Cara/o Collega,
vorremmo condividere alcune riflessioni sul rapporto fra le funzioni di
noi Dirigenti, l’attività dell’Istituto Nazionale per la Valutazione
del Sistema di Istruzione (INVALSI) e l’investimento, economico e di
governo, messo in atto dal Superiore Ministero sulla valutazione del
sistema medesimo, di cui l’Istituto è - per effetto normativo -
incaricato.
Ci riferiamo: alla rilevazione censuaria sulle abilità e sulle
conoscenze nella scuola primaria, secondaria di I e di II grado;
all’esame di fine primo ciclo dell’istruzione; alla ventilata
valutazione dei docenti con effetto premiale.
Un quadro così ampio d’ indagine a cura dell’INVALSI, all’interno del
mandato istitutivo, finalizzato alla valutazione del sistema
dell’istruzione, i cui scopi dovrebbero consistere nel miglioramento in
termini di efficacia di intervento, di efficienza organizzativa e di
razionalizzazione nell’uso delle risorse, pensiamo chiami in causa
almeno tre livelli di riflessione da parte nostra: 1)caratteristiche di
complessità del sistema; 2) problematicità degli effetti
dell’operazione; 3) protagonismo del personale scolastico, Docente,
ATA, Dirigente, fra obbligatorietà e richiamo alla collaborazione.
Senza indagare ogni livello singolarmente, vorremmo portare la Tua
attenzione su qualche aspetto che tutti li incrocia e approfondirne
uno: il 3°, che costituisce argomento di indubbia attualità.
Il sistema-scuola non è una macchina banale, non è un sistema chiuso a
funzione retroattiva. Ogni elemento di esso produce, con le sue
oscillazioni, comportamenti adattivi e accoppiamento strutturale con
altri elementi, sia interni al sistema, sia tipici dell’ambiente in cui
è immerso. Quel che si genera non è mai la somma delle parti, semmai un
prodotto che si definisce qualità emergente. I sistemi complessi, come
si sa dalla letteratura di riferimento, possono essere utilmente
valutati mediante studi naturalistici e non attraverso strategie
statistico-inferenziali. Forse,noi diremmo, in modo misto, dove non si
tralascia la prima modalità. Se consideriamo che attraverso il suo
operato, l’INVALSI si è dato il compito più modesto di valutare solo
alcune componenti del sistema, solo alcune prestazioni di esso, rimane
da chiarire qual è la ratio nella scelta, quali siano i parametri
utilizzati per questo tipo di descrizione e come i risultati possano
poi essere significativi per la valutazione del sistema nel suo
complesso. Non è dato sapere a quali oscillazioni non controllabili
verranno sottoposte queste parti del sistema, visto che ogni
osservazione modifica il fenomeno osservato. Non è dato sapere come se
ne valuterà l’impatto complessivo, in fase di restituzione, quali
decisioni di natura politica essa è destinata a produrre.
Fra i fattori di sistema in grado di influenzare il suo comportamento
complessivo, individuiamo: i contesti socio-culturali che, nel caso
italiano, rappresentano una realtà fortemente variegata; gli stili di
insegnamento, che sappiamo essere molto diversi fra ordini di scuola,
nell’ambito dello stesso ordine, all’interno dei team-teaching. Non
crediamo basti un questionario, a risolvere questo problema. Non
crediamo che la richiesta-dati sul contesto socio-famigliare e le
informazioni routinarie sulla scuola, soddisfino la necessità di
lettura articolata dei fenomeni che inquadrano i processi di
insegnamento/apprendimento.
Sicuramente, i costi di una operazione più ampia sul piano teorico e
pratico diventerebbero eccessivi, a fronte del fatto che già il più
modesto compito attualmente intrapreso, rappresenta un investimento
elevato, in tempo di ristrettezze economiche di ogni tipo operate nel
Paese, nella scuola in particolare.
Nel merito, relativamente ai campi di intervento dell’INVALSI, vorremmo
richiamare la Tua attenzione sull’operazione di testing nei diversi
ordini e sulla prova finale del primo ciclo dell’istruzione. In
entrambi i casi è iniziata una solerte campagna da parte del mercato
editoriale per indurre l’acquisto, da parte delle famiglie, di libri
che preparano all’esecuzione dei test, con un netto depauperamento
degli aspetti educativi e didattici di ampio raggio, con un
condizionamento delle scelte dei docenti, finora operate nello spirito
di quanto previsto dall’art 33 della nostra Carta Costituzionale e,
soprattutto, legate ai contesti e alle caratteristiche dei discenti.
