i candidati sono invitati a uscire dall’Hotel Ergife, lasciando
ovviamente i volumi con i 4000 quesiti sul banco (volumi, secondo
regolamento, ancora avvolti nel cellophane).
Molti escono però portandosi via il librone delle domande, infilato
negli zaini o sotto i capotti. Pochi minuti dopo lo esibiranno
davanti alle telecamere del tg3 e del tg1 (i servizi sono andati in
onda alle 19 e alle 20 del primo dicembre e si trovano ancora su you
tube).
Più tardi, nella giornata, si svolgono comunque le prove per i
lettorati di inglese e tedesco: tuttavia le domande sono tratte dagli
stessi libri distribuiti la mattina, che quindi sono rimasti nelle mani
di una buona parte dei candidati per parecchie ore.
La prima giornata di esami, iniziata attorno alle 8 del mattino,
finisce verso le 22.
Le prove previste per i lettorati di francese e spagnolo sono invece
rinviate a martedi mattina, cioè dopo lo svolgimento delle altre prove
già previste per le giornate di venerdì e di lunedì (ossia i test di
selezione per poter insegnare nelle scuole europee e nelle scuole
italiane all’estero); e il rinvio è deciso con buona pace di tutti
quelli che erano venuti solo per il concorso dei lettorati e avevano
già il biglietto aereo per tornare in Sicilia, in Sardegna, in Friuli,
o magari in Polonia, in Argentina o in Australia.
C’è chi rinuncia, ed va direttamente alla polizia per denunciare i
fatti dei quali è stato testimone. C’è chi riesce a cambiare il giorno
e l’ora del volo e pensa di ritornare il giorno dopo e trattenersi poi
a Roma fino a martedì 6.
In ogni caso l’equità del concorso non è più rispettata. Non sono
rispettati i giorni, né gli orari previsti; e soprattutto c’è comunque
chi ha i avuto i libroni a disposizione e chi no. Si può proseguire un
concorso pubblico quando alcuni candidati hanno avuto alcune ore per
studiare i quesiti che verranno proposti, mentre altri –cioè i fessi,
gli onesti che non hanno trafugato il librone- non hanno avuto la
stessa possibilità?
La questione diventa presto obsoleta. Il giorno dopo si svolgono le 4
prove di selezione per le scuole europee e si viene a scoprire subito
che le domande sono tratte sempre dagli stessi libroni del primo giorno
(solo che adesso la copertina è di un altro colore).
I libroni, che secondo regolamento non potrebbero essere portati fuori
dalla sede del concorso, sono dunque gli stessi visti nel telegiornale
delle 20 del primo dicembre e ormai da 24 are girano per Roma – e
su internet- e così accadrà poi per tutti i giorni del concorso.
Chi non era presente alla prima prova e non lo ha potuto sottrarre, si
procura delle fotocopie.
Altri, folli, inistono nel dare l’esame senza copiare. Oppure,
semplicemente, non conoscono nessuno che gli possa passare i quesiti.
In ogni caso gli esami durano ancora una volta circa 14 ore: dalle 8
del mattino alle 22 si sta a migliaia dentro e fuori l’Hotel Ergife.
Lunedì, dopo due giorni di meritato riposo, si svolgono altre quattro
prove (stavolta per le scuole italiane all’estero): sempre secondo le
stesse regole, anche se ormai inutili. Vietato aprire i libroni prima
del via, vietato portarseli a casa, vietato usare cellulare e copiare.
La tensione è fortissima. Il mormorio durante le prove, e i movimenti
di fogli e il bisbiglio dei suggerimenti, disturbano non poco. Ogni
tanto nella sala squilla un cellulare, oppure uno dei candidati riceve
un messaggio. Uno dei sorveglianti grida: “chi non ha spento il
cellulare, se non lo può spegnere adesso, può almeno vergognarsi?”
