Un nuovo ”patto di
cittadinanza”, in base al quale «chi ha di più deve dare di più. Chi
non paga deve iniziare a pagare». Solo così, secondo il leader della
Cgil, l’Italia può finalmente ripartire. In una Piazza del Popolo
gremita di lavoratori pubblici arrivati nella Capitale da tutta Italia
con palloncini colorati, bandiere rosse e magliette bianche con la
scritta ”sono Stato io” per rivendicare l’appartenenza ad un settore
negli ultimi tempi decisamente bistrattato, Susanna Camusso torna a
criticare il governo, le manovre economiche varate recentemente e le
ipotesi di nuove misure all’orizzonte. A partire dalla sanatoria
fiscale ed edilizia: «La parola condono deve essere abolita dal nostro
vocabolario» scandisce la segretaria della Cgil tra gli applausi di
migliaia di statali e insegnanti stanchi di essere additati come
”fannulloni”, stanchi di essere considerati - ogni volta che c’è da
intervenire sulla spesa pubblica - un costo da
tagliare.
La Camusso ribadisce: «Non ci rassegniamo a vedere
affondare il Paese. A vedere i giovani fuori dalla scelte e dal lavoro.
A vedere espropriato il Paese da una persona che pensa che mantenere il
suo potere sia un elisir di lunga vita». L’invito al premier è
esplicito: «Non ne possiamo più, se ne vada ora, perché ogni giorno che
passa abbiamo un problema in più». Di scelte di politiche economiche,
ma non solo. Le vicende private del premier sfilano con i manifestanti.
C’è una sagoma di cartone di una donna in slip e reggiseno e la scritta
«povera Italia, i mercati internazionali si rifiutano di ballare il
bunga-bunga». E non mancano riferimenti alle ultime battute del
premier: «Per Berlusconi sono una gnocca e per Brunetta sono una
fannullona» recita un cartello tenuto in bella vista da alcune
lavoratrici. «Ci vergogniamo per come siamo visti nel mondo» rincara la
Camusso.
Ai lati del palco campeggia un mega striscione: «Senza il servizio
pubblico sei privato dei tuoi diritti: salute, scuola, sicurezza,
ambiente e ricerca». Il no a nuovi tagli è netto. «Le tante manovre di
questo governo hanno sempre un filo che le lega, oltre alla loro
inefficacia, è ridurre lo Stato. Lo fanno apparire come un risparmio,
invece vuol dire negare il futuro di ognuno di noi» afferma la leader
della Cgil.
Sullo sfondo c’è la lettera inviata dalla Bce ad agosto al governo:
«Uno schiaffo all’Italia» la definisce la Camusso. In quella lettera,
tra le altre cose, si chiede «una riduzione significativa dei costi del
pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se
necessario, riducendo gli stipendi». Il segretario generale della Cgil
chiarisce: «Quando si ragiona di costi noi siamo pronti alla sfida. Ma
il Welfare non è un costo, è un fattore di crescita del territorio».
Affonda: «Se il ministro Sacconi avesse passato qualche momento a
studiare avrebbe capito». E infine aggiunge: «Noi vorremmo lo stesso
scatto d’orgoglio del presidente greco che, nonostante tutti i
problemi, ha risposto: no, non cancelliamo i contratti, non aboliamo i
minimi salariali. Perché non è vero che c’è una ricetta sola».
Dal palco Susanna Camusso ribadisce quindi la sua strada alternativa
per il risanamento e la crescita: una più equa distribuzione dei
redditi, la tassazione dei grandi patrimoni e della finanza, la lotta
all’evasione. «Le risorse così recuperate devono servire a fare uno
straordinario piano per il futuro e per i giovani» spiega la Camusso.
Il ”patto di cittadinanza” deve essere la premessa per lasciare «la
scuola pubblica, nazionale, laica». Infine un avvertimento: il
contributo di solidarietà chiesto ai pubblici dipendenti con redditi
alti, va bene, ma solo se viene esteso anche alle altre categorie di
lavoratori e di redditi, «altrimenti la Cgil partirà con le cause di
costituzionalità».
(da Il Messaggero di Giusy Franzese)