La protesta di
Bologna non ha precedenti: un digiuno a staffetta che durerà una
settimana.
Tra i primi ad aderire l'attore Ivano Marescotti. Nel mirino non solo
la Gelmini, ma anche l'ufficio regionale che ha imposto la riduzione
del numero dei docenti
Per la prima volta in Italia, a Bologna un’ottantina di persone
tra insegnanti e genitori hanno iniziato uno sciopero della fame a
difesa della scuola pubblica, per protestare contro i tagli che, a loro
detta, stanno portando alla fame le scuole dei loro figli.
Oggi sono arrivati al sesto giorno della loro mobilitazione, per un
totale di 112 ore di digiuno, che viene portato avanti a staffetta.
“Invece di fare il classico sciopero sacrificando due persone – spiega
Giorgio Zappoli, uno dei genitori già a digiuno – abbiamo pensato che
era importante che partecipassero molte persone”. Così hanno
organizzato quattro turni da sei ore al giorno per sette giorni.
L’adesione, dopo l’inizio della protesta, è stata altissima e i turni
sono coperti da più persone contemporaneamente.
Lo sciopero della fame si concluderà giovedì 26, giorno in cui si terrà
una manifestazione, alle 17, sempre nel luogo in cui è organizzato il
presidio, in via de’ Castagnoli, accanto alla sede dell’Ufficio
Scolastico Regionale. “Abbiamo chiamato a raccolta tutti i sindaci e
gli assessori della provincia di Bologna”, spiega Giovanni Cocchi, uno
dei leader dei genitori bolognesi da anni in lotta contro le politiche
del ministro Gelmini.
Al presidio, colorato e pieno di materiale informativo, molte sono le
testimonianze di solidarietà e le persone che si fermano, per dare il
proprio appoggio, chiedendo che cosa si può fare per contribuire alla
protesta. Il quaderno in cui raccolgono le firme e le frasi di chi si
ferma si sta riempiendo pagina dopo pagina: parole di sostegno, sì, ma
anche tanta indignazione per gli attacchi alla scuola pubblica e per la
situazione italiana.
“La vostra protesta restituisce dignità a questo Paese”, o ancora “un
taglio alle scuole è un taglio alla democrazia.”
Firmano tutti, dai ragazzini delle medie (“vorremmo andare alle
superiori”, dicono) ai pensionati, passando per gli studenti
universitari e i precari. “Ha firmato anche l’ex rettore
dell’Università di Bologna, Pier Ugo Calzolari”, raccontano al presidio.
La solidarietà arriva anche dal mondo dello spettacolo e della cultura.
Tra i primi a digiunare l’attore Ivano Marescotti, bolognese e padre di
una bimba. È lui, cartello appeso al collo (che significa che è il suo
turno di digiuno) a declamare alcuni versi di Piero Calamandrei a
difesa della scuola pubblica, mentre decine di persone, soprattutto
studenti della zona universitaria si fermano incuriositi a osservare
l’allegra protesta.
“Abbiamo richiesto un incontro all’Ufficio scolastico regionale. Per
adesso non abbiamo avuto ancora una risposta ufficiale, ma speriamo,
entro giovedì, di riuscire a far ascoltare le ragioni della nostra
protesta”, spiega Roberta, madre, nel suo turno di digiuno. “Chiediamo
che il tempo pieno non venga smantellato. Se non ci saranno 55 posti in
più per gli insegnanti nella provincia di Bologna, il tempo pieno
scompare.”
“Molta gente non è a conoscenza della situazione della scuola pubblica,
vedono la nostra protesta, si avvicinano e si informano. E subito ci
danno il loro appoggio”, continua Roberta. “Insegnanti e genitori ci
danno la loro testimonianza e ci raccontano le loro esperienze.”
I temi in campo sono molto seri. I tagli riguarderebbero in Emilia
Romagna quasi 900 insegnanti, mentre il numero degli alunni, sempre
secondo i dati forniti dagli organizzatori, è salito di oltre 5.000
unità. Giovanni Cocchi accusa l’Ufficio scolastico regionale di aver
recentemente venduto una bufala che ha illuso insegnanti e genitori.
Alcuni giorni fa l’annuncio: in arrivo in regione 200 posti di
insegnamento. “Falso. Questi 200 posti sono stati contati in questo
modo: l’Ufficio scolastico regionale emiliano romagnolo, per rispettare
i bilanci ha spostato 200 insegnanti dall’organico di fatto
all’organico di diritto”. Tradotto, secondo i manifestanti: questi 200
posti erano già previsti, vengono solo stabilizzati. “Il saldo è uguale
a zero insegnanti in più”, denuncia Cocchi. “Sarebbero stati utili
invece avremo delle classi pollaio, pericolose. Mettiamo i nostri figli
in aule dove già sono in pericolo quando sono in 25, figuriamoci se ne
stipiamo 27 o 28!”.
Intanto il Coordinamento dei presidenti dei circoli d’istituto, che
rappresentano ufficialmente genitori e insegnanti, cercherà di
incontrare il prefetto e il comandante provinciale dei Vigili del
fuoco. Se sarà necessario, promettono, arriveranno anche a fare denunce
alla Procura della Repubblica. “L’Ufficio scolastico regionale fa i
tagli – dice Cocchi – poi la responsabilità rimane nelle mani dei
dirigenti scolastici che sono lasciati in frontiera”.(da
http://www.ilfattoquotidiano.it)
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