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Dirigenti Scolastici: La carica dei 200.000 al concorso per 2.386 posti, l’organico che precipita da 10.431 a 8.000, il buio oltre la siepe. Contraddizioni, misteri e trhilling nel bando

Redazione
Il “concorso per esami e titoli per il reclutamento, nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica, di dirigenti scolastici dei ruoli regionali” (“ciascun ruolo regionale comprende, in un unico  settore formativo, le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative”) indetto con decreto del 13 luglio 2011 a firma del direttore generale Chiappetta (dipartimento per l’istruzione, Direzione generale per ilo personale  scolastico, ufficio II, del Miur), e pubblicato il 15 luglio 2011 nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, sembra essere nato sotto cattiva stella. Intanto perché, tra promosse e impegni non prontamente mantenuti e rispettati, sistematicamente rinviati più volte a tempi futuri, sono trascorsi quasi due anni dal primo annuncio verbale puntualmente riportato dalle agenzie di stampa e subito pubblicato dai quotidiani nazionali, regionali e locali. Ma anche perché, aspetto ben più rilevante delle date di pubblicazione del bando di concorso non mantenute, l’originario annuncio di 2.860 posti è stato decurtato di quasi 500 posti (oggi, i posti messi a concorso sono 2.386), a cui corrispondono (per stipendi negati a 2.500 lavoratori tra dirigenti scolastici, docenti, Dsga, assistenti amministrativi e collaboratori scolastici, ma di fatto a 2.500 precari rimasti disoccupati) almeno 95 milioni di euro evidentemente sottratti alla scuola.
E ancor di più perché  le recenti disposizioni sul dimensionamento degli istituti scolastici (art. 19 della legge finanziaria) lasciano facilmente prevedere  la riduzione di circa 2.500 dai 10.431 posti dell’attuale organico dei dirigenti scolastici, e la perdita di almeno altri 15.000 posti di lavoro (tra dirigenti scolastici, docenti, Dsga, assistenti amministrativi e collaboratori scolastici), a cui corrisponde un taglio di 535 milioni di euro al sistema scolastico, aggiungendosi le perdite di posti di lavoro per la sostituzione dei docenti vicari (su nomina dei dirigenti scolastici) con esonero e/o con semiesonero dell’insegnamento.
In definitiva, il sistema scolastico perde 630 milioni di euro ogni anno, ma soprattutto perde circa 20.000 posti di lavoro e produce altrettanti disoccupati. A parte la “sgradita sorpresa” per i partecipanti al concorso per dirigenti scolastici, che sostanzialmente – ammesso che riescano a superare la fase dei test con quesiti a risposta multipla del “concorso del quiz”, tale da sembrare un astuto quanto infelice espediente, una furbizia che nulla ha a che vedere con l’affermazione della meritocrazia, per ridurre a poche migliaia coloro che saranno ammessi alle due prove scritte – si troveranno privati di almeno 2.500 posti di dirigente scolastico, tanti quanti sarebbero stati occupati dagli idonei, a partire dal primo in graduatoria dopo i 2.386 vincitori.
Un concorso che ha un costo notevole: 47 milioni di euro. Ma si tratta di somme (i 47 milioni di euro per svolgere il concorso e le altre annualmente corrispondenti ad almeno 630.000 di euro) che è facilissimo, per il trio Tremonti-Gelmini-Brunetta, sottrarre alla scuola e ai lavoratori onesti, lasciandoli in regime di precariato o di totale disoccupazione, e “difficilissimo”, sempre per lo stesso trio, recuperarli dall’annuale colossale evasione fiscale (oltre 200 miliardi di euro) di massa ad opera di ladri e di farabutti, in Italia e in paradisi fiscali disseminati lungo il pianeta Terra. E gli anche più facile, sempre allo stesso trio, aggiungere tasse su tasse ai lavoratori a basso reddito, bloccare gli stipendi dei lavoratori pubblici, colpire i pensionati, aumentare bolli e spese sanitarie a carico dei lavoratori e dei rispettivi familiari ammalati, in definitiva mettere le mani dentro tutte le tasche degli italiani a basso e a medio reddito per arraffare da quelle tasche il più possibile.
Complimenti al trio, al padrone del trio, a chi alla Camera e al Senato di soldi ne intasca mensilmente in grande quantità e soprattutto a quelli che hanno divorato e che magari continuano a divorare (si fa soltanto per dire) in “gran segreto”!
