Ma com’è che Berlusconi
ce l’ha così tanto con la scuola pubblica? In un certo senso è
confortante: deve avere una certa importanza quello che accade
nelle classi se viene attaccato tutti i giorni con questa violenza.
Come il 68 per la Gelmini. Giganti del male, ma giganti. E il loro male
sono i fiori di noi umani.Spesso gli insegnanti si lamentano, che ci
stiamo a fare nella scuola ormai, per i ragazzi siamo arredamento, per
la società zero assoluto. E invece siamo quasi in cima ai pensieri del
premier, uno dei suoi incubi – dopo la magistratura ovviamente. Che sia
perché in classe abbiamo un sacco di ragazze? Un’istituzione
concorrente, che rischia di allontanare le fanciulle in fiore
dall’ombra delle ginocchia giuste… Non credo. Le ragazze che abitano le
nostre classi sono tutt’altro che manipolabili a piacere. Sono loro
anzi che danno un bel po’ di vita alla scuola: anche se mandano spesso
avanti le loro controfigure scolastiche, poi ci portano anche domande,
dubbi, desideri. Forse è proprio questo lo scandalo. La vita fuori dal
controllo degli adulti e del denaro. Non in vendita. Come la democrazia
che può sfuggire al potere
patrimoniale.
In parlamento trecento e passa adulti votano che il presidente
del consiglio ha dato un mare di soldi a una ragazzetta per evitare che
si prostituisse e poi che ha telefonato in questura perché la credeva
nipote di Mubarak. Ci credono, dicono. Quella mattina nella mia scuola
la palestra era piena di un migliaio di ragazze e ragazzi che hanno
ascoltato Piero Grasso parlare di mafia. Non hanno fiatato per due ore.
Un silenzio che era un abbraccio dell’anima. Hanno chiesto di stato e
corruzione, di Berlusconi e Saviano, di come ci si sente con la
famiglia in pericolo per le proprie scelte. Lui ha raccontato della sua
vita, il rapporto con il figlio, quello con la scorta, il ricordo di
Falcone e Borsellino. Di una voce al citofono di casa mentre il ragazzo
è in palestra: i figli si sa quando escono ma non quando tornano. Alla
fine tutti in piedi ad applaudire. Altro che generazione nichilista. I
nani e le ballerine sono tutti alla corte del signore. In parlamento.
Distruzione di democrazia a mezzo di democrazia.
Io penso che alla fine sia un problema di spazio. Il berlusconismo non
sopporta gli spazi pubblici, i luoghi della democrazia, del confronto,
della libertà. Nella pluralità si perde, ha bisogno dell’Uno, al
massimo prevede uno specchio e il pubblico televisivo. In una azienda
il proprietario mica discute con i dipendenti: per le feste gli
consegna un bel dono, personalizzato come il porta-champagne nelle
casette de L’Aquila. Qualcosa che lo faccia amare. Perché l’amore è
importante, dei subordinati. Tutto il resto è comunismo.
Secondo me gli insegnanti della scuola pubblica lo sanno di essere in
gioco in quanto tali. Non per quello che insegnano di conflittuale con
i valori della famiglia. Figuriamoci. Valori proposti luminosamente dai
padri che mandano le figlie ad Arcore – speriamo che sia lei la
fidanzata, che le compri un negozio, fatti dare il più possibile cara.
O da quell’altro che per aiutarle le fa ballare vestite da infermiere,
nelle serate eleganti.
La verità è che, in un modo o in un altro, la scuola è ancora uno
spazio pubblico, un campo di relazioni vive. Aperto. Un luogo in cui si
cessa di essere proprietà di qualcuno, oggetto passivo di scelte
altrui. Questo in fondo dice Berlusconi alle famiglie: lì ve li tolgono
i figli, escono dalla vostra proprietà, non potete scegliere i loro
amici, controllare i loro pensieri, decidere la loro vita. Potete
continuare a possederli solo nelle private, libere dalla società. La
scuola deve essere il giardinetto di casa, la città del Truman show,
mica un bosco o un paesaggio da esplorare.
Il modello di democrazia di Berlusconi è un modello proprietario. Tutto
si può e si deve possedere. Corpi, ville, deputati, voti.
Allora è vero che molti colleghi sono depressi. Ti dicono, che possiamo
fare, a che serve scioperare, in piazza ci siamo già stati. Per molti
la regola è ubbidire lamentandosi. Comoda, tutto sommato: ti salvi
l’anima, non ti assumi responsabilità.
Ma invece no. Possiamo fare. Intanto continuare ad essere scuola, in
quel modo che tanto inquieta il porno-familismo al potere. Continuare a
coltivare la sabbia che c’è sotto il selciato, che può disturbare gli
ingranaggi. Una scuola che non trasmette nulla nelle teste passive di
nessuno, ma rappresenta una possibilità della vita fuori dalle chiese
private e dai supermercati di massa. Poi sarebbe bene diventare
consapevoli, anche orgogliosi, di questa qualità politica della scuola
e del sapere. Sono radici del resistere, l’esistere e il creare.
Il 6 maggio è un giorno importante per gli insegnanti. In piazza ci
sarà la cultura, la democrazia, la Costituzione, la laicità. Cioè la
scuola. Che pure così sgangherata fa paura, perché niente deve sfuggire
ai consigli per gli acquisti e alle strategie di vendita di sé. Sarebbe
uno scandalo. Primo compito nostro è continuare ad essere quel pubblico
scandalo. Fare vivere quello spazio come sottrazione al potere, come
esperienza di ricerca e libertà collettiva. Tutto il resto è
berlusconismo (di Andrea Bagni da Flc-Cgil)
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