Inizio il mio
articolo con questa frase:
“Davanti alle difficoltà non bisogna
arrendersi.
Al contrario, devono stimolarci a
fare sempre di più e meglio, o superare gli ostacoli per raggiungere i
risultati che ci siamo prefissati“. Paolo Borsellino
Stiamo ricevendo tantissime email identiche di protesta contro le class
action. Contro la lotta di classe a favore dei docenti di laboratorio,
dei docenti di Geografia e dei docenti ex trattamento testi.
Cinquecento email contro questi colleghi che hanno scelto di ribellarsi!
Molte di questi messaggi di posta elettronica arrivano doppie, con lo
stesso testo, con le stesse frasi, le stesse parole, gli stessi
mittenti.
Mi rimbomba la frase: “non buttarla in politica… perché la politica non
c’entra, smettila di fare il comunista!”.
La politica non c’entra? C’entra eccome!
Questo mio articolo è rivolto a tutti coloro che hanno inviato alle
sedi di Roma e di Milano messaggi identici.
Gentilissime signore e gentilissimi signori voi perseguite una lotta
contro i docenti più deboli, i proff, gli insegnanti, i docenti di
ruolo e precari che hanno l’unica grande sfortuna di non
appartenere alle graduatorie di eccellenza, alle graduatorie delle
materie che contano. Voi che spedite queste email siete amici dei
sindacati gialli, dei potenti della comunicazione “a pagamento”, della
gente che conta, siete le persone vicine ai partiti di governo.
Gli insegnanti devono poter contare su un’unica normativa scolastica,
su un unico regolamento attuativo, la legge deve essere
uguale per tutti, come per tutti devono essere attivati i corsi
abilitanti. Tutti devono potersi aggiornare. Tutti i docenti devono
sapere cosa insegnare, dove farlo e a chi. Potersi aggiornare, essere
retribuiti come i colleghi europei.
L’errore di fondo sta proprio qua! Oggi si cerca di affermare la legge
del più forte: io sono meglio di te! Io sono il professore con la
professionalità in tasca mentre tu sei niente mischiato con il niente!
Quando scrivo che si potrebbe combattere insieme un’unica battaglia,
quando chiedo aiuto e supporto alle categorie “forti” del popolo dei
docenti, ricevo insulti e parolacce, ricevo 500 email identiche, ricevo
frasi ingiuriose che naturalmente ho tenuto e che i nostri legali
stanno analizzando per verificare se ci sono gli estremi per una
denuncia per diffamazione.
Il nostro obbiettivo non è questo, non vogliamo denunciare i colleghi,
non vogliamo strumentalizzare, non vogliamo alimentare la polemica. Non
crediamo che le email ricevute siano spedite dai veri professionisti
della didattica, che la mattina condividono la pausa caffè con gli
stessi colleghi, con gli stessi docenti con cui hanno condiviso i
viaggi d’istruzione… non crediamo che siano gli stessi che su internet
detestano e vogliono che vengano cacciati dalla scuola!
Crediamo che ci sia un disegno politico camuffato da protesta di classe
che mira a destabilizzare ancora di più il sistema scolastico.
Creare il caos per poi controllarlo, rimettere apposto le cose secondo
“un ordine e disciplina” già definito.
L’Unicobas Scuola Lombardia è l’agnello sacrificale? E’ la cellula
duttile che deve essere controllata e purificata dalle idee
rivoluzionarie, si quelle idee che rivoluzionarie non sono, perché le
idee dell’Unicobas Scuola esprimono libertà, democrazia, pluralismo,
qualità.
Io credo che l’idea di una scuola migliore debba passare dalla
democrazia, dal rispetto dei ruoli, dalla voglia di migliorare, la
voglia di non ghettizzare colleghi non laureati a cui lo stato consente
di insegnare, la voglia di non essere razzista, si perché il razzismo
non è soltanto quello “famoso” quello tra bianchi e neri, tra leghisti
e arabi. Spesso il razzismo è un modo per escludere, per denigrare ,
per cancellare, togliere, mandare via, perché c’è solo una categoria
“superdotata” è stata scelta dal fato per governare il mondo scolastico!
Non si fa così signori, proprio no!
Ho già ribadito più volte il motivo per il quale abbiamo aperto le
class action, e ne apriremo ancora, perché difendere i lavoratori della
scuola pubblica è nel DNA dell’Unicobas Scuola.
Io vorrei dare un consiglio a tutti i colleghi che non approvano quello
che come sindacato stiamo facendo, leggete tra le righe le nostre
motivazioni, apriamo un contenzioso contro il MIUR tutti insieme,
facciamo vedere che siamo uniti e che il Governo, La Lega, Il Pdl non
usa i colleghi per strumentalizzare ed attaccare l’Unicobas Scuola,
dimostrateci almeno una volta che non vi hanno fasciato il cervello…
che non inculcate le idee di Berlusconi ai vostri alunni e ai vostri
colleghi, che siete in grado di scrivere con la vostra testa, come
alcuni hanno fatto e che riescono ad individuare sempre e comunque un
elemento positivo in una protesta.
