La
valutazione è il grande tema con cui la scuola italiana si sta
confrontando tra molte resistenze, una buona dose di interesse e la
consapevolezza ormai acquisita da molti addetti ai lavori che la strada
sia imboccata e indietro non sia ragionevole tornare. E «La sfida della valutazione» è il titolo
del convegno internazionale che la Fondazione per la Scuola della
Compagnia di San Paolo ha organizzato a dieci anni dalla prima indagine
Ocse Pisa 2000, in corso da ieri a Torino Incontra. «L’obiettivo
è fare il punto sulle priorità e gli interventi in tema di valutazione
e sull’uso che se ne può fare per migliorare il nostro sistema
formativo», ha spiegato Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione
per la Scuola che con il convegno celebra i dieci anni di attività. (di
Maria Teresa Martinengo da lastampa.it)
Già nella prima giornata numerosi sono stati gli stimoli per i
dirigenti scolastici, i ricercatori e i docenti arrivati a Torino da
tutta Italia. Come l’analisi dei risultati ottenuti da alcuni paesi
dell’Ocse Pisa, presentata da Andreas Schleicher della Direzione per
l’Istruzione Ocse. Tra gli altri, Schleicher ha concentrato
l’attenzione sulla Corea, la Finlandia, la città di Shangai, la Polonia
(dove in 10 anni è quintuplicato il numero degli iscritti
all’Università), realtà dove i governi hanno introdotto riforme di
sistema ed investimenti che in pochi anni hanno prodotto risultati
importanti in termini di successo scolastico. L’Italia? «Negli ultimi
anni ha migliorato i suoi risultati in Pisa. Ma ragionando sulle
condizioni economiche generali è abbondantemente al di sotto delle sue
potenzialità», ha detto l’esperto tedesco. In effetti, le situazioni in
cui si è verificato un netto miglioramento sono quelle «in cui le
politiche sono state mirate ad investire in qualità, pagando meglio i
migliori insegnanti e convincendoli ad andare nelle peggiori scuole.
Gli insegnanti accettano le sfide più difficili se sanno di essere
sostenuti da politiche serie».
Attenzione, però, ha messo in guardia il super-esperto: «Non è solo
questione di spendere per far sì che i giovani raggiungano il successo
scolastico e, di conseguenza, lavorativo, ma di come si spende». La
Corea, per esempio, ha puntato sulla formazione continua dei docenti,
non sulle classi piccole. «In Lussemburgo, che come l’Italia ama le
classi piccole, l’istruzione è molto costosa, gli insegnanti non sono
pagati bene e il sistema non è di qualità». Una riforma che ha
cancellato le piccole scuole e ha dato forza alla qualità della
formazione è avvenuta in Portogallo.
Indispensabile in questo quadro guardare, dunque, come ha fatto Eric
Hanuschek, docente della Stanford University, al «costo dell’ignoranza,
al rapporto chiarissimo rilevato tra i tassi di crescita dei paesi Ocse
e i risultati delle rilevazioni Pisa». Norberto Bottani, già direttore
dello SRED di Ginevra, ha analizzato le circostanze della valutazione,
le ragioni delle resistenze, sottolineando anche come «spesso la
valutazione sia utile a chi detiene il potere». Bottani ha poi
ricordato che un sistema efficiente di valutazione «costa e non si
improvvisa. Non è concepibile incaricare insegnanti di svolgere questi
compiti».
I lavori, presieduti da Luisa Ribolzi, riprendono stamane alle 9,30 con
le relazioni di Mimma Siniscalco, Piero Cipollone, Luciano Abburrà,
Melania Rudin. Alle 14,30 - presiede Lorenzo Caselli - interventi di
Daniele Checchi, Olaf Koeller, Lucrezia Stellacci. Conclusioni di Anna
Maria Poggi.
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