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Umanistiche: Cittadini privi di sana e robusta costituzione a causa della diseducazione civica.

Redazione
Abbiamo un meraviglioso articolo 1° nella Costituzione, la Carta fondamentale dello Stato: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ma nei bar dello Sport, ai quattro canti dei paesi, negli scompartimenti dei treni, nelle sale d’aspetto del medico di base…i discorsi si rincorrono in fotocopia: la Repubblica è delle banane (dicessero almeno del ficodindia!), la democrazia assomiglia a una “democratura”, il lavoro è fondato sul precariato e il popolo è senza sovranità. Insomma, (secondo l’opinione pubblica) non godiamo più di una sana e robusta costituzione. Nel febbraio 2009 il Cavaliere dixit: “La Costituzione è filosovietica”.
 Ed io mi chiedo ancora come hanno fatto 100 comunisti su 500 padri costituenti a far votare all’unanimità la Carta! Ma Lui continua a smantellarLa a suo uso e consumo. Ogni giorno è “un abisso che richiama un altro abisso” (Salmo 42,8). E andrà sempre peggio: dal momento che, se prima nell’istruzione pubblica l’Educazione civica era una Cenerentola, con la riforma “epocale” della Gelmini persino la tanto sbandierata “Cittadinanza e Costituzione” è scomparsa, approdata nell’isola che non c’è, dove prosperano le vane promesse e le allettanti illusioni governative. Si vuole abolire dalle aule scolastiche la conoscenza civica, la logica e il dibattito delle idee per governare sull’ignoranza.
L’ultima beffa deriva dall’uso spropositato di due termini latini: Referendum e Quorum. Il primo sta diventando sinonimo di mera consultazione, il secondo è ridotto a un numero fisso.
1. Gli abitanti del Tevere assegnavano al modo “gerundio” un tempo indefinito però con una connotazione e un significato preciso di cogente necessità, obbligo e dovere. Sono arrivati i nuovi “bravi” del governo del fare e stanno smantellando i diritti del popolo erede dei latini: “Referendum non est, non s’ha da fare!”.  Questa è una contraddizione in termini, un ossimoro illogico e irrazionale,  da sottocultura. Dal verbo “Rèfero” nasce una famiglia di parole italiane. C’è il referto dell’arbitro dopo un incontro, esiste il referto medico, si fanno le relazioni scritte, e c’è il referendum popolare. Che si esprime senza tanti paroloni e tecnicismo, ma con un sì o un no ad un quesito. Si tratta di una vera e propria votazione elettorale come previsto dall’articolo 48 della Costituzione:  “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. E l’art. 75 impone: “È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. (…)La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”.
2. Quorum è il genitivo plurale del pronome personale “relativo”, riferito quindi a persone. Non può essere tradotto e ridotto ad un numero. Il Quorum è diventato invece l’arma più sottile per l’ostruzionismo e la presa per i fondelli della volontà popolare. I referendum non abrogativi celebrati in Italia sono 4 e per questi non era previsto il Quorum di validità. Al Referendum istituzionale del 1946 il popolo era chiamato a scegliere tra monarchia (10.718.502) e repubblica (12.718.641) e votò l'89,1% degli aventi diritto. Nel Referendum consultivo del 1989 sul Parlamento europeo si presentarono l'80,7%. Il Referendum costituzionale del 2001 confermò (con la partecipazione del 34,1%.) la modifica del Titolo V della Costituzione votata esclusivamente dal centro-sinistra . Il Referendum costituzionale del 2006  bocciò la modifica della Parte II della Costituzione, votata dal centro destra. Si espressero il 53,6% degli aventi diritto . I referendum abrogativi in Italia, dal 1974 ad oggi, sono 62 di cui 24 non validi per non avere raggiunto il quorum. Al quesito referendario abrogativo sul divorzio votarono l’87,7% degli elettori. Mentre l’affluenza più bassa è stata del 25,3%  sul premio di maggioranza alle elezioni politiche. Il grafico della partecipazione popolare ai referendum è in discesa costante dal 1995, inizio dell’ era berlusconiana.
I referendum del 12 e 13 giugno prossimo, potrebbero essere cancellati con un broglio politico e con un trucco mediatico. Luca Telese ne Il Fatto Quotidiano (23 aprile 2011) scrive: “B. è presidente del CONIGLIO! Ha paura, ha terrore del Referendum sul legittimo impedimento, teme il giudizio degli elettori. Adesso il principale nemico delle idee del berlusconismo é Berlusconi stesso. Ha abrogato con un tratto di penna la trovata più importante della sua campagna elettorale: il ritorno al nucleare. E’stato costretto a disinnescare il più importante (nonché impopolare) dei suoi provvedimenti legislativi, quello che puntava a trasformare anche l’acqua in un mercato speculativo”. Il vecchio prof si ricorda che il Duce ebbe un larghissimo consenso, ma tolse le libere votazioni per un Ventennio. E’ vero il detto: Vox populi, vox Dei. Solo che Dio è troppo silente mentre il popolo è spesso costretto all’afasìa. L’unico che in Italia parla troppo… racconta barzellette sconce. E ormai le statistiche e i sondaggi (più o meno di parte) stanno sostituendo le schede elettorali.
L’art. 139, che chiude la Costituzione, sbarra la strada ad ogni eventuale deriva istituzionale sia parlamentare che populistica referendaria: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Con questo ultimo articolo, che sembra limitare la libertà, c’è la difesa ad oltranza dei valori e dei diritti democratici. La repubblica riguarda il bene comune e non si rivolge mai ad personam.

 Giovanni Sicali
 giovannisicali@gmail.com








Postato il Lunedì, 25 aprile 2011 ore 10:00:00 CEST di Giovanni Sicali
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