Sono tutti nervosi, candidati e commissari. Fuori piove, ma nelle
ore che passano tra un test e l’altro si aspetta all’aperto, ammassati
come pecore, senza sapere esattamente a che ora si potrà entrare.
“Siamo carne da macello”, dicono in tanti. È una frase che viene alla
bocca quasi senza più chiedere il permesso: tutti la dicono almeno una
volta, e vuol dire al tempo stesso, ci trattano come carne da macello,
e davvero siamo carne da macello: guarda cosa ci siamo ridotti a fare.
L’uomo diventa bestia, la bestia è disposta a tutti per sopraffare la
concorrenza e sopravvivere. Si formano alleanze e strategie, c’è chi la
chiama solidarietà.
Quelli che hanno i volumi con le domande, ripassano le risposte giuste
prima di entrare.
Si entra, si esce fino alle 10 di sera. Vengono espletate infinite e
complesse pratiche burocratiche prima di ogni test sempre allo scopo di
garantire l’equità del concorso, anche se oramai tutto ha il sapore di
un’amara presa in giro.
Intanto le prove, fin dal primo giorno, si sono rivelate facilissime
(ben al di sotto del livello previsto e dichiarato nel bando).
Nei test ci sono 20 domande di grammatica e 20 domande su quattro brani
da leggere e comprendere.
I brani del librone sono però pochi. Sempre gli stessi, ma tradotti in
4 le lingue. Alcuni brani sono stati estratti anche per tre prove
diverse; così, chi ha fatto i test di selezione per quattro
lingue –come me- è avvantaggiato, anche se ha dovuto subire la tortura
di leggere per ben tre volte le istruzioni per l’utilizzo
dell’aspirapolvere oppure per la pulizia dello schermo del televisore:
prima in spagnolo, poi in tedesco e infine in francese.
Se capita un testo difficile durante il test in una lingua in cui si è
poco ferrati, basta cercare nel librone la traduzione nella lingua
preferita.
Gira la voce che molte delle domande dei libroni siano in effetti le
stesse già assegnate per il concorso dei dirigenti scolastici, che si è
tenuto qualche tempo prima, suscitando altre mille polemiche.
Anche quel concorso, come questo, è organizzato dal Formez s.p.a.
Il Formez Italia organizza questo concorso per conto del ministero
degli esteri. Quanto è costato il concorso? Parrebbe piuttosto costoso,
considerando il complicato sistema dei volumi contenenti i 4000
quesiti. Volumi che vanno distribuiti ad ogni candidato prima di ogni
test, per essere poi ritirati e distrutti dopo ogni prova (poco
conta che siano sempre gli stessi volumi e che ne girino da giorni
diverse copie su internet o nelle case e nelle stanze d’albergo dei
candidati).
Come mai, ci si chiede in molti, il Formez ha organizzato anche questo
concorso, dopo la fallimentare gestione del concorso per i presidi?
Gira una voce (e di voci ne girano tante all’Ergife): pare che dietro
il Formez s.p.a. ci sia niente meno che il ministro Brunetta. Sarà
vero? Sarebbe interessante saperlo. E sarebbe interessante anche sapere
se era questo che, per anni, l’ex ministro intendeva quando parlava di
efficienza della pubblica amministrazione.
Ci vorrebbero indagini accurate su questo tema. E ci vorrebbero
giornalisti pieni di buona volontà e capacità di penetrazione nei fitti
misteri italici. Si ha la sensazione che questo concorso sia solo una
piccola parte di un tutto più grande. Un tutto marcio e pruriginoso. Ma
le sensazioni sono tutte deviate. Mille opinioni e idee girano. Tutti
scommettono su una cosa e sul suo contrario: è davvero l’Italia come
capita a volte di vederla negli incubi notturni.
Intanto, a differenza di quanto accaduto il primo giorno, i circa 40000
(quarantamila!) volumi stampati con 4000 quesiti ciascuno vengono
effettivamente ritirati al termine di ogni prova per essere mandati al
macero. Per fortuna che era già carta riciclata (dal concorso per i
presidi).
