La UIL da gran tempo
sostiene che una Amministrazione Pubblica efficiente con i suoi
strumenti e le sue potenzialità deve avere un ruolo primario nel
percorso di uscita dalla crisi, per consentire uno sviluppo del
Paese comparabile con quello degli altri paesi europei e, soprattutto,
dei suoi principali competitors.
Per questo, a suo tempo, la UIL si è fatta promotrice della
privatizzazione del rapporto di lavoro nell’impiego pubblico,
vedendo in essa il primo passo di un processo di efficentamento
ancorato al fattore lavoro, processo che, purtroppo, la politica non ha
saputo e voluto completare.
Ancora con la stella polare dello sviluppo del Paese, con grande
responsabilità la UIL ha affrontato il tema del lavoro Pubblico,
e dei numerosi interventi di cui negli ultimi anni è stato
oggetto, e, in questa logica, ha condiviso gli obiettivi di efficacia e
di efficienza che erano dichiarati essere le basi dei
provvedimenti di
riforma.
In questa stessa logica, la UIL non ha condiviso molte delle
norme della “riforma Brunetta”,
che riteneva e ritiene astratte ed inefficaci, fortemente penalizzanti
per i lavoratori e le
amministrazioni, oltreché palesemente contraddittorie con gli stessi
obiettivi di efficacia e di
efficienza dichiarati dal Ministro Brunetta e da sempre condivisi dal
mondo del lavoro.
Gli interventi delle “manovre” finanziarie hanno avuto sul mondo
pubblico effetti devastanti
sul piano economico e su quello normativo a partire dalla inaccettabile
decisione del blocco del
contrato nazionale che per noi resta una lesione da sanare: una P.A.
obsoleta per i tagli alle risorse
destinate alla formazione ed all’aggiornamento, in molti casi
sottopagata e con un blocco delle
retribuzioni per almeno cinque anni, disarticolata da tante
riorganizzazioni pensate solo in termini di
risparmio e non di qualità del servizio, invecchiata con una età media
che supera i 50 anni a causa
dei tagli agli organici e dal blocco del turn over, marginalizzata dai
tagli alla scuola ed a quelli
generalizzati agli investimenti a partire da quelli nella ricerca o
nell’università e nell’AFAM e con
una forte presenza di personale precario, compromessa nella reale
possibilità di garantire i servizi
essenziali a causa della pesante riduzione dei trasferimenti al sistema
degli Enti Locali e della
Sanità.
A tutto ciò si sommano la politica delle esternalizzazioni inutili,
inefficienti e costose e l’uso
che la politica fa della P.A. come terreno di facile consenso, quando
non di clientela o di malaffare.
La UIL ritiene che una politica che deprima la Pubblica Amministrazione
e mortifichi il
lavoro pubblico non solo danneggi i dipendenti, ma sia fortemente
contraria agli interessi del Paese
e, per questo, si pone l’obiettivo di operare un recupero delle
condizioni di lavoro nella Pubblica
Amministrazione in un funzionale sistema di relazioni industriali ed in
sintonia con un
generalizzato innalzamento dei livelli di efficacia dell’azione
pubblica.
Al fine di ottenere tale obiettivo, la UIL ritiene indispensabile
procedere sulla strada della
piena applicazione al lavoro pubblico del Modello contrattuale firmato
nel 2009 dal Governo e dalla
grande maggioranza dei soggetti sociali, rilanciando rilanciare la
contrattazione, specie di secondo
livello, come strumento di sviluppo.
L’obiettivo è quello di realizzare passi avanti, tenendo conto delle
specificità organizzative e
produttive, verso l’estensione al mondo del lavoro pubblico di quelle
duttilità organizzative che
sono logica conseguenza della sua contrattualizzazione.
