Lettere in redazione
Anche se l’argomento di attualità è ovviamente la caduta del governo
(finalmente) insieme alla nomina del nuovo premier (incrociamo le
dita), voglio uscire dal coro, principalmente perché non credo di avere
la competenza per impelagarmi nell’argomento; secondariamente, perché
desidero esprimere la mia opinione su un articolo postato mercoledì 9
u.s. denominato “la scuola in sella alla crisi che galoppa mentre le
proteste invadono le piazze”.
Ovviamente concordo pienamente sui tagli indiscriminati, lineari e
cervellotici fatti dal governo alla scuola e non solo. Pensiamo alla
sanità, alla sicurezza, al welfare, alla giustizia ecc. Fortunatamente
Berlusconi, Gelmini, Brunetta, Tremonti e gli altri membri del bocciato
governo stanno facendo le valigie e si accingono a ritornare ai loro
precedenti impegni, magari imboccando il recentissimo tunnel che,
bypassando le Alpi e la pianura Padana, unisce direttamente e
velocemente il centro Italia con la Confederazione elvetica.
Scandaloso è stato che mentre da un lato si tagliava a piene
mani, dall’altro si foraggiavano abbondantemente i diplomifici (pardon,
le scuole paritarie), in sostanza l’araba fenice risorge dalle ceneri
della scuola pubblica.
D’accordissimo con le manifestazioni di piazza che hanno
contribuito a dare la tanto agognata spallata al governo (del fare?).
Dissento invece dal punto inerente al dimensionamento delle scuole e
alla mobilità del personale. Nel primo caso, a mio avviso, accorpando
scuole con pochi alunni si risparmia sulle spese di gestione delle
stesse: bollette della luce, riscaldamento, manutenzione ordinaria e
straordinaria e, non ultimo, anzi forse primo per la cospicuità degli
importi, l’affitto dei tanti, forse troppi, locali, proprietà di
privati, riduzione delle spese per il trasporto degli alunni e i viveri
per le mense scolastiche che salassano comuni e provincie. L’importo
così risparmiato dovrebbe essere impiegato, ovviamente e
obbligatoriamente, nella scuola, Riducendo il numero degli alunni nelle
classi si potrebbero reperire i fondi per realizzare laboratori,
palestre, acquistare materiale didattico ecc., insomma investire
l’eccedenza a beneficio degli utenti della scuola, innescando un
circolo virtuoso: diminuendo gli alunni nelle classi, si aumentano le
stesse, con tutti i benefici del caso.
L’altro punto sul quale divergo è la mobilità del personale
scolastico. La mobilità è un diritto sacrosanto e inalienabile degli
impiegati: perché il collaboratore non deve e non può ambire, a mio
avviso legittimamente, a migliorare il proprio status diventando
assistente? Dobbiamo necessariamente appiattirla questa società: il
medico avrà per forza figli medici, il notaio... notai, il
farmacista... farmacisti, ecc.; mi pare una perfetta retromarcia fino
ai tempi della medioevale servitù della gleba: "sei nato contadino e
tale morirai", con i tempi attuali, il figlio dell'operaio o
dell'impiegato di basso livello farà il disoccupato o al meglio
l'emigrante? Ai collaboratori che hanno superato gli esami è stata
assegnata un’esigua percentuale tra i posti disponibili, quindi non è
vero che l’evoluzione dei collaboratori ad assistenti impedisca la
creazione di nuovi posti di lavoro. Tra l’altro, se un collaboratore
diviene assistente, automaticamente si è reso libero un posto di
collaboratore, e, secondo me, un periodo di sana gavetta non ha mai
ucciso nessuno, anzi serve, perché chi è sazio possa capire chi
digiuna.
E
ora, tutti per strada a festeggiare la fine del secondo ventennio di
dittatura, sperando di sfatare il detto che “non c’è due senza tre“.
Umberto Tazzer
umbertazzer@hotmail.it