Leggo le notizie
di agenzia sulla manovra varata ieri. Per la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale bisogna aspettare probabilmente lunedì
prossimo. Conosciamo solo le oltre cento pagine della bozza che è
entrata al Consiglio dei ministri. Nessuno ha letto ancora il testo
approvato dal governo. Neppure il Sole24ore. Gli analisti economici
passeranno al setaccio il testo del decreto legge. Per me che non sono
un economista e vale la saggezza del proverbio antico: “Sutor, ne ultra
crepidam” (Ciabattino, non oltre le scarpe!). So però da fonte
sicura che la difesa dei conti di uno Stato non può essere
l’unico elemento per valutare l’opera di un ministro
dell’economia e finanze. Anche se a scuola dedico molto tempo all’
educazione civica, non voglio andare fuori dal mio
seminato.
In conferenza stampa,a proposito dell’Election day, il MEF Giulio
Tremonti ha dichiarato che è previsto l'accorpamento tra le elezioni
politiche o amministrative in un'unica giornata, “tranne i referendum
che per Costituzione vanno fatti in modo separato”. Ma quale
Costituzione cita? Non certo quella italiana. E non è la prima volta
che lo dice. Intervenendo alla trasmissione di Lucia Annunciata "In
mezz'ora" su Rai Tre. il ministro (avvocato e docente
universitario) aveva già esposto la sua tremontiade : «Accorpare
la data delle elezioni col referendum è contro lo spirito e la logica
della Costituzione: lo vieta la legge. Se c'è un meccanismo per
risparmiare sul referendum non è certo violando la legge. I costi,
andrebbero messi a carico di chi ha inventato il referendum: i
referendari sembrano sempre più una setta che fa delle cose che agli
italiani interessano sempre meno».
Secondo Giovanni Guzzetta, Tremonti dice
assurdità. «Quando afferma che l'election day abbinato al referendum
andrebbe contro lo spirito della Costituzione, probabilmente è
condizionato dalle frequentazioni leghiste. Sorprende che dopo Maroni
persino il ministro dell'Economia faccia adesso simili dichiarazioni da
ignorante, ovvero da persona che ignora non soltanto i fondamentali del
diritto costituzionale, ma anche ciò che le leggi vigenti dicono.
Da quando si sono sparse certe menzogne sulla presunta illegittimità
dell’election day non manca giorno in cui un presidente emerito della
Corte costituzionale non ci spieghi che sono soltanto sciocchezze”. Per
nostra fortuna Tremonti fa il ministro dell'Economia. Però, se conosce
così male la Costituzione come può pensare di fare una manovra che
rispetti la Carta fondamentale dello Stato? Come può fare l’interesse
della nazione?
In commissione Bilancio della Camera Tremonti
ha detto che bisogna inserire nella Costituzione Italiana il divieto di
contrarre debito pubblico. Dal 2015 l’Italia, il governo, il
Parlamento, le maggioranze, le Regioni, i Comuni non devono più
fabbricare debito pubblico. E quindi i sindacati, gli industriali, i
dipendenti pubblici, i commercianti, i comitati, i cittadini, i
movimenti, la società civile e l’arcipelago delle corporazioni devono
smettere di chiedere di crearlo quel debito. Chissà se i parlamentari
in quella Commissione ascoltando si sono resi conto che con quel
divieto dovrebbe cambiare i suoi connotati tutta la politica, tutto il
modo di raccogliere consenso e voti, tutto l’essenza della politica
attuale che è solo e soltanto distribuzione di pubblico denaro...
Il ministro usa un tono di comunicazione
rassicurante, apparentemente competente, ma il contenuto delle sue
affermazioni è di fatto ansiogeno e terrorizzante. Ad essere ottimisti
la ricchezza dell’Italia tenderà a ridursi, perché non corrisponde a
investimenti e non è vissuta come tale dagli italiani. Nei paesi che
circondano il sud dell’Italia ci si batte per la libertà e per non
morire di fame. Nei paesi a nord ci sono politiche per sconfiggere
l’obesità e le malattie da essa derivate. Noi stiamo in mezzo. Tremonti
fa sempre più il cattedratico e sempre meno il ministro. E mentre
propone una manovra di tagli che - secondo lui - permetterebbe
all’Italia di rispettare gli impegni assunti con l’Europa (“pareggio
del bilancio entro il 2014”) e pensa di ritoccare le pensioni, di
inasprire il prelievo fiscale e di potare il bilancio di molti
ministeri, il governo (compresa la Lega) vuol continuare la guerra in
Libia nonostante che il costo della missione internazionale è destinato
a salire vertiginosamente. Tremonti continua da anni a tagliare, non
sulle spese che vanno in direzione opposta all’art. 11 della
Costituzione, quanto piuttosto sull’occupazione degli insegnanti e del
personale amministrativo a tutti i livelli (in barba all’art. 1),
bloccando contratti, scatti, aumenti stipendiali fino al 31 dicembre
2014.
Aspettiamo “comunque” la Gazzetta Ufficiale.
Giovanni
Sicali
giovannisicali@gmail.com