Il grido d’allarme
lanciato dagli insegnanti di latino e greco è più che preoccupante! Sono centinaia i docenti della classe A052
che hanno sottoscritto un documento più che circostanziato con cui si
denuncia che il riordino gelminiano del liceo classico non è altro che
l’avvio di un vero e proprio disordino, o peggio di una sua morte
annunciata. Non entro nel merito e rinvio direttamente al
documento apparso su www.scuolaoggi.org
http://www.scuolaoggi.org/archivio/ la_morte_del_liceo_classico (e
anche su http://www.aetnanet.org/catania-scuola-notizie-243264.html.)
Insomma, neanche il liceo classico, fiore all’occhiello della
tradizione gentiliana, e benemerito sotto tanti aspetti, riesce a
salvarsi dalla mannaia che sta colpendo l’intero nostro sistema di
istruzione. Neanche il fatto che, con l’aggancio alle scelte della
Moratti (dlgs 226/05), sembrava che questa amministrazione intendesse
sottolineare la profonda differenza che dovrebbe correre tra
un’istruzione classica, governata da Indicazioni nazionali e molto
povera di competenze terminali (il primato delle conoscenze di sempre!)
e un’istruzione tecnica e professionale, di chiara “matrice
sinistrorsa” (il governo Prodi, la legge 40/07) e governata, invece, da
ben più articolate Linee guida e mirata alla certificazione di concrete
competenze.
Insomma, l’assalto alla diligenza è totale e decisivo! E viene anche da
chiedersi: perché tutto questo? Perché scelte così sconsiderate? E
perché siamo caduti in questa perversa spirale per cui solo i tagli
sono l’unica difesa contro una recessione che investe tutto
l’Occidente, recessione della quale non sappiamo neanche in quale
misura noi italiani siamo corresponsabili? Non capisco nulla di
economia ed è meglio che taccia, ma… quando ogni giorno assistiamo alla
girandola delle mazzette, che sembrano essere il motore vero di
un’economia sommersa e fasulla, allora mi indigno! Dov’è una classe
politica lungimirante? Quand’è che saremo tutti sommersi da una
monnezza che continuiamo ad alimentare invece di smaltire? E perché è
la scuola che deve sopportare il peso più grosso di questa débacle,
sempre annunciata e mai scongiurata? Sapevo che i tagli hanno investito
anche l’ordine liceale! Ma le
centinaia di sottoscrittori del documento citato mi hanno convinto che
anche la roccaforte di una certa tradizione, criticabile quanto si
voglia, ma che pur aveva una sua dignità, è stata presa d’assalto dalle
catapulte di questa dissennata amministrazione. Non avremo più neanche
la magra soddisfazione di disporre di liberi pensatori, di
intellettuali doc, che parlano e citano a iosa qualche detto latino.
Così andremo perdendo anche quel sapere “inutile” con tanto di
virgolette, di cui però ci si poteva un pochino fregiare! E penso anche
alla nostra Martha Nussbaum che gira il mondo predicando della
necessità che i saperi tecnici, sempre più dominanti, siano pur sempre
“riscaldati” da un minimo di cultura umanistica! Anche le torri
d’avorio pare che siano destinate a cadere!
Ma un altro motivo di preoccupazione mi viene da una recente
dichiarazione dell’onorevole Valentina Aprea secondo cui “ormai la
scuola ha terminato il suo compito di inclusione; ora è il tempo del
merito” (vedi Cinzia Mion, “Quali dirigenti scolastici per una scuola
destinata alla meritocrazia?” in scuolaoggi.org). Sciocchezza più
grande non può dirsi: l’inclusione è il primo compito di una scuola!
Una volta si chiamava inculturazione (o acculturazione per i non nati in
casa). A che è servita la scuola elementare dal 1861 in poi, se non ad
inculturare (ed acculturare anche) i tanti “bimbi della nuova Italia”
ai nuovi valori e ai nuovi tessuti socioeconomici che andavamo
costruendo? E perché qualche anno fa abbiamo rinominato questo grado di
scuola “primaria”, nella convinzione che fosse necessario anche un
secondo grado di in/acculturazione in un Paese sempre più complesso, se
non, purtroppo, complicato? La denuncia degli insegnanti di latino e
greco e la dichiarazione dell’Aprea nascono da una realtà di fatto e da
una prospettiva strisciante che, purtroppo, non riguarda solo noi:
cioè, la lenta morte della scuola intesa come servizio primario che un
Paese deve offrire ai suoi nati e, oggi, ai suoi tanti e sempre più
numerosi nuovi arrivati! Aumenta a dismisura il bisogno di essere
educati, istruiti e formati (educare, istruire e formare è un impegno
che abbiamo assunto con l’avvio dell’autonomia delle istituzioni
scolastiche: vedi art.1, c. 2 del dpr 275/99) e diminuisce a dismisura
e scientemente la sua offerta! La scuola costa troppo e gli alunni
potenziali sono “troppi”, se consideriamo anche gli stranieri e gli
adulti. I soldi “non ci sono” né si vuole considerare questa necessità
come primaria, quindi… che si
arrangino! Torneremo al precettore!? Mio bisnonno, Numa Pompilio
Vangelisti, latinista insigne, fu precettore a Villa Paolina in Roma,
oggi Ambasciata di Francia presso la santa Sede, dei numerosi figli di
Carlo Luciano Bonaparte e Zenaide Bonaparte, figli di due fratelli di
Napoleone, Luciano e Giuseppe: allora ci si sposava tra cugini!
Torneremo a quelle abitudini? Non sarebbe del tutto male ma… Non credo
proprio! La marea montante dell’ignoranza e della progressiva mancanza
di senso civico condurrà ad una generalizzazione di una beata
incultura, plastificata da tutte quelle diavolerie che Linkedin,
Facebook, sms offrono a dismisura barattandole come nuova cultura!
In tale scenario non so proprio dove potrà essere sollecitato ed
emergere il merito! Il merito non è un fungo, come forse pensa
Valentina! Dal nulla nasce solo il nulla. Le rose migliori si scelgono
in un giardino di fiori! Le rose di plastica le trovi ad ogni
supermercato!
In conclusione, la lotta per la difesa e lo sviluppo della Scuola della
Costituzione sarebbe perduta in partenza, se mirasse solo alla scuola
in quanto tale e ai suoi sciagurati ministri, Giulio e Mariastella. La
battaglia per la scuola è in primo luogo la battaglia per una società
diversa, per un Paese diverso in cui i valori siano valori e i
disvalori disvalori!
Giulio e Mariastella sono semplici strumenti di scelte politiche
precise che l’attuale classe dirigente coltiva da tempo e realizza
giorno dopo giorno. Le mazzette non sono una patologia, sono la
fisiologia di questa classe politica, in cui trasversalmente colludono
personaggi di destra e di sinistra, allegramente, tanto il Titanic non
affonda! Resiste
agli iceberg! Ma è il Titanic Paese che a noi tutti interessa! La
parola d’ordine non è allora il Si salvi chi può, ma adoperiamoci per
un fronte comune che investa tutti i precari di questa società…
insegnanti, studenti, operai… un nuovo 68? No! Un altro
(da http://www.scuolaoggi.org di Maurizio Tiriticco)
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