Per quanto ancora possa riguardare la nascita del concorso nato sotto cattiva stella, va aggiunto che in undici regioni pendono, ancora senza decisione, ricorsi ai rispettivi TAR, dalle cui sentenze potrebbero derivare appelli al Consiglio di Stato. A parte, e peraltro alquanto consistente, la questione del concorso siciliano del novembre dell’anno 2004, annullato “in radice” per vizi sostanziali insanabili dal CGA della Sicilia e risuscitato dalla legge 202/2010, dalla quale è derivato il decreto ministeriale di rinnovamento del concorso, proprio in “forza di legge”, che si è sostituita alle sentenze e alle ordinanze del Consiglio di giustizia amministrativa.
Concorso che, in tutta fretta ministeriale, e con apposito decreto, è in corso di rinnovazione. Ma si potrebbe dire in situazione di precarietà perché è tuttora pendente un ricorso al TAR del Lazio, sezione di Roma, anche per la dichiarazione di incostituzionalità della legge 202/2010 da parte della Corte costituzionale, con possibilità di ulteriore ricorso al Consiglio di Stato, nel caso in cui il TAR non dovesse accogliere la richiesta di invio degli atti, sempre riguardante la richiesta di inviare gli atti al Giudice delle leggi affinché si esprima sulla costituzionalità o sull’incostituzionalità della legge approvata in sede di commissione, prima alla Camera e poi al Senato, con quella velocità che si vorrebbe per tutte le proposte di legge, anche se con decisione di non approvazione, ma che purtroppo viene riservata a casi “speciali”.
D’altra parte, sul piano politico-parlamentare avvengono accordi, di parte, come la proposta di una più “ampia sanatoria” scaturita, “miracolosamente”, dall’accoppiata parlamentare Partito democratico e Lega Nord Padania (Alessandra Siragusa e Paola Goisis), e concretizzatasi in una proposta di legge, della quale si sconosce il cammino eventualmente già svolto, depositata il 2 dicembre 2010. “Accordi” che portano la politica e i politici a sostituirsi alle sentenze della magistratura quando non rispondono al loro gradimento o, magari soprattutto, al gradimento di amici, di parenti e di elettori a loro vicini. E ovviamente va assai male per chi non ha “santi” di riferimento a cui rivolgersi per ottenere la veloce approvazione di una proposta di legge.
Una domanda sorge spontanea. Gli oltre 1.600 docenti comunque interessati (ex vincitori, ex idonei, ex non ammessi alle prove scritte, ex bocciati alla prova orale per aver ottenuto un voto inferiore a 21 su 30) al concorso per la regione Sicilia bandito nel 2004, debbono presentare domanda di partecipazione al concorso pubblicato in Gazzetta ufficiale il 15 luglio 2011? La questione riguarda anche eventuali casi analoghi, e comunque al giudizio della magistratura amministrativa, esistenti nelle altre regioni italiane. Ma ciò per quanto sicuramente riguarda la Sicilia, perché non è detto che la rinnovazione del concorso annullato dal CGA e risorto in “forza di legge” confermi nella sua totalità l’operato della commissione costituitasi in sottocommissioni che il CGA ha giudicato carico di vizi sostanziali insanabili tali da annullare il concorso “in radice”; e che peraltro, qualora il Giudice delle leggi emettesse una sentenza di incostituzionalità della legge 202/2010, la rinnovazione del concorso avverrebbe nel rispetto delle sentenze e dei decreti a suo tempo pronunciati dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia.
Peraltro, riferendoci a quanto riguarda l’asterisco posto subito dopo la dicitura “Sicilia” (allegato 1 al decreto del 13 luglio 2011 del direttore generale Chiappetta, relativo al reclutamento di dirigenti scolastici), per la quale regione il numero dei posti messi adesso a concorso risultano 237, è espressamente detto che “le nomine dei dirigenti scolastici, risultati vincitori del concorso per la regione Sicilia, sono effettuate dopo le nomine dei candidati che superano la procedura concorsuale di cui al D.D.G. 22.11.2004 annullata e poi rinnovata con legge n. 202 del 3.12.2010”. Campa, o cavallo. Ma augurati e spera che l’erba cresca presto così da risultarti utile almeno per mantenerti in attività nonostante gli acciacchi causati dal tempo che inesorabilmente passa!
