La
discussione sul decreto-legge 70/2011 (“Semestre Europeo - Prime
disposizioni urgenti per l’economia”) - il cosiddetto decreto-sviluppo”
-, che sta per essere convertito in legge, ci dà l’occasione di
considerare due aspetti strategici per lo sviluppo del nostro sistema
educativo: il primo riguarda l’annoso fenomeno della precarizzazione
della scuola, senza risolvere il quale non è possibile il decollo di
nessuna vera riforma e, il secondo, la valorizzazione e il sostegno del
merito, che alla riforma dovrebbe fornire le ali per volare più in
alto.
1. Una risposta convincente al problema dei precari viene dal
piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale
docente, educativo e ATA per gli anni 2011-2013, sulla base dei posti
vacanti e disponibili già dal 2010-2011. Va sottolineato che
l’approvazione del piano delle assunzioni determinerebbe, in concreto,
la copertura quasi totale dei posti per il primo anno.
La precarietà degli organici ha responsabilità e radici ormai lontane
nel tempo che affondano in scelte politiche e sindacali miopi; il
disegno di legge è rivolto quindi ad un graduale superamento di questa
difficile realtà, e consentirà alle scuole di lavorare in modo più
certo in continuità didattica e progettuale e ad una parte dei docenti
di iniziare un percorso di stabilizzazione.
Per troppo tempo, infatti, i docenti precari sono stati costretti ad
inseguire cattedre e ore interrompendo di volta in volta percorsi già
avviati e - per altro verso - il continuo avvicendarsi di personale ha
compromesso il difficile rapporto costruito assieme ai ragazzi per
rendere efficace l’apprendimento.
Giova ricordare, a questo proposito, che il dispositivo di legge
dispone che i docenti possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione
provvisoria o l’utilizzazione in altra provincia solo dopo cinque anni
di effettivo servizio dal momento in cui vengono immessi in ruolo. In
più, l’aggiornamento delle graduatorie, oggi biennale, avverrà ogni tre
anni. Ciò vale, se non ad eliminare, almeno a contenere la piaga della
eccessiva mobilità docente, che si manifesta soprattutto nel Nord
Italia.
Dobbiamo, tuttavia, rilevare che il decreto non affronta il tema,
certamente delicato ma ormai improcrastinabile, del nuovo reclutamento
dei docenti collegato al percorso di formazione iniziale, ormai
prossimo all’avvio con i Tirocini Formativi Attivi (TFA).
Non si prefigura, infatti, alcun ruolo delle scuole nello scegliere i
propri docenti: ruolo che viene ormai riconosciuto a tutte le
latitudini, se è vero che non solo in molti paesi occidentali evoluti
ma anche in Cina - Shanghai è prima assoluta nella classifica Pisa - le
scuole hanno l’autonomia (potere) di assumere gli insegnanti. Il punto
di forza di questa scelta, semplice e pure tanto difficile da
riconoscere, è che non tutti i docenti sono adatti allo specifico
progetto della scuola, né sono intercambiabili le storie professionali
e i percorsi che portano alle competenze personali o, più precisamente,
alle persone competenti. È qui che rischia di rompersi la catena
tayloristica che vorrebbe ancora legare il vecchio modo di fare scuola
agli incalzanti cambiamenti del mondo attuale, che non ammette
fallimenti sulla formazione del capitale umano.
Rilanciamo, per questo, ancora una volta la nostra proposta di accesso
ad albi regionali dei docenti abilitati a seguito della frequenza con
profitto dei TFA e conseguente assunzione da parte delle reti di
scuole, chiamate a valutare la corrispondenza tra le competenze
riconosciute dei docenti e la congruità di queste con il progetto
formativo delle scuole. Soltanto quando si avvierà questo processo sarà
possibile richiedere alle scuole di rispondere della loro efficacia
educativa secondo principi di accountability.
2. Una nota positiva viene, invece, da un’altra questione toccata dalla
legge in cantiere: si tratta del Fondo per il merito, in primis rivolto
agli universitari ma estensibile agli studenti delle scuole superiori.
Nasce, appunto, in attuazione della legge 240/2010 sull’università e
propone la creazione di una Fondazione costituita da attori pubblici e
privati, uniti per la prima volta nel promuovere l’eccellenza, la
cultura del merito e la qualità.
A quanti oppongono obiezioni a questa apertura ai privati, come
testimoniano le posizioni assunte nel dibattito parlamentare dai gruppi
d’opposizione, ritenendola inopportuna e foriera di disinvestimento da
parte della Stato, potremmo citare l’esempio di molti altri paesi nei
quali, al contrario, questo modello viene seguito e produce risultati
di allargamento del diritto allo studio.
In Ungheria, ad esempio, dopo il crollo del regime, si è iniziato a
realizzare un sistema di diritto allo studio del tutto affidato ai
privati. Un meccanismo ormai collaudato da decenni, che vede la società
civile farsi carico dei suoi alunni migliori. Li sostiene con un
robusto circuito di prestiti d’onore che sono puntualmente restituiti
dai giovani alla medesima fondazione con i guadagni delle prime
attività professionali.
Vale la pena di ricordare che per l’attuazione del dispositivo in
Italia già per l’anno 2011 saranno stanziati da parte dello Stato 10
milioni di euro, 1 dei quali per la costituzione del fondo di
dotazione.
La Fondazione instaurerà rapporti con omologhi organismi in Italia e
all’estero. Nel suo comitato consultivo confluiranno rappresentanti dei
donatori e degli studenti ma, in considerazione della preziosa
esperienza fin qui dimostrata dai collegi universitari, appare quanto
mai opportuno che vi sia ammesso anche un loro rappresentante. La
Fondazione avrà personalità giuridica di diritto privato, mentre le sue
attività saranno assoggettate alla vigilanza del Miur, del ministero
dell’Economia e del ministero della Gioventù che approveranno gli atti
dell’organo deliberante interno.
Proprio sul tema degli studenti eccellenti siamo indietro in Europa,
perdendo colpi rispetto ad altri competitors che ne fanno, invece, un
mirato investimento per la propria economia. Solo a livello secondario,
tra il 2000 e il 2009 rimangono invariate in Italia le percentuali Pisa
di Top performers che, invece, crescono molto nei paesi dell’Estremo
oriente.
Siamo, probabilmente, di fronte al primo importante passo di un
percorso che ci farà transitare verso un’istruzione dotata di maggiore
attenzione ai percorsi individuali di qualità su cui sono chiamati ad
investire non solo i soggetti istituzionali, da sempre deputati a
questa missione, ma anche la società civile e il mondo produttivo.
Sappiamo che è ancora poco, ma ci piace pensare che la Fondazione per
il merito con queste caratteristiche possa essere il viatico giusto per
il passaggio dalla Big School alla Big Society. (da
www.ilsussidiario.net)
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