Un’altra deviazione di tipo aziendalistico è prodotta dall’uso di
immagine dei risultati delle prove che crea un’assurda competizione fra
scuole pubbliche, con un indebolimento proprio dell’aspetto di equità
nell’offerta formativa, come diritto del cittadino, indipendente-mente
dalla scuola scelta per i propri figli.
Competizione che, come ventilato, potrebbe dar corso ad una diversa
distribuzione di risorse a parte del Ministero. Ancora, come sappiamo,
la prova alla fine del primo ciclo condiziona fortemente, in una sola
mossa valutativa, un processo di apprendimento lungo otto anni, durante
i quali i docenti hanno potuto valutare abilità, competenze,
prestazioni cognitive complesse e li esonera dal compito valutativo
sull’intero processo.
Gli interventi mediatici dei rappresentanti del Governo, nello
specifico degli Onorevoli Ministri dell’Istruzione e dalla Funzione
Pubblica, si sono concentrati sulla necessità di effettuare nella
scuola italiana un operazione di razionalizzazione e di implementazione
dell’efficacia dell’insegnamento, oggi messo in forse dalla scarsa
preparazione degli insegnanti, il cui numero sarebbe eccessivo.
In questi interventi viene operato un collegamento fra i risultati
delle rilevazioni degli apprendimenti e la valutazione della qualità
dell’insegnamento, con l’introduzione ipotetica di un effetto premiale
sui docenti. Come evidente si tratta di ulteriori fattori di
depressione su una categoria già in sofferenza, lasciata per troppi
anni a curare in modo individuale e volontario la propria preparazione,
a fronte di livelli stipendiali fra i più bassi d’Europa.
Giancarlo Della Corte, d.s. dell’I.C. “Francesco Ciusa” di Cagliari -
Renata Puleo, d.s. del Primo C.D. “Pietro Maffi” di Roma - Gian Pietro
Demurtas, d.s. dell’ITCG “E. Mattei” di Decimomannu - Roberto Cogoni, I
I. S. di Terralba-Mogoro-Ales (Oristano).
Gent.mi colleghi,
ci sorprende questo appello al sabotaggio delle prove Invalsi perché
riprende tesi sostenute già da ambienti sindacali di contrasto e
alternativi.
Difendere vecchie posizioni ideologiche che mettono ancora al centro
gli organi collegiali in contrasto con i nuovi poteri che la riforma
assegna ai dirigenti, significa inquadrare ancora la professione
all’interno di cornici non più attuali e vigenti. Senza parlare poi
della parte introduttiva della memoria che tende a giustificare
un’inadempienza mascherata in maniera incomprensibile. Si pretende
ancora da parte vostra di tenere il nostro paese fuori dagli schemi
dell’OCSE e dalle metodiche che portano alla valutazione internazionale
degli apprendimenti OCSE-PISA; insomma una posizione da retroguardia.
Meraviglia non poco che dei Dirigenti del MIUR operino per far fallire
un’importante iniziativa di valutazione e di collegamento al resto
d’Europa, da parte del Ministero dal quale dipendono. Un conto è
esercitare critiche da opinionisti o da cittadini al fine di migliorare
il servizio pubblico, altro conto è qualificarsi dirigenti e
contrastare il proprio ministero. Un conto è affermare da giornalisti
che il Governo sbaglia a non colmare i vuoti d’organico nelle direzioni
generali o a non dare indicazione sui tempi di attuazione dei nuovi
indirizzi della scuola superiore, altro contro è dire da dirigenti
scolastici che l’INVALSI porti avanti iniziative di tipo
aziendalistico, tentando di convincerei colleghi a interpretazioni
opposte sul ruolo decisionale dei collegi dei docenti, opposte a quelle
dell’Avvocatura dello Stato e del Ministero. Spiace che chi di dovere
non intervenga decisamente, permettendo che la scuola statale continui
a precipitare nell’anarchia.
Cordiali saluti
Roberto Tripodi, robertotripodi@virgilio.it,
3473904596, Presidente regionale ASASi
Salvatore Indelicato s.indelicato@tin.it
330365449, vicepresidente ASASi