Ebbene, non può che apparire certo che il numero dei posti messi a concorso nel 2004 non può essere cambiato, cioè non può essere affatto ridotto nemmeno di una unità. Anzi, andrebbero considerati anche i posti che si sono resi comunque disponibili dopo l’1 settembre 2007, perché quei posti andavano, negli anni successivi, agli idonei collocati in graduatoria dopo i 416 vincitori. Ne avevano e ne hanno diritto, quali che siano le modalità di rinnovazione di quel concorso. E si apre una nuova stagione di ricorsi alla giustizia amministrativa.
Aggiungiamo a tutto ciò che in Sicilia, quale conseguenza del dimensionamento degli istituti scolastici, si prevede una riduzione di circa 200 posti di dirigente scolastico, rispetto agli attuali 1.156, con sconvolgimento dell’esistente (nel quale 30 scuole hanno addirittura meno di 300 alunni e sono circa 200 quelle che di alunni ne hanno meno di 500). Ma si consideri che, e ciò aggraverà la situazione e ridurrà notevolmente il numero delle scuole autonome, ciascuna scuola, per mantenere l’autonomia e la personalità giuridica, dovrà avere almeno 1.000 alunni. Pertanto, si può facilmente dedurre che da 150 a 200 idonei del concorso appena pubblicato nella Gazzetta ufficiale non avranno titolo a sottoscrivere il contratto per dirigente scolastico e non avranno assegnata una sede di servizio. Continueranno a svolgere l’attività di docenti, anche se pochi di loro avranno la fortuna, sempre che nei prossimi anni risultino disponibili posti da pensionamenti, di ottenere il contratto a tempo indeterminato e la sede di servizio. In ogni caso, per tutti, e quindi inizialmente per i vincitori del concorso, in un quadro ben diverso rispetto a quello dell’attuale dislocazione geografico-territoriale delle scuole. Soltanto nella provincia di Catania è prevista una riduzione di 103 presidenze rispetto alle attuali 237 presidenze.
Va detto, ed è di tutta evidenza, che la disattenzione dell’amministrazione centrale e delle amministrazioni comunque periferiche è stata notevole, oltre a essere stata addirittura assurda e alquanto dispendiosa, tale da non doversi escludere un rigoroso intervento della Corte dei conti, essendo state dissipate somme sicuramente notevoli, data l’esistenza, peraltro lunga negli anni, di scuole addirittura con meno di 300 alunni; a parte il grande salasso causato alle casse dello Stato dall’esistenza di alcune migliaia di scuole con meno di 500 alunni. Tutto ciò mentre si tagliavano decine di migliaia di posti di lavoro e molti precari venivano degradati al ruolo di disoccupati, con gravissimo danno per la formazione degli studenti. E che dire dei dirigenti scolastici delle scuole plurisottodimensionate che hanno continuato a percepire uno stipendio pari a quello dei dirigenti scolastici di scuole adeguatamente dimensionate e addirittura con un numero di alunni superiore a 1.500? E del fatto che dal prossimo anno verranno segati circa 20.000 posti di lavoro quale conseguenza dell’eliminazione di circa 2.500 scuole? E dei 47 milioni di euro per un concorso del quiz, che richiede ai circa 200.000 partecipanti al concorso, nel termine di 100 minuti, almeno 80 risposte esatte del test di 100 domande articolato in quesiti a risposta multipla, per essere ammessi alle due prove scritte?
Si voglia sottoporre alla stessa prova del concorso del quiz l’attuale ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, perché almeno abbia consapevolezza della meritocrazia del quiz. Sono certo che siamo tutti estremamente curiosi di sapere a quante delle 100 domande del test articolato in quesiti a risposta multipla avrà dato la giusta risposta.