Per questo vorrei che rileggeste: “Piero Calamandrei - discorso
pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma
l'11 febbraio 1950”
Si! Pietro Calamandrei poneva come una ipotesi astratta “un
totalitarismo subdolo, indiretto, torbido. come certe polmoniti torpide
che vengono senza febbre ma che sono pericolosissime", diventata oggi,
purtroppo, realtà.
La differenza sta nel fatto che il "partito dominante" ipotizzato da
Pietro Calamandrei oggi non vuole neanche "rispettare la Costituzione"
ma vuole anzi deliberatamente stravolgerla non rispettando neppure le
procedure che i Padri Costituenti avevano posto a guardia della stessa
per impedirne lo scempio e andando avanti a colpi di decreti legge come
il "lodo Alfano" con il quale si vuole assicurare l'impunità alle
quattro, ma soprattutto ad una, più alte cariche dello Stato.
Come le circolari ministeriali nella scuola pubblica, come quella
sull'atipicità delle classi di concorso (marzo 2011) dove... si
interpreta e si decide che un docente diventa tuttologo e può insegnare
qualsiasi cosa... a discapito di chi invece insegna quella materia da
30 anni!
Il tutto in mezzo all'indifferenza o meglio all'assuefazione
dell'opinione pubblica ormai soggiogata con l'antico metodo del "panem
et circenses" ( ma tra poco resteranno soltanto i circenses) e al
disfacimento di una opposizione che, come dice una delle poche voci non
omologate rimaste nel nostro parlamento, oscilla ormai tra la
"collaborazione e il collaborazionismo".
Se ne sono accorti per fortuna i nostri giovani e la loro
consapevolezza, così lontana dall'ottundimento ormai imperante, ha dato
vita ad una rivolta trasversale, senza colori politici dato che di
quella cosa sporca che è diventata la politica in Italia tanti giovani
si vogliono tenere lontani, che ha fatto sentire l'esigenza ad una
delle anime più nere della nostra Repubblica di suggerire all'attuale
ministro degli interni di adoperare gli stessi metodi da lui adoperati
negli anni 70.
Cioè "infiltrare il movimento di agenti provocatori" per fari si che,
con il loro aiuto "devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e
mettano a ferro e fuoco le città" per potere cosi poi avere il pretesto
di "mandarli tutti in ospedale, picchiarli e picchiare anche i docenti
precari" , soprattutto "le maestre ragazzine".
Verso i ragazzini quello che giustamente un tempo veniva chiamato
"Kossiga" deve avere un odio viscerale, basta ricordare quello che
diceva un tempo di Rosario Livatino, il "giudice ragazzino", morto per
servire lo Stato, non certo lo Stato rappresentato da Cossiga, e perchè
lasciato solo dallo Stato, questa volta si dallo Stato rappresentato da
Cossiga.
Quello stesso Cossiga che chiamò a far parte della commissione
ristretta costituita per l'emergenza del sequestro Moro anche, sotto
falso nome, Licio Gelli. Come chiamare Goering a difendere gli ebrei.
A fronte di queste minacce, a fronte dell'incitamento a usare i
manganelli contro i nostri figli che lottano per il loro futuro sarebbe
una colpa ben più grave delle tante che già ci portiamo addosso per
avere consegnato loro questo paese quello di restare inerti, di
approvare a parole la loro rivolta ma delegare solo a loro questa lotta.
Lo abbiamo già fatto in troppe altre occasioni con dei magistrati, con
dei poliziotti, con dei giornalisti, con tante altre vittime del potere
costretti, anche per colpa nostra, a diventare degli eroi.
E' un dovere imprescindibile per noi scendere in prima linea e offrire
le nostre fronti, i nostri corpi, a quei manganelli che vorrebbero
colpire i nostri giovani.
Siamo noi ad esserci meritato questo paese, non loro.
Amici, insegnanti, protestate pure... ma fatelo guardando negli occhi
quei colleghi che il primo settembre non lavoreranno più, quei docenti
con i quali avete condiviso il banco nei consigli di classe, si quei
professori che hanno alzato la mano per decidere insieme la promozione
di uno studente. Protestate ma ricordatevi che prima o poi potreste
trovarvi al loro posto e forse sarà troppo tardi per tutto!
Alcune frasi da me utilizzate sono di Pietro Calamandrei, tratte dal
sito: http://www.19luglio1992.com
Paolo Latella
Segretario Unicobas Scuola Lombardia
paolo.latella@alice.it