Negli ultimi
dieci anni gli alunni con disabilità nella scuola italiana sono
aumentati di circa il 45%, superando la soglia di 200.000 nell’anno
scolastico 2009/10. E i docenti di
sostegno sono aumentati da 75.000 nel 2002/03 a 95.000 (dato ufficioso)
del 2010/11. I dati sono contenuti nel rapporto “Gli alunni con
disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte” che è stato
anticipato oggi alla stampa e che domani verrà presentato, nel corso di
un convegno, che vedrà presenti il presidente della Commissione
Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, Valentina Aprea, Maria
Letizia De Torre, segretario della Commissione Cultura Scienza e
Istruzione della Camera, il presidente dell’associazione Treelle
Attilio Oliva, il direttore della Caritas Vittorio Nozza e il direttore
della Fondazione Agnelli Andrea
Gavosto.
Il numero di alunni con disabilità per docente di sostegno è rimasto
nel tempo sostanzialmente stabile, oscillando fra 1,9 e 2 a livello
nazionale, con differenze territoriali. Il rapporto calcola anche la
spesa annuale totale che è stimata intorno a 4 miliardi di euro,
all’interno della quale le voci più significative sono le retribuzioni
dei 95.000 insegnanti di sostegno e i compensi erogati dagli enti
locali agli operatori e a figure esterne alla scuola (una stima
provvisoria è di circa 25.000 addetti).
Fra i costi indiretti, la riduzione del tetto massimo di studenti per
le classi con alunni con disabilità, che porta, almeno de iure, alla
formazione di nuove classi e un conseguente ampliamento di organico. Un
fenomeno interessante è il ritmo intenso di crescita degli alunni
stranieri con disabilità certificate: 20% dal 2008/09 al 2009/10,
rispetto al 7% dell’insieme degli alunni stranieri. Motivo di
preoccupazione è invece l’elevata mobilità degli insegnanti di
sostegno, superiore a quella dei curricolari: oltre il 40% degli
allievi con disabilità cambia insegnante di sostegno una o anche più
volte all’anno, con conseguenze, evidenzia il rapporto, negative per la
continuità didattica e l’efficacia del processo d’integrazione: il
fenomeno si spiega con la rigidità burocratica delle graduatorie degli
insegnanti di sostegno non di ruolo e con i meccanismi che hanno reso
il posto di sostegno un percorso privilegiato per l’ingresso in ruolo:
anche se dopo 5 anni, l’insegnante di sostegno può ritornare ad un
posto “normale”, con un’inaccettabile spreco, secondo gli autori del
rapporto, di risorse e di competenze.
Secondo le raccomandazioni del rapporto, inoltre, bisogna abbandonare
le rigidità e le incoerenze burocratiche delle procedure, a partire
dalla certificazione, che è compito delle Asl, mentre invece la
decisione sulle risorse spetta all’amministrazione scolastica:
l’integrazione, osservano i relatori, si riduce così a una
meccanicistica assegnazione di ore di sostegno, non sempre calibrata
sui bisogni reali.
In questa prospettiva, prosegue lo studio, vanno realizzati a livello
territoriale dei nuovi Centri risorse per l’integrazione, che
dispongano di insegnanti e personale ad alta specializzazione, e di
concerto con le scuole definiscano e coordinino le risorse finanziarie,
professionali e tecnologiche per l’integrazione, svolgendo anche
formazione e consulenza alle scuole, come pure una funzione di
“sportello unico” per le famiglie; vanno progressivamente superati
l”indissolubile binomio” alunno con disabilità certificato-insegnante
di sostegno, come pure la distinzione fra insegnanti di sostegno e
curricolari, mirando alla piena corresponsabilizzazione di tutti i
docenti, attraverso una generalizzata formazione in didattica; va
valorizzata l’autonomia delle scuole nella lettura dei bisogni e nella
progettazione degli interventi.
Lungo queste linee di riforma, conclude il rapporto, diventerà
realmente possibile quella collaborazione fra scuola, famiglia, servizi
sociali e sanitari, volontariato e terzo settore, comunità locale, che
oggi è carente e spesso impedisce la definizione e la realizzazione di
un autentico ‘progetto di vita’ per l’alunno con disabilità. (da
http://www.ivg.it)
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