“Ma va là”, direbbe il deputato avvocato Ghedini, “è impensabile che il ministro Gelmini possa non rispondere correttamente sia pure a una soltanto delle 100 domande articolate in quesiti a risposta multipla. Altro che 100 minuti per rispondere alle 100 domande del test, per la Gelmini sarebbero addirittura troppi 50 minuti!”. Come non credere al grande assente, tra i parlamentari in ottima salute, dalla Camera dei deputati (ma regolarmente e vantaggiosamente retribuito con i soldi dei contribuenti) per le sue numerosissime migrazioni nelle aule giudiziarie nella qualità di difensore privato, una sorta di tempo pieno, e quindi regolarmente retribuito, in seguito a regolare fatturazione, del presidente del Consiglio dei ministri nella qualità di utilizzatore primario di un avvocato parlamentare. D’altra parte, il ministro Gelmini, potrebbe aggiungere lo stesso parlamentare Ghedini, ha piena conoscenza del diritto scolastico nei minimi particolari. Inoltre, ma questo non avrebbe alcun ruolo nelle risposte alle 100 domande del test, si avvale di dirigenti e di funzionari che, come si evince da un’interrogazione parlamentare in attesa di risposta (quando?), da Brescia e dalla Brianza sono migrati a Roma, al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Certo, sarebbero una grande affermazione di eccellenza e di acclarata meritocrazia della Gelmini le giuste risposte a tutte le 100 domande del test articolato in quesiti a risposta multipla nel tempo di 100 minuti (e mi permetto di mettere da parte la “generosità” dei 50 minuti avanzata dal grande assenteista deputato avvocato Ghedini, tra i parlamentari in ottimo stato di salute, professionalmente impegnato nelle aule giudiziarie a difendere dagli “attacchi” dei giudici “comunisti” il padrone del partito che con soddisfazione lo ha visto inserito al posto giusto nelle liste bloccate per l’elezione alla Camera dei deputati). Giuste risposte a tutte le 100 domande del test in 100 minuti soprattutto perché 100 (ma su 110, quindi con un meno 10), e senza un voto in più rispetto alla media dei voti degli esami sostenuti e superati durante gli anni di iscrizione e di “frequenza” universitaria per laurearsi in Giurisprudenza, è stato il voto di laurea dell’allora laureanda Mariastella Gelmini. Laurea alla quale ha fatto seguito, dopo gli anni del praticantato e la residenza anagrafica alla punta estrema dello stivale italico, la trasvolata da nord a sud per sostenere laggiù gli esami per la professione di avvocato.
Poi è diventata deputato per posizione assegnatale nella lista bloccata del partito del miliardario (in euro) di Arcore e ben presto ministro (guarda caso!) dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Pronta a far trio con i colleghi ministri Tremonti e Brunetta (sì, quel Brunetta che ha maleducatamente trattato i precari della scuola e del pubblico impiego, non soltanto impedendo di parlare alla loro rappresentante, ma anche allontanandosi così infuriato da distruggere il telone con le espressione di protesta sostenuto dai precari). E pronta a eliminare la compresenza di insegnanti nella scuola primaria; ad aumentare il numero degli alunni in classi diventate pollaio per ridurre notevolmente il numero degli insegnanti; a ridurre l’orario settimanale dell’attività didattica fermi restando i 200 giorni di scuola dell’anno scolastico; a rendersi autrice della disastrosa epocale “riforma” del sistema scolastico caratterizzata dai licenziamenti di massa (150.000) di docenti e di personale Ata, mentre sono moltissime le scuole niente affatto in regola con le norme di legge sulla sicurezza.
C’è stata violazione della Costituzione (come è stato accertato dal Giudice delle leggi) in ordine al sostegno scolastico del quale hanno pieno diritto niente affatto riducibile gli alunni diversamente abili. Le sentenze della giustizia amministrativa e della magistratura del lavoro non vengono eseguite e una decina di miliardi di euro sono stati già sottratti al sistema statale dell’istruzione e della formazione pubbliche.
Ed è stato attivato un “meccanismo”, antidemocratico e palesemente in contrasto con la Costituzione, che “impone”, a partire dai dirigenti scolastici, a tutto il personale della scuola e del pubblico impiego, assoluta “obbedienza” a norme disciplinari che nella sostanza unificano i tre “non” delle singole tre scimmiotte: “non vedere, non sentire, non parlare”.
Si può dire che non siamo ancora alla fine. Magari con supporto al ministro Mariastella Gelmini da parte dei dirigenti e dei funzionari suoi compaesani importati (o “spontaneamente” trasferitisi) dalla sua Brescia e dai territori più o meno ad essa limitrofi. Ma su ciò che potrebbe in un prossimo futuro accadere, ovviamente in sistema scolastico già parecchio dissestato, rinvio a un prossimo articolo.
Per certi aspetti, comunque non comparabili col test dalle 100 domande a risposta multipla, è emblematica la migrazione dell’allora aspirante avvocato Mariastella Gelmini, oggi ministro dell’Istruzione, artefice dell’emigrazione interregionale dal Nord (Brescia, Lombadia) al profondo Sud (Reggio Calabria, Calabria), eccellentissimo esempio di pellegrinaggio (non a piedi, bensì in aereo), con permanenza di brevissima durata (preceduta dal trasferimento della residenza anagrafica) in quel di Reggio Calabria, per conseguire un titolo, una qualifica professionale, quella di avvocato, trasferta giustificata, ma con rientro a Brescia pressoché immediato, perché ritenuta necessaria e utile per trovare più velocemente lavoro.
