Siamo ancora
alla quarta settimana scuola ed abbiamo avuto appena 11 giorni di
scuola regolare negli istituti che adottano la “settimana
corta”. In queste prime settimane ci sono state, infatti,
tre giornate di scioperi e due assemblee sindacali ed i queste
una in coincidenza nella medesima settimana. Qualche insegnante
ha visto gli alunni soltanto due volte in quattro settimane.
Che bella la scuola quando non si fa!.
Poi ci si lamenta dei tagli, delle riduzioni e delle tante
cose che non funzionano e si criticano le scuole paritarie,
dove il servizio scolastico è garantito.
Alcuni genitori delle scuole primarie dicono di
essersi pentiti di aver scelto la scuola statale e lamentano
anche la mancanza del servizio di pre e post scuola che, pur essendo
garantito in tutti i giorni dell’anno scolastico, per volontà
sindacale viene vietato nei giorni di sciopero.
Una mamma ha denunciato che lo scorso anno ha dovuto prendere 14 giorni
di ferie per badare ai figli e quasi sempre di venerdì, perché lo
scorso anno ci sono stati 14 giornate di sciopero e quasi tutti
di venerdì.
Quest’anno abbiamo iniziato seguendo la stessa scia e nella
medesima settimana sono state “celebrate” una giornata di
sciopero ed una di dedicata all’assemblea. E’ un segnale di buon
inizio che fa ben sperare!!!
Nelle scuole di secondo grado si aggiungono poi anche le assemblee
degli studenti e all’insegna della democrazia partecipativa il
calendario scolastico scorre senza poter “capitalizzare” le 200
giornate di scuola.
Si potrà ben obiettare che anche lo sciopero è momento di istruzione, e
di crescita sociale, ma non so quanti frutti ha prodotto tale
intervento educativo. Se i sindacati hanno dei monitoraggi su tali
benefici ne diano puntuale informazione agli operatori scolastici , i
quali utilizzano le “armi spuntate” dei sindacati per riposarsi del
lavoro che si sta appena iniziando.
Il messaggio che arriva ai genitori e alle persone esterne
alla scuola di Stato è che i docenti anticipano il fine settimana
e preferiscono le settimane corte…. anzi cortissime.
Si potrà pensare a qualcosa che aiuti a salvare la faccia?
Perché le assemblee sindacali non si fanno di pomeriggio? Tanto la
partecipazione è limitata solo ad alcuni “eletti” perché la maggior
parte utilizza il diritto sindacale delle assemblee per i personali
problemi familiari e non partecipa alle riunioni sindacali.
Perché non si modifica il regolamento capestro che regola lo
svolgimento dello sciopero obbligando ad una comunicazione generica
“non si assicura il regolare svolgimento delle lezioni” che viene
tradotta “ domani è vacanza” ?
La cultura delle legalità e del rispetto delle norme viene insegnata
agli studenti, ma i docenti che firmano l’adesione all’assemblea
sindacale e non ci vanno (le assemblee sindacali sono quasi sempre
deserte e comunque mai corrispondenti al numero dei partecipanti
in relazione al numero dei ragazzi che vengono mandati a
casa), non sono certamente esempio di legalità.
Fa certamente comodo una giornata scolastica leggera anche per il
docente, ma la motivazione che giustifica l’assemblea e la
riduzione di orario dovrebbe essere da tutti conosciuta e, se non
condivisa pienamente e convinzione , è doveroso stare in classe e
fare lezione, spiegando ai ragazzi il motivo di tale scelta di coerenza.
Questo gesto educativo vale più di mille conferenze sulla legalità e
gli studenti apprezzano tali scelte coerenti, anzi vorrebbero che tutti
i docenti fossero sulla stessa lunghezza d’onda.
Se si applicasse anche il Italia il sistema adottato in Francia
di assegnare agli studenti un contributo economico , quale”
buono” premio per la presenza a scuola , i nostri ragazzi avrebbero a
fine anno una somma così esigua che non consentirebbe neanche un gelato
Pagare la frequenza scolastica in questo difficile momento
di crisi economica nazionale appare un’idea balzana, ma è
significativo constatare che con questo espediente le assenze
scolastiche in Francia sono diminuite e se tale contributo diventasse
budget di autofinanziamento della scuola vedremmo le conseguenze
di certe scelte inconsiderate.
Se si vuole salvare la scuola di Stato certamente lo sciopero non è la
via ideale per conseguire l’obiettivo e, considerati gli esiti dei
tanti scioperi pressoché infruttuosi, anche perché indetti solo
da alcuni “partiti sindacali” e non unitari e condivisi a tal punto da
costituire una reale forza ben si comprende che per
presentare al Governo delle istanze della scuola e far
sentire la voce di studenti ed operatori non servono né le uova in
piazza, né i cortei accompagnati da atti vandalici .
Viene spontaneo chiedersi: “quali benefici si sono ottenuti dagli
scioperi dello scorso anno ?
Se questi sono i risultati appare chiaro e di buon senso percorrere
altre strade e adottare altre strategie che non sono né le assemblee,
né tanto meno gli scioperi dei singoli sindacati ogni venerdì.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it