Quanto è costato questo concorso? La domanda diventa sempre più
pressante ad ogni nuovo ritiro del librone.
Me ne sono passati per le mani ben 8, in 8 test differenti: ho avuto
libroni azzurri, rossi e gialli. Sempre gli stessi.
Che cosa accerterà, questo concorso, a parte lo stato comatoso delle
istituzioni di questo paese? Accerterà che gli insegnanti italiani, che
sappiano o meno le lingue, sono comunque in grado di sviluppare
tecniche di sopravvivenza sempre più raffinate. Tra il primo e l’ottavo
test che ho fatto mi sono reso conto di essere diventato più veloce,
più coriaceo, più amaro. Non credo più in nulla. Voglio solo andare
avanti e sentirmi vivo: potermi dire parte di questo girone infernale
che sembra ruotare con le sue stesse forze.
In una delle tante lunghe attese, un collega sulla cinquantina mi si
avvicina per chiedermi: Tu mi sembri esperto, ma per caso sai cosa sono
queste scuole europee?
Intanto anche le cose più turpi finiscono, anche se non siamo neppure
più in grado di desideralo. Ce ne andiamo a casa, o in albergo. Attorno
all’Hotel Ergife restano solo montagnole di carta di cioccolatini al
caffè e lattine vuote di red bull. Domani gli ultimi due test per i
lettorati di francese e spagnolo. Quelli dai quali tutto era
cominciato; e con i quali tutto infatti finisce.
Dunque c’è una logica? Dunque c’è un senso?
Gli insegnanti torneranno in classe il giorno dopo, in tutta Italia e
nelle sedi estere nelle quali rappresentano la nostra cultura.
Prima dei compiti in classe di matematica o latino, diranno ai loro
alunni: spegnete i cellulari e non copiate. O, no, anzi, scusate, mi
sono confuso, copiate pure, ma per poter copiare come si deve,
aspettate di diventare un insegnate di ruolo come me e di
partecipare a un concorso pubblico. Lì sì, lì potrete copiare da veri
italiani, e potrete fare quello che vorrete com’è iscritto nella
nostra vivace natura mediterranea.
Potrete anche organizzare un bel trenino. Funziona così: chi sa meglio
il francese si mette in testa al treno e passa le risposte giuste agli
altri; al test successivo poi il favore gli viene restituito: il
francofono passerà al secondo o al terzo vagone e copierà da chi è più
esperto in inglese o in spagnolo o in tedesco. È così che imparerete
tutte le lingue, ragazzi. Fidatevi. Credete ai vostri insegnanti che
già ci sono passati. O quanto meno, è così che riuscirete a
certificarne la conoscenza. Come vedete si tratta della vecchia arte di
arrangiarsi: è per questo che si viene a scuola no? Quindi insomma,
copiate, copiate, se potete, non sarò certo io a fermarvi. Come potrei
mai?
La ragione per la quale vi scrivo, al di là della evidente cialtroneria
di chi ha organizzato questo concorso così male e non lo ha poi saputo
gestire una volta che è degenerato, è anche una ragione di ordine
morale e, forse, perfino di prospettiva storica.
Cosa ne è dell’Italia oggi? Cosa c’entra tutti questo con il nostro
passato e con il nostro futuro?
Pochi sono i docenti che pensano di far ricorso. Quasi tutti paiono
disgustati dalle giornate che hanno trascorso a Roma, quelli che hanno
sottratto i volumi e quelli che non lo hanno sottratto.
Su face book si è formato un gruppo chiamato “insegnare all’estero”
nato in questi mesi di attesa del concorso. Nel gruppo molti si dicono
contenti perché, davanti a uno stato così disumano come quello
italiano, ci si è potuti associare per aiutarsi a vicenda.