Nella sostanza, un fulgido esempio di come il profondo Sud possa risultare proficuo, essenziale e utile a chi ha decisa volontà di ottenere un titolo professionale, nel caso dell’allora dottoressa Mariastella Gelmini, per trovare più facilmente e più velocemente un lavoro altrove, nell’elevato Nord.
Per quanto riguarda Brescia, “patria” dell’attuale ministro dell’istruzione, e le province e le regioni limitrofe, risulta particolarmente indicativa la sentenza (14 luglio 2011, n. 4286) con la quale, definitivamente pronunciandosi, il Consiglio di Stato, sezione VI, ha accolto l’appello avanzato da “docenti supplenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento delle province di Enna e Catania” in ordine a censure “riguardanti la lamentata assenza di un’adeguata motivazione e, a monte, di una congrua istruttoria a sostegno della disposta ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le province di Catania ed Enna e tra le province meridionali e quelle del centro nord”; “province del centro nord” che, “in specie”, “secondo la tesi dei ricorrenti”, “sarebbero state favorite rispetto a quelle meridionali, penalizzate da una irragionevole ripartizione dei posti per le assunzioni”. Al riguardo, esemplificato dai ricorrenti “nel caso di Brescia”, dove, “pur essendovi una minore popolazione scolastica e quasi tutte le graduatorie dei precari esaurite, la provincia ha ottenuto un contingente di immissioni in ruolo (564) sensibilmente superiore a quello di Catania (497), provincia più affollata di studenti e ad alto tasso di precariato”, aggiungendo che “la provincia di Enna è stata destinataria di sole 72 immissioni in ruolo”.
Ebbene, il Collegio giudicante ha disposto, “con ordinanza istruttoria n. 413 del 2010, l’acquisizione di documentata relazione ministeriale” volta a indicare una serie di elementi utili. Informazioni che non sono risultate esaustive. Pertanto, il Collegio “ha ritenuto necessario disporre un supplemento di istruttoria disponendo l’acquisizione di ulteriore e più dettagliata documentazione ministeriale ‘volta a dare atto, puntualmente ed in modo argomentato, delle concrete modalità con cui l’indicato criterio della proporzionalità è stato in concreto applicato nell’attendere alla ripartizione del personale da assumere tra le diverse regioni e province’ …”, avvertendo d’avere ritenuto necessario acquisire “informazioni relative alle disponibilità di posti sussistenti, da un lato, nelle province di Enna e Catania, dall’altro, nelle altre province italiane, alle modalità aritmetiche o logiche con cui l’Amministrazione ha provveduto alla conseguente applicazione dell’indicato canone della proporzionalità, ai conseguenti risultati”.
All’ordinanza istruttori n. 1309 del 2011, “comunicata per raccomandata all’Amministrazione oltre che ritirata in copia conforme in data 7 marzo 2011, l’Amministrazione non ha dato tuttavia seguito”.
La sentenza del Consiglio di Stato ha accolto l’appello dei ricorrenti “limitatamente alla ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le varie regioni e province italiane”, ha condannato “l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali liquidata in complessive 5.000 (cinquemila) euro” e ha ordinato “che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa”.
Ma che sorta di ministero (e lo scrivo con la consonante ‘m’ minuscola) è questo che non risponde a una precisa e articolata ordinanza del Consiglio di Stato, mortificando al contempo la giustizia e i diritti dei cittadini e dei lavoratori costituzionalmente garantiti e protetti dalla Costituzione! Peraltro, risultando coinvolta in una favorevole ripartizione dei posti proprio la provincia di Brescia!
Ritorniamo agli aspetti che caratterizzano il concorso per esami e titoli per il reclutamento di 2.386 dirigenti scolastici dei ruoli regionali nato sotto cattiva stella. E cominciamo dall’accento da porre (e potrebbe essere valido motivo di ricorsi alla magistratura amministrativa: Tar e Consiglio di Stato), ovviamente da puntualmente verificare alla luce di documentata relazione ministeriale per acquisire le “informazioni” concernenti il numero dei posti per regione messi a concorso. Ciò anche perché per gli effetti della legge finanziaria l’attuale organico di 10.431 potrebbe ridursi a circa 8.000 nel volgere di un solo anno scolastico.
