Pochi se
ne sono accorti, pochi ne parlano ma la scuola italiana sta per essere
investita da una profonda rivoluzione, di portata simile a quella che
ha accompagnato l’avvio dell’autonomia scolastica nel 2000, che entro
un anno ne cambierà i connotati dal punto di vista organizzativo e
gestionale. Infatti la manovra bis di luglio (Decreto Legge n. 98,
convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, “Disposizioni urgenti per
la stabilizzazione finanziaria”), ha chiamato ancora una volta la
scuola a contribuire ai risparmi di sistema in modo più incisivo di
quanto, forse, sia stato percepito dall’opinione pubblica e in molti
casi anche dai diretti
interessati.
Le poche righe contenute in tre commi dell’articolo 19 della
legge n. 111, stabiliscono queste modifiche:
a) tutte le istituzioni scolastiche del 1° ciclo dovranno essere
accorpate in istituti comprensivi;
b) i nuovi e i vecchi istituti comprensivi dovranno avere almeno 1000
alunni;
c) le micro-istituzioni scolastiche con meno di 500 alunni non potranno
avere il dirigente scolastico titolare, ma saranno affidate in reggenza
ad altro dirigente.
Ecco cosa potrebbe accadere nella provincia di Foggia.
Attualmente nel 1° ciclo di istruzione funzionano 112 istituzioni
scolastiche:
- 48 circoli didattici, 29 istituti principali di scuola secondaria di
I grado (ex-scuole medie)
- 35 istituti comprensivi (organizzano scuole dell’infanzia, scuole
primarie e scuole secondarie di I grado).
Se la riorganizzazione dovesse
avvenire sol in base ai numeri degli alunno si perderebbero n° 40
istituzioni scolastiche autonome cosi ripartite:
FOGGIA: –7
SAN SEVERO: -2
MANFREDONIA: -4
CERIGNOLA: -2
TORREMAGGIORE: -1
TROIA: -1
ORTA NOVA: -1
MONTE S.ANGELO: -1
VICO DEL GARGANO: -1
VIESTE: -1
APRICENA: -1
SAN NICANDRO GARGANICO: -1
SAN MARCO IN LAMIS: -1
LUCERA: -1
MARGHERITA DI SAVOIA: -1
TOTALE: -26
A questo bisogna aggiungere che dei 25 istituti comprensivi presenti
nel resto della provincia 14 sono sotto la soglia dei 500 alunni e gli
altri 11 sono di poco superiori ai 500 alunni per una popolazione
complessiva di alunni di 12.601 per un totale al massimo di 13 istituti
Comprensivi, con la perdita di ulteriori 12 istituzioni Scolastiche
autonome.
I circoli didattici verranno soppressi, insieme alle relative
presidenze e segreterie amministrative. Ne consegue che per i docenti e
per le famiglie cambieranno in molti casi il dirigente scolastico e il
direttore amministrativo di riferimento. Cambieranno anche il consiglio
di istituto e il collegio dei docenti, e aderiranno a un nuovo piano
dell’offerta formativa (Pof). Dovranno essere eletti nuovi
rappresentanti sindacali nelle RSU d’istituto. Il “terremoto”
riguarderà anche la maggior parte dei vecchi istituti comprensivi.
Perché? L’innalzamento nel 1° ciclo del parametro di dimensione delle
istituzioni scolastiche (la misura è costituita dal numero di alunni)
dagli attuali 500-900 ad almeno mille alunni metterà in discussione,
infatti, gli attuali livelli di dimensione della quasi totalità delle
istituzioni e determinerà una drastica riduzione delle istituzioni
scolastiche esistenti coinvolgendo anche i vecchi istituti comprensivi.
Saranno salve da questa operazione di nuovo dimensionamento le piccole
istituzioni scolastiche (situate nelle piccole isole, nei comuni
montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità
linguistiche) autorizzate a funzionare con popolazione scolastica
compresa tra i 300 e i 500 alunni, ma non avranno più Dirigenti
scolastici stabili a scapito della qualità dell’insegnamento,ma avranno
solo un “preside reggente”. Queste norme determineranno dappertutto una
caduta verticale della qualità del servizio e dell’efficacia del lavoro
di coordinamento, promozione e controllo svolto dai dirigenti
scolastici e dai loro collaboratori, nei piccoli comuni verrà reso
impossibile lo svolgimento ottimale di questi compiti.
I docenti e i genitori delle scuole dei piccoli comuni, inoltre,
dovranno percorrere distanze maggiori, in aree tradizionalmente
disagiate per quanto riguarda i collegamenti, per accedere ai servizi
di segreteria o per partecipare alle riunioni collegiali, determinando
un aumento dei disagi e dei costi di trasporto. Chi ha formulato queste
norme dimostra di non conoscere il funzionamento reale della scuola e
di non avere a cuore la promozione e conservazione di presidi
scolastici di qualità anche nelle aree montane, così strategiche per
uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del Paese. Chi ha proposto
questi ulteriori tagli alle spese per l’istruzione, dimostra di non
voler realizzare quei principi di inclusione e pari opportunità
previsti dalla Costituzione. Il ritiro di questi provvedimenti e la
ripresa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni di una seria
riflessione sui problemi del dimensionamento scolastico, che tenga
conto delle competenze in questo campo degli Enti Locali e della
necessità di riorganizzare la rete scolastica nei piccoli comuni e
nelle aree montane superando la fase delle “deroghe”, ed elaborando
invece, parametri specifici per queste realtà territoriali che sono a
rischio di spopolamento e isolamento.
Rivedere e razionalizzare la rete scolastica deve essere frutto di un
progetto didattico e formativo con solide basi pedagogiche finalizzato
a migliorare i risultati del sistema sul territorio. È un’operazione
che richiede un piano di fattibilità perché comporta anche la
riorganizzazione dei servizi a partire dai trasporti e una conoscenza
precisa della distribuzione e delle caratteristiche delle sedi
scolastiche nel territorio anche in base alla composizione orografica
della nostra provincia.
Pertanto si rende quanto prima necessario convocare tavoli tecnici
comunali e il tavolo tecnico provinciale, per discutere della possibile
riorganizzazione della rete scolastica onde evitare che all’ultimo
momento prevalgano gli egoismi politici e campanilistici. Inoltre,
potrebbe essere detrminate l’apporto della Regione, affinché vengano
fatte salve le peculiarità culturali di una terra che non può e non
deve morire. (da
http://www.statoquotidiano.it)
redazione@aetnanet.org