La celebrazione della Giornata Internazionale delle
persone con disabilità mi stimola, quest’anno, ad approfondire, almeno
a grandi linee, il percorso storico dell’educazione e dell’integrazione
dei diversabili, nella convinzione che anche la conoscenza del passato
può contribuire ad “edificare”, responsabilmente, la nostra difficile
professione di insegnante di sostegno. Il primo percorso educativo con
i soggetti con disabilità sensoriale (sordi) risale al
Cinquecento, ad opera del monaco benedettino spagnolo, Pedro Ponce del Leòn, del monastero
di San Salvador a Ona, che educò due fratelli sordi di una nobile
famiglia castigliana, Francisco e Pedro de Velasco. Non si conosce il
metodo utilizzato ma si sa che il monaco riuscì ad insegnare a leggere,
scrivere e far di conto, nonché a parlare, a pregare, a confessarsi
attraverso la parola e ad apprendere diverse materie, quali la
filosofia e la storia. E’ evidente che il problema
dell’educazione dei sordi diventa importante nel momento in cui si
tratta di figli di nobili che devono necessariamente essere istruiti
per gestire poteri ed ereditare patrimoni e ruoli; è perciò da questa
esigenza che partirono riflessioni e sperimentazioni di metodi
educativi rivolti ai ragazzi sordi.
Sempre la famiglia Velasco affidò il compito dell’educazione di un
altro ragazzo sordo della famiglia a Juan
Pablo Bonet, filologo e soldato al loro servizio; da questo
incarico Bonet, nel 1620, pubblicò un trattato nel quale, secondo
l’ipotesi di alcuni studiosi contemporanei, pare avesse semplicemente
messo per iscritto il metodo di Ponce de Leòn; in ogni caso l’opera di
Bonet ebbe tanta fama e influenza, tra il Seicento e il Settecento,
sugli educatori dei diversi paesi europei. Lo sviluppo successivo
della pedagogia specializzata sulla sordità non conobbe però una
classificazione sistematica perché i metodi utilizzati dagli
educatori di allora erano tenuti in stretto riserbo probabilmente per
mantenere l’esclusività delle competenze acquisite ed i conseguenti
guadagni, anche perché si trattava di percorsi riservati a figli di
famiglie abbienti.
Un contributo importante all’evoluzione dell’educazione dei sordi
venne, nella seconda metà del Settecento, dall’abate De l'Epée, che s’impegnò anche a
diffondere il suo metodo, fondando la prima scuola per sordomuti in
Francia. Il suo principio guida, tratto dalla lettura di Locke, fu che
idee e suoni articolati hanno tra loro un rapporto arbitrario simile a
quello tra idee e caratteri scritti; da qui l’esigenza di insegnare ai
sordi la lingua scritta attraverso l’uso dei gesti. De l’Epée elaborò
quindi una lingua dei segni convenzionale prendendo come nucleo
centrale i gesti utilizzati dai suoi stessi allievi e aggiungendo altri
segni per indicare qualità ed eventi ma anche elementi grammaticali
come il tempo, i verbi e il genere dei nomi. Il metodo era molto
semplice e consisteva nell’insegnare i segni mostrando
contemporaneamente il referente concreto o un disegno di questo oppure,
nel caso di idee astratte, il gesto corrispondente e spiegandone il
significato con altri segni convenzionali. Nel 1785 la scuola francese
contava già 70 allievi e De l’Epée teneva annualmente delle
dimostrazioni con le quali cercava di convincere della validità del suo
metodo ad educatori e filosofi che giungevano da tutte le parti del
mondo. Il metodo di De l'Epée venne perfezionato dal suo successore,
l’abate Sicard, che fu
prescelto per dirigere la scuola di Parigi, dichiarata, nel
frattempo, istituzione nazionale. Ai primi dell’Ottocento Sicard
nominò, come medico interno dell'Istituto, Jean Marc Itard, che
sarà riconosciuto come uno dei principali precursori
dell’educazione speciale, attraverso la sua famosa opera di
rieducazione del ragazzo selvaggio dell’Aveyron. Egli portò avanti
tecniche educative per bambini sordi e ritardati seguite
successivamente anche da Maria Montessori. A lui si deve il tentativo
di classificare i disturbi dell’udito in cinque categorie, secondo la
capacità di comprensione del linguaggio verbale. In particolare,
egli sperimentò tecniche empiriche di allenamento acustico volte
all’acquisizione della capacità di lettura labiale e la trascrizione
delle sillabe, insegnando anche a leggere la lingua scritta. Sicard
accolse a Parigi anche Thomas Hopkins
Gallaudet, un religioso americano, che grazie ad un cospicuo
finanziamento dal padre di una sua allieva sorda si recò in Europa per
imparare i nuovi metodi educativi al fine di fondare una scuola
americana che, in seguito, venne fondata, nel 1817, nel Connecticut.
In Italia, l’abate Tommaso Silvestri,
attraverso l’incarico di un ricco benefattore del tempo, andò ad
apprendere il metodo di De l’Epée a Parigi e, successivamente, fondò
una scuola a Roma. Il metodo francese dell’istruzione dei sordi
mediante l’uso di segni metodici è descritto da Silvestri in un
trattato dal titolo, “Maniera di far parlare e di istruire speditamente
i sordi e muti di nascita”.
Tra la fine del Settecento e il 1850 vennero fondati in Italia
numerosissimi Istituti per Sordomuti, scuole in cui i ragazzi sordi
vivevano almeno per dieci anni lontani dalla famiglia, dove, se non
l’avevano già acquisita da genitori sordi, imparavano la lingua dei
segni, ricevevano un’istruzione con metodi specifici per il loro
deficit, imparavano un mestiere e incontravano altri soggetti sordi con
cui comunicare ed entrare in relazione. Nella prima metà dell’Ottocento
in Italia, Germania e Francia vi furono vari insegnanti, spesso sordi
anch’essi, che si dedicarono all’istruzione dei sordi utilizzando la
lingua dei segni anche per la trasmissione di contenuti scolastici e
per l’apprendimento della lingua scritta.
Un evento che rappresentò decisamente una svolta per l’educazione dei
sordi in Italia fu il Congresso di Milano del 1880. Nei relativi atti
si può leggere “considerando la non dubbia superiorità della
parola articolata sui gesti per restituire il sordomuto alla società e
dargli una più perfetta conoscenza della lingua, (il Congresso)
dichiara che il metodo orale deve essere preferito a quello della
mimica per l'educazione e l'istruzione dei sordomuti”.
Il Congresso sancì così che il metodo orale doveva essere l’unico
sistema educativo, annullando tutte le precedenti esperienze realizzate
con il sistema misto (gesti e parole).
Dopo il Congresso del 1880 il metodo ufficiale per l’educazione dei
sordi fu solamente quello “oralista”, anche se di fatto i gesti
continuarono ad essere utilizzati per la comunicazione informale
all’interno della comunità dei sordi, senza che però vi fosse una piena
consapevolezza del fatto che i segni costituissero una “lingua” di pari
dignità rispetto a quella vocale. Se prima dell’assise di Milano si può
parlare di un "metodo bilingue" (misto), dopo, e per la prima metà del
Novecento, la lingua dei segni venne stigmatizzata come negativa e
bandita dalle modalità di insegnamento di materie scolastiche anche se
spesso i bambini sordi apprendevano sia il linguaggio orale che quello
dei gesti. (...continua)
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato_at_istruzione.it