La documentata relazione ministeriale, legittimamente richiesta in quanto ad essa deve essere data assoluta trasparenza e massima pubblicità, deve essere volta ad indicare: i criteri applicativi in sede di ripartizione tra le regioni del prefissato contingente di dirigenti scolastici da assumere; la situazione registrata nelle singole regioni; le conseguenti operazioni compiute e sottese alla determinazione, regione per regione, del numero di dirigenti scolastici da assumere; la disponibilità di posti sussistenti nelle singole province; la ripartizione del contingente fissato di assunzioni tra le varie regioni italiane.
Inoltre, cosa si intende dire con l’espressione che “le nomine dei dirigenti scolastici, risultati vincitori per la regione Sicilia, sono effettuate dopo le nomine dei candidati che superano la procedura concorsuale di cui al D.D.R. 21.11.2004 annullata e poi rinnovata con legge n. 202 del 3.12.2010? Cosa accadrebbe ai “risultati vincitori per la regione Sicilia” nell’ipotesi, peraltro non del tutto peregrina e niente affatto effimera, di una sentenza di incostituzionalità della legge 202/2010 pronunciata dal Giudice delle leggi, con conseguente rinnovazione del concorso del 2004 così come da sentenza e da decreti del CGA per la Sicilia?
E cosa accadrebbe in Sicilia e nelle altre regioni (11) nelle quali si è in attesa delle sentenze dei rispettivi Tar anche con riferimento alle sospensive ottenute da concorrenti a cui conseguentemente è stato consentito (pur senza il titolo di studio valido ai fini della partecipazione al concorso) di partecipare al concorso del 2004 (è il caso, in particolare, della Sicilia, ma non soltanto) e di svolgere la funzione di dirigente scolastico addirittura dopo aver sottoscritto il contratto a tempo indeterminato quale “vincitore” del concorso annullato dal CGA per la Sicilia e risuscitato dalla legge 202/2010, dato che il Ministero dell’istruzione, con nota di chiarimento del direttore generale Luciano Chiappetta, datata 19 luglio 2011, ha indicato i titoli di studio che non sono validi “ai fini dell’accesso al concorso” e quelli che viceversa solo validi, e che pertanto a dover essere rimossi dalla funzione e comunque ad essere esclusi dal concorso sono circa trenta?
Si è attivato il Ministero dell’istruzione per adempiere il dovere di chiedere ai Tar le sentenze, anche perché diversamente operando, nella sostanza “ignorando” il proprio dovere, quei docenti e soprattutto gli altri che, pur avendone diritto, non hanno ricoperto la funzione di dirigente scolastico sono stati notevolmente danneggiati sul piano professionale e su quello personale? E se non si è attivato, cosa aspetta per attivarsi?


Chiarimenti sui titoli necessari per partecipare al concorso
Con la sua nota di chiarimento, il direttore generale Luciano Chiappetta, del Miur, anche richiamando sentenze del Consiglio di Stato (n. 3528/2006 e n. 209/2008) ha chiarito che la laurea (quadriennale) del vecchio ordinamento e quella magistrale del nuovo ordinamento o equivalente sono i soli titoli di studio e requisiti di ammissione al concorso. L’altro requisito di ammissione al concorso è quello di aver maturato, “dopo la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni in qualsiasi ordine di scuola”.
In particolare, per quanto concerne il titolo di studio dei docenti di religione cattolica, “il titolo da considerare valido ai fini dell’accesso al concorso è quello di licenza in Teologia, nelle sue varie specializzazioni, o Sacra Scrittura”, cosicché nessun altro titolo di studio “può consentire l’accesso alla procedura concorsuale”.
Per quanto concerne il diploma ISEF, esso corrisponde ad una laurea triennale e non ad una laurea quadriennale, e pertanto non è valido. La legge n. 136 del 2002 ha riconosciuto “l’equiparazione tra il diploma ISEF e la laurea (triennale) in Scienze motorie, che non è sufficiente “per la partecipazione ai pubblici concorsi per i quali è richiesta la ‘laurea’ (ad esempio, a quelli per dirigente scolastico), statuendo, le sentenze del Consiglio di Stato, “che, ai sensi della legge 18 giugno 2002, n. 136”, “tale diploma equivale a laurea triennale e non già quadriennale, magistrale o equivalente”.
Per quanto concerne i titoli di studio rilasciati dalle Accademie di belle arti e dai Conservatori di musica, “solo i diplomi accademici di secondo livello sono validi ai fini della partecipazione al concorso”.
