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Leggi: Brunetta, abolizione del valore legale diploma di laurea e' un’ipotesi

Rassegna stampa
Presso la VII Commissione del Senato (Istruzione pubblica), si è svolta l’audizione del ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli effetti connessi all’eventuale abolizione del valore legale del diploma di laurea. Nel corso del suo intervento il ministro ha premesso che “il valore legale delle lauree si fonda su una copiosa normativa che si è stratificata negli ultimi ottanta anni. Negli ultimi decenni nella società italiana sono intervenuti molteplici mutamenti sia sotto il profilo della formazione - prima con l’aumento della scolarità, poi con la riforma dell’istruzione universitaria - sia sotto il profilo dell’accesso al mercato del lavoro, pubblico e privato.                
Tali profonde trasformazioni pongono in discussione la permanente validità e utilità del principio del valore legale del titolo di studio, principio affermatosi in tutt’altro contesto e che risente di una certa rigidità. Queste circostanze invitano a una riflessione, come del resto, questa Commissione ha opportunamente avviato. La modifica del principio del valore legale del titolo di studio può determinare profonde e articolate conseguenze in diversi settori: nel sistema universitario, nel mercato del lavoro e nell’accesso per concorso ai pubblici uffici. Per quanto riguarda l’ambito universitario, la riforma varata dalla collega Mariastella Gelmini contribuisce a definire linee di intervento in modo estremamente concreto e pratico. L’obiettivo - che trovo condivisibile - è passare dal concetto di valore legale a quello di valore sostanziale del titolo di studio. Tradizionalmente la laurea esprime, in ogni ordinamento e anche nei più flessibili, un valore collegato al raggiungimento di un certo livello di formazione culturale. In tale prospettiva, è necessario che il titolo sia rilasciato da un’istituzione riconosciuta perché accreditata da organismi pubblici coordinati e vigilati da un soggetto terzo che in Italia è rappresentato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Secondo questa impostazione tradizionale - ha ricordato Brunetta - il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 stabilisce che i titoli universitari, conseguiti al termine dei corsi dello stesso livello appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale, se conseguiti presso gli Istituti riconosciuti, ai fini dell’ammissione agli esami di Stato, pur in presenza di differenziati e articolati contenuti formativi. Il sistema dell’accreditamento serve a garantire il valore formativo e scientifico delle lauree, lasciando poi al mercato del lavoro - sia pubblico sia, in particolare, privato - il compito di decidere in piena libertà come regolare l’accesso alle professioni o ai posti d’impiego e quali requisiti ulteriori richiedere. Attraverso il sistema di accreditamento delle Università si possono qualificare i centri di insegnamento e, in ultima analisi, affermare i principi di trasparenza e meritocrazia nell’accesso al finanziamento pubblico.
Per quanto concerne la Pubblica Amministrazione - ha aggiunto Brunetta - la normativa vigente prevede per la partecipazione a concorsi che il singolo candidato sia in possesso di determinati titoli accademici o di istruzione superiore aventi valore legale. Prima di abbandonare questo sistema è necessario riflettere attentamente circa i necessari meccanismi sostitutivi che valgano ad assicurare alla selezione, sul piano sostanziale, livelli qualitativi comunque idonei a compensare il criterio formale del valore legale. A tale riguardo osservo come l’abrogazione tout court di tale riconoscimento significherebbe consentire l’accesso ai concorsi pubblici a chiunque, indipendentemente dal curriculum formativo di cui si dispone. Per altro verso non si può omettere di rilevare che il valore legale del titolo universitario mostra i suoi limiti con riferimento alla dimensione globale del mercato del lavoro, in cui, nei fatti, la sua portata e validità sembra essere ormai superata dalle mutate dinamiche di selezione e del patrimonio di conoscenze e competenze che i datori di lavoro chiedono ai canditati. Per non parlare del connesso problema, allorché si mantenga fermo il valore legale dei titoli, legato alla difficoltà del riconoscimento dei titoli esteri per lavoratori, anche qualificati, che provengono da tutte le aree del globo. Il meccanismo dell’accreditamento si muove nella direzione di predisporre un contesto di qualità della formazione suscettibile di consentire, eventualmente, passi ulteriori che affrontino, con la necessaria attenzione, anche il nodo dell’abolizione del valore legale”.
Il ministro Brunetta ha poi aggiunto: “Se si vuole gradualmente eliminare questa concrezione di norme, che ha per molti aspetti appiattito il sistema universitario, dobbiamo agire su più fronti: non solo su quello della normativa universitaria ma anche sulle leggi che disciplinano l’organizzazione e l’accesso alle pubbliche amministrazioni, sui bandi che esse emanano e sulle modalità con le quali svolgono i concorsi e sull’operato degli organismi professionali per l’accesso ai quali è previsto dalla Costituzione l’esame di Stato. Il percorso delineato con la riforma dell’Università promossa dal ministro Gelmini appare, quindi, in grado di determinare un sistema coerente di incentivi per la competizione anche a livello universitario, con l’effetto di spingere le Università a impegnarsi nella predisposizione di un’offerta formativa di qualità in grado di attrarre gli studenti. Ciò è possibile solo se le Università assumono come obiettivo di lungo termine quello di migliorare la cosiddetta reputazione formativa che, in altri termini, diventa per i loro futuri laureati un ‘titolo’ spendibile sul mercato del lavoro. In pratica, a essere determinante non è più solamente il percorso di studi prescelto e il risultato in termini di votazione finale, ma anche e soprattutto la reputazione sotto il profilo della qualità dell’offerta formativa e della capacità di preparare laureati eccellenti. Concludendo non posso non osservare che la questione sia meritevole di essere ulteriormente approfondita e a tal fine sono disponibile ad avviare un confronto tra gli uffici del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e quelli del Dipartimento della Funzione pubblica”.
  (AGENPARL)








Postato il Giovedì, 21 luglio 2011 ore 12:55:11 CEST di Pasquale Almirante
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