Chi ha rubato il libro, lo ha passato ad altri; le fotocopie giravano a
meraviglia. E molti hanno fatto il loro bel giro sul trenino. Peggio
per chi si è intestardito a voler fare l’onesto ad ogni costo. Cosa
aveva da perdere, a quel punto? Perché non si è dato da fare per
copiare, come tutti, visto che era lampante che erano gli organizzatori
stessi a incoraggiarci a farlo?
Possibile che quell’assurdo moccioso moralista che non ha voluto a
nessun costo copiare non capisse proprio che questo paese è morto, che
la scuola non serve a niente e che l’unica cosa che ci rimane è trovare
il modo più efficace per fregare il prossimo? Associamoci a questo
scopo e chiamiamo questa associazione: solidarietà.
D’altro canto non avevamo scelta, dicono ancora questi docenti
illuminati: davanti a un ministero che funziona così non ci hanno
lasciato altra strada che l’inganno. Non servirebbe a niente
annullare e ripetere il concorso, perché non potrebbe essere
diverso.
Ma io c’ero anche nel 2006, e benché non si trattasse di un concorso
impeccabile, non si era visto nulla di così vergognoso: e i libroni,
per esempio, non esistevano.
In Italia siamo condannati a fare le cose male, insistono, bisogna
farsene una ragione e sopravvivere come si può. E volerci bene,
nonostante tutto. Almeno questo! Non ci rimane nient’altro! Non
mettiamoci almeno i bastoni tra le ruote gli uni con gli altri.
E poi soprattutto non avremo mai la voglia e la forza di tornare a Roma
tra un anno e ripetere l’esperienza da capo. Lasciamo che tutto vada
per la sua strada e che i più furbi stiano in cima alle graduatorie.
Se siamo venuti qui è perché vogliamo un posto all’estero,
giusto? Andar via dall’Italia? Ebbene, cominciamo col mandare affanculo
questo paese, visto che non chiede altro che questo. Tanto ormai, che
siamo bravi o non bravi, che sappiano le lingue oppure no, a chi può
importare? Al ministero no, è chiaro. E allora, perché dovrebbe fregare
qualcosa a noi o ai nostri futuri alunni di New York, Asmara,
Casablanca o Tirana?
Tra le persone che sostengono questa posizione ci sono molti ignavi,
molti gretti approfittatori e molti ignoranti che non avrebbero avuto
altra occasione che questa per passare un vero concorso.
Ma ci sono anche persone di grande valore intellettuale e morale,
insegnanti che sanno le lingue e hanno magari completato un dottorato
in Francia o in Inghilterra. Persone che potrebbero e dovrebbero dare
il meglio di sé a questo paese e che invece sono arrivate a un tale
disgusto da aver definitivamente rinunciato a credere in qualunque
principio, una volta che si arriva a confrontarsi con le istituzioni
pubbliche .
Se esiste una dimensione nella quale poter dare il meglio di sé, è solo
quella privata, oramai. La vita pubblica e professionale, è solo
tempo sprecato in Italia. Si sopravvive come si può. Perché lottare
ancora contro il niente?
Tra queste persone ho amici di vecchia data, che stimo da tanti anni e
ai quali voglio bene. persone che ritengono ormai che non valga più la
pena di fare distinzione: siamo tutti una sola massa miserabile senza
dignità, noi, in faccia allo stato, al governo, che non ha senso, che
non ha giustizia. Aiutiamoci come si può. Bravi e ignoranti; onesti e
disonesti. Che differenza fa? Salviamo intanto noi stessi e poi quelli
che ci stanno simpatici o che ci stanno più vicini. Almeno questo.
Meglio di nulla. Il paese affonda, tiriamoci un salvagente a vicenda.
E quelli che insistono a stare ancora sulla nave, a gettare l’acqua in
mare: che fessi! Che imbecilli! Ma dove trovano ancora la forza per
credere all’impossibile?
Si tratta di rappresentare la cultura italiana all’estero, no?