PER QUESTO MOTIVO, LA UIL È PER:
Rilancio della Contrattazione integrativa per l’efficienza dei servizi
ed il
riconoscimento della professionalità
Soluzione al problema del precariato
Riduzione dei costi di politica e burocrazia e razionalizzazione e
qualificazione
della spesa pubblica
- Rilancio della Contrattazione integrativa per l’efficienza dei
servizi ed il
riconoscimento della professionalità
Occorre rimuovere tutti gli ostacoli derivanti dal sommarsi della
“legge Brunetta” con le
finanziarie di Tremonti, che nei fatti vietano la contrattazione
integrativa ed avviare un’immediata
azione di rilancio del confronto di tale livello tra le singole
amministrazioni. La UIL ritiene che
singole amministrazioni ed i soggetti sindacali a ciò titolati ai sensi
del CCNL di comparto/area,
debbano poter realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore
occupazione, alla qualità dei
contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli
incrementi di produttività e di salario,
alla gestione delle piante organiche e della mobilità, agli
investimenti e all’avvio di nuove attività.
Le specifiche intese di cui sopra possono riguardare una
redistribuzione del salario accessorio, la
regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e del
servizio, incluse quelle relative
alla introduzione di nuove tecnologie, ai processi di esternalizzazione
e reinternalizzazione di
funzioni, alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e
inquadramento del personale, alla
disciplina dell’orario di lavoro, ai contratti a termine, ai contratti
a orario ridotto, modulato o
flessibile, ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro ed a
tutte le altre forme di rapporto non
a tempo indeterminato, alle modalità di assunzione e disciplina del
rapporto di lavoro, comprese le
collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA,
alla trasformazione e
conversione dei contratti di lavoro. Tali accordi potranno garantire
sia la partecipazione attiva ai
processi di riqualificazione e razionalizzazione dell’attività, dei
servizi e della spesa delle
Amministrazioni, che l’attribuzione di una quota dei risparmi derivanti
da processi di
ristrutturazione, riorganizzazione ed innovazione al personale
direttamente coinvolto ed alla stessa
contrattazione decentrata, secondo criteri contrattati.
Alla luce del risultato positivo dato dall’operazione di sostegno alla
produttività del settore
privato attraverso il regime di imposta sostitutiva del 10% sulle
componenti accessorie della
retribuzione, legate alla produttività, all’efficienza, all’innovazione
(regime prorogato dall’art.1,
comma 47 Legge di stabilità 2011), in un’organica riforma fiscale
occorre procedere, in forma
strutturale, all’estensione della tassazione agevolata ai lavoratori
del pubblico impiego. Infatti, se
resta discriminante ed ingiustificato che, ancora oggi, i lavoratori
del pubblico impiego, già
pesantemente colpiti dal blocco dei rinnovi contrattuali, siano esclusi
da tale beneficio, estendere la
tassazione agevolata ai lavoratori del pubblico impiego significa
soprattutto porsi su un piano di
maggiore competitività e produttività in grado di rilanciare la vera
sfida di una P.A. moderna,
efficiente ed efficace.
- Soluzione del problema del precariato nel pubblico impiego
Occorre che sia posto un argine definitivo alla pratica del ricorso a
prestazioni di lavoro non a
tempo indeterminato quale prassi consolidata in deroga alle norme sulle
assunzioni e sugli organici.
Rispetto alla situazione in essere, occorre monitorare le situazioni in
cui la storica mancata
copertura del turn over ha creato situazioni d’organico tali da aver
reso fisiologico, e non
patologico, il ricorso a prestazioni lavorative non a tempo
indeterminato per lo svolgimento delle
mission e dei compiti d’istituto delle amministrazioni ed operare,
quindi, l’attivazione di procedure
di stabilizzazione, sulla falsariga di quanto attivato nel settore
scuola, con l’utilizzo di graduatorie
esistenti e/o pubblici concorsi. Si deve anche dare piena applicazione
anche nel pubblico impiego
alla “legge Biagi”, e deve, altresì, pervedersi l’introduzione nel
pubblico impiego della sanzione
della trasformazione del rapporto in caso di violazione delle norme sui
contratti a termine, per
evitare il riprodursi delle tante situazioni non virtuose.
- Riduzione dei costi di politica e burocrazia e razionalizzazione e
qualificazione della
spesa pubblica
1.
Occorre da subito prevedere una regolamentazione del mondo delle
società controllate dalle
pubbliche amministrazioni, con lo scopo di ridurne il numero operando
le necessarie
reinternalizzazioni ed attraverso accorpamenti e fusioni nei livelli
territoriali, e con quello di
snellirne la costosa governance. E’ necessario verificare il possibile
accorpamento di enti pubblici
tra loro omogenei recuperando così risorse umane ed economiche, e
riducendo il numero dei
soggetti privati affidatari di servizi pubblici (municipalizzate,
etc.).
