E’ un risultato a somma zero la somma tra fabbisogno di
nuovi insegnanti e precari in attesa di cattedre. Il ministero
dell’Istruzione sta ultimando in questi giorni la conta dei posti
disponibili nelle scuole italiane. La novità è che le cattedre libere
(circa 230 mila) saranno assegnate tutte ai 230 mila precari in attesa
dal 2007 di entrare in ruolo. I calcoli fanno presagire che questa
scelta provocherà un blocco d’accesso per almeno dieci anni, tempo di
esaurire l’ingresso la massa di abilitati venutasi a creare con il
sistema delle Ssis (Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento
Secondario), il cui accesso e frequentazione garantiva l’ingresso
automatico alle graduatoria per l’assegnazione delle cattedre.
Con la loro chiusura, avvenuta nel 2008, il reclutamento degli
insegnanti è divenuto un sistema anarchico che ha parcheggiato migliaia
di insegnanti in lista d’attesa per l’immissione in ruolo. L’immensa
schiera di precari che si prepara a usufruire di questa corsia
preferenziale messa appunto dal ministero, chiuderà dunque qualsiasi
strada a chi vorrà insegnare da qui a dieci anni. La decisione ha
suscitato critiche bipartisan da parte degli studenti universitari.
Francesco Magni, del Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio, ha
commentato: “Non possiamo condividere che il prezzo di questa
stratificata e annosa situazione lo debbano pagare unicamente i
giovani, cioè noi”.
Le tabelle che circolano parlano di un fabbisogno ( per i bienni
2012/13 e 2014/15) per le materie letterarie, per esempio, di un posto
in Piemonte, due in Lombardia, quindici in Toscana. Per matematica
rimangono liberi cinque posti in Liguria, quattordici in Emilia
Romagna. E’ questa l’unità di misura media delle cattedre disponibili
per i nuovi insegnanti dopo l’indulto del precariato. “È inaccettabile,
per non dire folle – continua Magni – la decisione di bloccare di fatto
le abilitazioni, cioè di salvaguardare unicamente i diritti acquisiti
di chi è già “all’interno del sistema”, impedendo l’ingresso di nuove
forze, di giovani motivati, preparati, desiderosi di costruire,
disposti anche a tutti i sacrifici necessari in questo tempo di crisi”.
La richiesta al ministro Gemini è che si tenga conto di tutte le
situazioni: “non si può annullare qualsiasi prospettiva da qui a 10
anni a chi appena laureato vorrebbe fare l’insegnante. La categoria dei
precari è protetta dai sindacati che hanno lottato in questi anni, noi
appena laureati e futuri laureati no”.
Il problema, secondo Giorgio Israel, ordinario di Matematica alla
Sapienza e presidente nel 2008 della Commissione al ministero
dell’Istruzione, è la mancanza di responsabilità politica: “Si
dovrebbero dire con chiarezza le scelta che si stanno facendo, invece
si lascia alle burocrazia il balletto dei numeri dei posti disponibili.
La formazione di insegnanti è un momento distinto dal reclutamento – ha
spiegato al Foglio.it – i criteri di reclutamento rientrano nelle
scelte politiche che spettano a chi è eletto e devono essere esplicite.
Qualcuno sarà sempre scontento, o i giovani o i precari, ma deve essere
chiara la scelta a monte. Anche se – ha poi spiegato – è impensabile
che la scuola non assumerà nessuno per dieci anni”.
Intanto la commissione ministeriale fa sapere che a giorni dovrebbe
essere pronto il nuovo sistema di abilitazione e reclutamento per le
giovani leve. L’idea è quella di agganciare bienni specialistici dopo
la laurea triennale in cui, oltre gli esami propri del corso di laurea,
si studiano materie propedeutiche all’insegnamento, come per esempio
psicologia, pedagogia. Il secondo step sono 475 ore di Tirocinio
Formativo Attivo (TFA), al termine del quale c’è l’esame per
l’abilitazione con punteggio. Dovrebbe essere attivo quest’anno, visto
che la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale risale al 31 gennaio, ma
l’emanazione dei decreti attuativi non è ancora ultimata.
Si sta attrezzando l’Università Statale di Milano, che ha iniziato a
disegnare i bienni specialistici per aspiranti professori delle medie
(per il liceo le materie sono di più specifiche e richiede più tempo la
creazione di una classe d’immissione). In attesa della predisposizione
di questi corsi di laurea ad hoc per chi vuole insegnare, è previsto
che per accedere alle cattedre libere si debba superare l’esame dopo il
TFA,. “Sono usciti i numeri delle disponibilità e sono bassissimi –
dice al Foglio.it Paolo Torri, rappresentante degli studenti di Lettere
nel consiglio didattico dell’Università Statale di Milano – si sta
pensando di fare un esame a livello statale, altrimenti ogni regione
dovrebbe allestire una commissione d’esame per due o tre posti da
occupare nella scuola. C’è anche da considerare che facoltà come
Lettere Filosofia o Matematica, avranno un drastico calo delle
iscrizioni, visto che viene a mancare uno degli sbocchi lavorativi
principali che queste facoltà offrono”.(da Foglio quotidiano di Giulia
De Matteo)
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