In questi mesi
molto si è letto sulle prove INVALSI, e in molti hanno sostenuto come,
alle scuole italiane, non possano bastare i risultati delle prove per
migliorare, in quanto gli apprendimenti degli studenti rappresentano
l’esito di complessi processi individuali e sociali che i cosiddetti
‘test’ sono in grado di cogliere ‘solo’ in parte. Nessuno si è però –
ovviamente - soffermato a segnalare quali altre ricerche
l’INVALSI svolge e in che modo cerca di esplorare cosa accade
all’interno delle istituzioni scolastiche, promuovendo il confronto e
il
miglioramento.
Proprio in quest’ottica, grazie al contributo dei fondi
strutturali europei, L’INVALSI ha messo a punto il progetto
“Valutazione e Miglioramento” (VM) che coinvolge circa 360 fra scuole
del 1° e del 2° ciclo, destinatarie dei fondi europei FSE e FESR PON,
collocate nelle regioni Obiettivo convergenza (Campania, Calabria,
Puglia e Sicilia).
Il progetto VM ha lo scopo di condurre osservazioni in profondità delle
singole istituzioni scolastiche in una prospettiva di valutazione
sistemica, integrando dati rilevati con tecniche quantitative o già
presenti in data-base istituzionali, con informazioni ottenute con
tecniche qualitative. Alle scuole coinvolte nel progetto viene
restituito un rapporto di valutazione che mette in evidenza punti di
forza e di difficoltà del servizio scolastico offerto e che diventa
punto di partenza per la realizzazione di azioni di miglioramento con
il supporto di esperti esterni.
La struttura del progetto si basa su un vasto studio condotto
dall’INVALSI nel 2010, denominato VALSIS (“Valutazione di sistema e
delle scuole”), che, a partire dall’esplorazione e classificazione
degli indicatori utilizzati da molti paesi per valutare i propri
sistemi scolastici, formula una proposta articolata di indicatori e
aspetti per la valutazione del sistema scolastico e delle scuole
italiane. Il modello di valutazione della qualità delle scuole che
emerge considera i risultati alla luce di tutto l’insieme di
sollecitazioni, di risorse, di processi attivati in un determinato
ambiente, nella consapevolezza che una scuola possa migliorare la
qualità del servizio offerto e dei suoi esiti nella misura in cui è
capace di confrontare il proprio operato con un riferimento esterno,
trasformando i risultati della valutazione in azioni di miglioramento
in un’ottica di apprendimento organizzativo.
E’ però importante che coloro che chiedono all’INVALSI di andare oltre
le ‘prove di apprendimento’ sappiano che questa sperimentazione così
ampia è possibile solo grazie ai finanziamenti europei; a regime, con
le sole forze stabili dell’Istituto (22 lavoratori fra l’area della
ricerca e quella amministrativa) e la mancanza cronica di fondi, non
sarebbe possibile neppure produrre le prove di apprendimento,
figuriamoci fare un lavoro di studio approfondito a livello nazionale
su ciascuna istituzione scolastica in un’ottica di miglioramento. Oggi
infatti è anche grazie alla dedizione e al senso di responsabilità di
tutti quei lavoratori precari (circa l’80% della forza lavoro) che è
possibile garantire oltre alle attività del Servizio Nazionale di
Valutazione anche alcune azioni di ricerca che contribuiscono alla
comprensione della cosiddetta’ scatola nera’ dei processi, così
indispensabile per poter supportare le scuole.
Bisognerebbe quindi avere il coraggio di chiedere per l’INVALSI risorse
economiche e umane almeno simili a quelle dei grandi enti di ricerca
che svolgono le stesse attività in Europa e nel resto del mondo. Così
sì, avremmo tutti qualcosa in più – e di diverso - su cui discutere.
(da Pd-Sito Ufficiale)
Donatella
Poliandri-
Ricercatrice INVALSI