Per essere ammessi alle due prove scritte è necessario aver superato “la prova preselettiva a carattere culturale e professionale effettuata mediante la somministrazione di un test con quesiti a risposta multipla”, prova “unica su tutto il territorio nazionale e si svolge nella medesima giornata nelle istituzioni scolastiche individuate dagli Uffici scolastici regionali”, annunciata con avviso da pubblicarsi (“con valore di notifica a tutti gli effetti”) sulla rete INTRANET e sul sito INTERNET del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonché sul sito di ciascun Ufficio scolastico regionale e sulla Gazzetta ufficiale “almeno 15 giorni prima dello svolgimento”, rendendo “noto il diario della prova preselettiva comprensivo del giorno e dell’ora di svolgimento” (ma non è stato scritto “della sede”). Ma occorre acquisire il punteggio minimo di 80 punti su 100 (il massimo, corrispondente ad un test in cui tutte le risposte siano esatte) nella prova preselettiva, della durata fissata in 100 minuti, consistente “in un test di 100 domande articolato in quesiti a risposta multipla”, per essere ammessi a sostenere le due prove scritte.
Si tratta, quindi, del concorso del quiz. Ma a quante domande risponderebbe esattamente il ministro Mariastella Gelmini? Quante ne azzeccherebbe nella considerazione che la virtù (la conoscenza) e la fortuna sono compartecipi del successo? Ma anche dell’insuccesso? Pertanto, il concorso del quiz serve soltanto a ridurre il più possibile il numero concorrenti, e magari saranno esclusi i migliori ai quali la fortuna non è stata abbastanza propizia per consentirgli di superare il punteggio di addirittura 79 prevalentemente scaturito dalla virtù, maggiore di chi ha avuto la fortuna dalla sua parte.
A proposito del test delle 100 domande articolato in quesiti a risposta multipla resta da risolvere l’incognita del punto 10 dell’articolo 8 del bando di concorso. Riguarda “la pubblicazione della batteria dei quesiti da cui saranno estrapolate le 100 domande da sottoporre ai candidati”. Sappiamo che della pubblicazione della batteria dei quesiti sarà data conoscenza a mezzo di apposito avviso da pubblicarsi sulla rete INTRANET e sul sito INTERNET del Ministero dell’Istruzione, nonché sul sito di ciascun Ufficio scolastico regionale, ma non è detto quando, quanti saranno i quesiti che comporranno la batteria, come e quando (e dove e da chi) saranno estratte le 100 domande da sottoporre ai candidati, come e con quali mezzi saranno comunicate le 100 domande ai candidati.
Sul concorso del quiz c’è ancora molto da dire, ma lo rinviamo a tempo debito. Al momento, anche perché a tal proposito tanti sono stati i ricorsi alla magistratura amministrativa e addirittura si è arrivati alla sentenza di nullità “in origine” per vizi sostanziali insanabili del concorso del 2004 pronunciata dal CGA per la Sicilia, ma ha riguardato altri concorsi svoltisi in altre regioni italiane. Il punto 2 dell’articolo 7 del concorso appena bandito così recita: “Le commissioni esaminatrici possono essere suddivise in sottocommissioni qualora i candidati superino complessivamente le 500 unità, con l’integrazione di un numero di componenti, unico restando il presidente, pari a quello delle commissioni originarie e di un segretario aggiunto”. Ebbene, poiché la commissione originaria è composta di tre componenti, uno dei quali con funzione di presidente, sembrerebbe del tutto ovvio che ciascuna sottocommissione deve essere, unico restando per tutte il presidente originariamente nominato, di tre componenti (collegio perfetto), perché altrimenti avremmo delle commissioni di due componenti con un presidente migrante da un tavolo all’altro, parzialmente e totalmente fermandosi in uno e tralasciando parzialmente o totalmente gli altri. Cosicché avremmo compiti corretti e valutati da tre persone e molti altri corretti e valutati da due persone, con evidentissima disparità di trattamento dei partecipanti al concorso. E identica disparità avverrebbe durante la prova orale da parte di coloro che superano con almeno 21 le due prove scritte: un presidente che deambula da un tavolo all’altro mentre a esaminare sono soltanto due commissari, o magari che, seduto al centro, gira e rigira la testa, diventata una trottola, da una parte all’altra e viceversa, per “assistere”, e non si sa quanto “comprendere”, all’interrogazione contemporanea di due e magari di più di due concorrenti.