Dopo questa articolata esperienza, mi pare di capire che per il
ministero degli esteri sia quindi giusto che a rappresentarla siano
persone che ragionano con una mentalità che io definirei semplicemente
mafiosa.
È questa la cultura italiana? Dopo tutto, no? È questo che dobbiamo
mostrare al mondo. Questo il mondo vuole da noi. Per questo uno
straniero iscrive un figlio a una scuola italiana all’estero. Sennò lo
iscriverebbe a una scuola francese, tedesca o inglese.
Siamo noi, docenti italiani nell’anno scolastico 2011-12, anno del
centocinquantesimo anniversario, una quasi perfetta incarnazione
di quel momento storico (attorno al 1861) nel quale lo stato italiano,
appena unito, generava, dai suoi difetti e dalle sue contraddizioni, la
forza della mafia.
Solo che adesso questa mentalità è la stessa che detta i criteri di
riferimento per chi insegna nelle scuole pubbliche italiane (che
all’epoca praticamente neppure esistevano), e che è talmente abituata a
non credere più in niente (“che paese di merda!”, era la frase che si
sentiva più spesso nei corridoi dell’Ergife), che ormai non vede
neppure più quanto sia assurdo copiare a un concorso in quel modo
spudorato e, il giorno dopo, tornati in classe a far lezione, mettere
due a un proprio alunno perché tentava di copiare.
Si va a scuola per diventare dei buoni italiani. Si va dunque a scuola
per diventare più furbi. Non bisognerebbe più dire: non copiate
ragazzi, ma copiate con furbizia, fregatemi come meglio potete; è il
vostro insegnante che vi parla, il vostro professore che ve lo chiede.
La vostra storia che lo esige.
L’altra frase che si sentiva spesso nei corridoi dell’Ergife era
infatti: anche copiare non è mica facile, bisogna saper copiare bene.
Crocetta sulla a, sulla b, sulla c o sulla d? E tu come hai fatto
la 3247? E la 2212?
Bisogna meritare di saper rappresentare la cultura italiana all’estero.
In 150 anni di storia nazionale, non solo non siamo riusciti a
debellare la mafia, ma ora lasciamo che ci governi, nella pratica e
nelle menti, da Bolzano a Caltanisetta, nessuna differenza. Ho visto
l’Italia intera e unita, all’Ergife. Unita nel nome dell’ignoranza o
del disincanto, ma pur sempre unita. Unita fino al giorno (ormai
prossimo) in cui in questo paese non sarà più possibile distinguere tra
chi è onesto e chi no, chi è ignorante e chi fa con coscienza il suo
mestiere. Così, finalmente, l’unica cosa che ci rimarrà per
sopravvivere, sarà esser mafiosi: tutti assieme e con solidarietà.
A me pare valga la pena di occuparsi di questa delirante prova di
auto-distruzione del sistema scolastico italiano. Che dei fatti
penalmente rilevanti e delle responsabilità degli organizzatori se ne
occupino le procure e che i giornali suscitino un dibattito: si può
ancora credere, dopo questo concorso, che la scuola italiana e i suoi
docenti, possano essere una risorsa per questo paese. E davvero questo
paese vuole risorse dalle quali attingere soccorso, oppure vuole
soltanto liberamente affondare in ciò che sente intimamente di essere,
la solita tirannia del “siamo tutti uguali”, grazie al caos che ci
avvolge, siamo tutti uguali, perciò nessuno si senta in colpa.
Lunedì 12 dicembre iniziano le correzioni dei test: grazie alla
tecnologia moderna, vi si potrà assistere via streaming collegandosi
col sito del ministero degli esteri, a riprova della impeccabile equità
del meccanismo di selezione che è stato adottato.
Scusate se sono stato un po’ prolisso.
Un caro saluto
Alessandro de Roma
Docente di storia e filosofia.
http://www.alessandroderoma.com/scritti/a-scuola-di-mafia#more-503
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