Il problema in effetti
sussiste e non è il primo anno che al Sud i ragazzi si diplomano con
voti sfacciatamente superiori a quelli dei loro colleghi del Nord: sono
più bravi o vengono invece aiutati dai loro professori, commissari
esterni inclusi? In Calabria addirittura in un liceo si
sono contati venti 100 e lode battendo, si fa per dire, il primato di
un altro liceo dell'anno scorso dove si è passati dai 23 cento e lode
ai solo 17 di quest’anno. Qualche esperto di meritocrazia, come il
prof. Roger Abravanel, propone di implementare al più presto le prove
Invalsi, stabiliti dal Miur e uguali per tutto il territorio nazionale,
anche per la terza prova agli esami di Stato, invece di lasciarla alla
discrezione della commissione, e di mettere i risultati in rete in modo
che i genitori, all’atto della iscrizione, possano rendersi conto
dell’andazzo complessivo della scuola scelta.
Discorso per lo più condivisibile se gli esami di stato continuano a
mantenere le stesse caratteristiche di oggi: voto unico e commissione
ripartita a metà tra esterni e interni, ma se si incominciasse a
ragionare in maniera diversa forse si potrebbe ottenere di più senza
marchingegni e espedienti di varia natura. Premesso intanto che una
commissione “ben disposta” potrebbe comunque aiutare i propri maturandi
orientandoli anche nella terza prova benché venga direttamente
dalle segrete stanze ministeriali; aggiunto ancora che l’ammissione
agli esami è consentita solo a chi ha la sufficienza in tutte le
materie, per cui già, a rigore di logica e di diritto, si dovrebbe
promuovere al di là dell’esito degli esami (perché se non fosse così
qualcuno starebbe barando: o il consiglio di classe che ha dato il sei
a ogni disciplina o la commissione che non ha capito nulla
dell’esaminando), la proposta da mettere in campo per il dibattito
politico (ma qualche tempo fa si aprì per chiudersi subito dopo pochi
bollori) sarebbe quella di togliere valore legale al diploma (giammai
alla laurea) e perfezionare esami da consegnare a soli commissari
esterni che però accertino, disciplina per disciplina e in modo
particolare per quelle di indirizzo, le competenze specifiche raggiunte
dall’alunno nel corso dei cinque anni. Si eviterebbero in un colpo:
bocciature, perché le competenze sarebbero certificate e a disposizione
delle Università per le borse di studio o delle imprese per le
assunzioni, a meno che il candidato non voglia di sua volontà ripetere
l’anno; i compromessi per raggiungere un voto unico che racconta poco
dell’allievo; salti mortali per un titolo legalmente riconosciuto ma a
cui nessuno, dalle associazioni dei professionisti alle università, dà
credito e valore. Un colpo d’ali e un dibattito, sine ira et studio, in
commissione cultura e in Palamento, nella speranza che dal confronto
nasca una sintesi onorevole per la scuola soprattutto e
pure per la Nazione, visto che il suo futuro, si capisca o no, dipende
dalla cultura e dalle conoscenze di ogni suo singolo cittadino.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org