I figli di
stranieri, nati all'estero, lasciati al proprio destino. Se non è
colpevole della recessione dell'apprendimento degli stranieri in
generale, la scuola media non si fa carico dei più deboli, quelli della
generazione 1,5. Sono gli stranieri nati all'estero e giunti in Italia
in età scolare. Se la scuola media non intralcia il recupero dei figli
degli immigrati nati in Italia che, stando più nelle nostre scuole,
apprendono in classe dai loro pari nativi oltre che dai docenti, con la
generazione degli 1,5 restiamo al palo. Per loro il fallimento
formativo è solo una questione di tempo, spiega la fondazione Giovanni
Agnelli, il ché fa riflettere sulle stesse prospettive di risultato
dell'Italia rispetto all'obiettivo del contenimento del fenomeno della
dispersione scolastica in previsione dei traguardi di Europa
2020.
Ai test Invalsi questi studenti ottengono 28,8 punti nel test di
matematica e 43,5 punti in meno in quello di scienze rispetto ai
colleghi figli di italiani. Sono questi gli utenti più deboli della
scuola media, «esposti al rischio di ritardo scolastico anche a causa
della politica di arretramento disposto d'ufficio all'arrivo in
Italia». Infatti, nonostante esista una norma firmata dall'allora
ministro Fioroni, che prevede l'inserimento dell'alunno straniero nella
classe corrispondente alla sua età anagrafica, il collegio dei docenti
può deliberarne l'inserimento in una classe inferiore, in forza degli
esiti degli accertamenti linguistici e culturali effettuati sul ragazzo
straniero. Spesso, quindi, gli studenti della generazione 1,5 si
trovano in classi inferiori in condizioni di surplus di svantaggio,
giustificato dalla necessità di un recupero linguistico più efficace.
Si ricorderà in proposito la proposta dell'ex ministro Mariastella
Gelmini sull'istituzione di classi ponte per gli stranieri, che
scandalizzò a tal punto da finire rapidamente nel dimenticatoio.
(da ItaliaOggi)
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