2.
Occorre rivedere il regime delle incompatibilità sia della politica a
ricoprire più di una carica
pubblica (elettiva o di nomina) sia per dirigenti e funzionari pubblici
rispetto alla pluralità di
incarichi nella P.A. e rispetto agli incarichi nel privato,
introducendo anche il principio delle
sanzioni nel settore pubblico per le responsabilità della politica per
la quale, senza dimenticare che è
sempre soggetta al giudizio del consenso elettorale, devono prevedersi
norme regolatrici e
sanzionatorie esigibili.
3.
Occorre rendere effettiva la divisione tra politica e amministrazione,
sottraendo la dirigenza
dalla forte subordinazione al potere politico, a cominciare
dall’abrogazione delle norme che
prevedono la nomina diretta dei dirigenti, al di fuori delle procedure
previste per l’accesso nelle
pubbliche amministrazioni; una pratica purtroppo molto diffusa che non
assicura la necessaria
trasparenza e determina l’applicazione ai vertici delle amministrazioni
di figure non in possesso dei
necessari requisiti tecnici e professionali. Occorre, altresì,
rafforzare la funzione dirigenziale
riequilibrando il rapporto dirigente/non dirigenti, ora troppo spesso
squilibrato verso l’alto, con l
conseguenza di un impoverimento della funzione così frammentata.
4.
L’immediata riduzione almeno del 30% delle consulenze a persone e
società e delle
collaborazioni deve e può costituire un obiettivo immediatamente
perseguibile, che coniuga
risparmi e trasparenza.
5.
Occorre ridurre il numero dei Comuni, delegando le Regioni ad operare
con legge regionale
l’accorpamento dei Comuni i cui centri urbani già sono di fatto fusi,
ovvero quelli con meno di
3.000 abitanti, e sopprimere le Province trasferendo le risorse e le
competenze ai Comuni od alle
Regioni.
6.
E’ necessario razionalizzare la macchina amministrativa, qualificando e
rendendo efficienti i
servizi anche attraverso l’accorpamento di funzioni e favorendo la
costituzione di unioni di comuni
e servizi in convenzione tra enti locali e strutture sanitarie,
ridefinendo i rispettivi ambiti territoriali
per far coincidere gli ambiti della sanità con quelli del sociale.
7.
E’ necessaria una significativa opera di delegificazione, con il
duplice obiettivo di ridurre al
necessario gli adempimenti per cittadini ed imprese (cui in genere
corrispondono anche
adempimenti per le pubbliche amministrazioni) e di responsabilizzare le
amministrazioni e gli
amministratori con il trasferimento alla loro potestà regolamentare di
materie ora riservate alla
normazione di livello primario.
8.
E’ indispensabile gestire con il coinvolgimento delle parti sociali gli
effetti del taglio ai
trasferimenti a Regioni ed AA.LL. per evitare che si traducano in una
possibile riduzione dei servizi
ai cittadini.
9.
Bisogna rivedere l’attuale organizzazione della Ragioneria Generale
dello Stato, passando da
una funzione puramente finanziaria (semplice verifica delle coperture
finanziarie della spesa) ad
una contabilità economica, mutuando le tecniche di tipo civilistico.
E’, questo, un passaggio
necessario per adeguare la struttura della pubblica amministrazione ai
nuovi paradigmi.
10. Si deve operare un rilancio della sussidiarietà innescando nel
lavoro pubblico gli strumenti
della bilateralità e del Welfare contrattuale, a partire dai temi della
formazione professionale,
finalizzata soprattutto alla reinternalizzazione di funzioni ed alla
diminuzione del ricorso a
consulenze e collaborazioni esterne.
11. Con l’obiettivo di una diffusa qualificazione del sistema
scolastico, occorre prevedere un
graduale avvicinamento ai livelli dei paesi europei e dell’OCSE del
rapporto tra spese per
l’istruzione e PIL; la riorganizzazione e la razionalizzazione del
sistema scolastico deve basarsi su
organici stabili e pluriennali, garantendo stabilità di lavoro e
continuità didattica. (da
UilScuola)
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