Si tratta di un chiarimento indispensabile, anche se si dovesse ritenere che le sottocommissione possano essere composte ciascuna di due commissari, ma che, partecipando con loro alla correzione e alla valutazione il presidente unico, si riuniscano in tempi diversi, così da affermare il principio del collegio perfetto, che è composto da tre persone e giammai altrimenti. Comunque è fondamentale che non vi siano disparità operative tra una regione e l’altra, perché unico deve, e non può essere altrimenti, il sistema operativo, soprattutto per evitare disparità di trattamento e le condizioni che dal 2004 caratterizzano i ricorsi, con esiti positivi, rivolti alla magistratura amministrativa.
Il decreto del direttore generale Luciano Chiappetta, Miur, col quale, in attuazione dell’art. 3 del D.P.R. 10 luglio 2008, n. 140, è stato indetto – in quanto “ritenuto di dover procedere all’emanazione del bando di concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici” – “il concorso per esami e titoli per il reclutamento, nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica, di dirigenti scolastici dei ruoli regionali”, porta in premessa che lo stesso direttore generale Chiappetta ha “visto” una lunga lista (30) tra decreti del Presidente della Repubblica, leggi, decreti legislativi e del ministro dell’Istruzione, contratto collettivo nazionale di lavoro, consistenza delle dotazioni organiche dei dirigenti scolastici articolate secondo la dimensione regionale, parere espresso dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione nell’adunanza del 13 luglio 2010 in relazione alla tabella di valutazione dei titoli di servizio e professionali; ed ha “tenuto conto” dei dati relativi a mezzo del sistema informatico del Ministero dell’istruzione nonché della rinnovazione della procedura concorsuale per la Regione Sicilia di cui al D.D.G. 22.11.2004 secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 202 del 3 dicembre 2010. Tanti.
La stagione dei ricorsi, che si aggiungono a tutti gli altri che ancora non sono giunti a sentenza, è già cominciata con la “diffida” inviata dall’Anief al “direttore generale per il personale scolastico Miur, dott. Luciano Chiappetta; al direttore generale per gli studi, la statistica e i sistemi informatici Miur, dott. Emanuele Fidora; al capo dipartimento per la programmazione Miur, dott. Giovanni Biondi.
Ad oggetto, riferentesi al “concorso dirigenti D.D.G. 13 luglio 2011”, “le problematiche relative all’accesso alla compilazione delle domande con procedura telematica per i candidati registrati nel sistema di accesso “Istanze on-line, richiesta intervento immediato entro le 24 ore - diffida”. Una diffida, che preannuncia la “conseguenza” di “ricorrere al tribunale amministrativo avverso il bando di concorso” nel caso in cui non si provvedesse, entro 24 ore dalla segnalazione, “alla risoluzione delle anomalie segnalate”. Anomalie che si evidenziano anche come “violazione” di norme di legge.
Il tempo è tiranno, e quindi non si può sapere quale sarà la durata di svolgimento del concorso, che comunque, a parte i ricorsi che potrebbero addirittura fioccare, si protrarrà nel tempo, a parte la questione Sicilia, incognita tra le incognite. E comunque andranno spesi dallo Stato almeno 47 milioni di euro, a parte l’impegno dell’Avvocatura dello Stato nella difese del Ministero dell’Istruzione nei ricorsi, quanti che essi possano essere.
Ma allora, visti i precedenti e le tante tribolazioni di decine di migliaia di insegnanti, che in questo concorso potrebbero superare la soglia dei 200.000, e considerato lo spreco di tante decine di milioni di euro, non sarebbe stato meglio, e opportuno anche per il migliore funzionamento degli istituti scolastici, attuare il principio del preside democraticamente eletto? E trovare utili riferimenti nelle normative di altri Paesi dell’Europa? Peraltro, proposte di legge sul preside democraticamente eletto ne sono state presentate nelle due Camere del Parlamento italiano, ma purtroppo sono rimaste a costituire il dato di “produttività” dei singoli parlamentari, e la produzione cartacea è stata collocata in cassettoni destinati “a futura memoria”.
Ma questi parlamentari che presentano proposte di legge delle quali sembra che ne  ignorino l’esistenza cosa stanno a fare alla Camera e al Senato!?

Polibio  








Postato il Lunedì, 01 agosto 2011 ore 12:28:59 CEST di Pasquale Almirante
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