Per carità, non
chiamateli tagli alla scuola e all'università, sono solo «minori spese»
per 4,5 miliardi di euro nel 2012, 4,5 miliardi per il 2013 e per altri
4,5 miliardi nel 2014. Sono le cifre stampate nella tabella
contenuta nel Documento di economia e finanza (Def) che è stato
presentato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti l'altro ieri a
Bruxelles. Li possono osservare tutti su internet, mentre il
vicesegretario Pd Enrico Letta li sventola in faccia al ministro
dell'Istruzione Mariastella Gelmini nel corso di Ballarò andato in onda
martedì su
Raitre.
Uno scoop clamoroso che ha fatto sorridere un Letta beffardo e pugnace,
mentre la Gelmini saltava come un grillo dalla sua poltrona. «Non sono tagli, Tremonti me lo avrebbe
detto! Lei Letta, vuole creare inutilmente del panico». Abituata
a mettere la polvere sotto il tappeto e a recitare a soggetto, grazie
al suggerimento di un occhialuto collaboratore seduto dietro di lei, il
ministro Gelmini si è affrettata a dire che queste cifre sono «cifre
computate rispetto al 2008». Abbiamo verificato sul sito del ministero
dell'Economia dov'è possibile consultare il Def.
E in effetti è vero, la cifra di 13,5
miliardi per il prossimo triennio somma i tagli della legge 133 del
2008. Ma c'è un punto da chiarire. Rispetto alle cifre
conosciute, a decorrere dal 2012 c'è uno scarto di almeno 600 milioni
all'anno. E non è chiaro dove il governo prenderà queste risorse, ma di
sicuro sta pensando ad un'altra operazione ragionieristica che farà
crollare il sistema dell'istruzione pubblica a favore di quello privato
tanto caro al Presidente del consiglio Berlusconi.
Nella scena madre di Ballarò non è stata purtroppo menzionata la
notizia più devastante. Abbiamo
appreso che nel prossimo trentennio il governo ha deciso che la
ricchezza prodotta verrà progressivamente spostata dall'istruzione
pubblica a settori di spesa non ancora precisati. La quota attuale del
Pil impegnata nella scuola e nell'università è del 4,2 per cento,
calerà al 3,7 per cento nel 2015 per raggiungere il 3,2 entro il 2030.
Siamo certi che a questo punto persone ben informate, e competenti, si
sono già messe al lavoro per quantificare la cifra. Quello che ad oggi
possiamo dire è che i «risparmi» (cioè i tagli) previsti sono
senz'altro più alti di quello che si legge nel Def. Nell'immediato il contenimento della spesa
provocherà la progressiva riduzione degli stipendi degli insegnanti e
dei ricercatori che sono già oggi i più bassi d'Europa.
Il Def conferma inoltre che gli scatti
stipendiali congelati da Tremonti nella manovra estiva del 2010 non
verranno restituiti nel 2013 e che per il personale della scuola non è
previsto alcun rinnovo del contratto.
Ma non è finita qui. Nel testo si continua ad affermare una falsità. Si
parla ancora di un reintegro di 800 milioni del Fondo ordinario di
finanziamento delle università (Ffo), quando invece è universalmente
noto che si tratta solo di un parziale reintegro di un taglio di 1,3
miliardi previsto sin dal 2008.
Sempre nella memorabile scena il ministro Gelmini si è soffermata
sull'immissione in ruolo di 30 mila docenti precari prevista per il
prossimo anno «in accordo con i sindacati», cioè con Cisl e Uil. Una
tesi contestata da Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, che
apostrofa il metodo seguito dalla Gelmini come quello che si segue «al
Bar degli amici». «Questo numero - sostiene - non garantisce alcuna
aggiuntività rispetto ai posti disponibili che sono oltre il doppio ed
è insufficiente per garantire stabilità ai precari». «Se il Ministro
non è in grado di interpretare da sola le tabelle del Def - ha
rincarato la dose la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi - se
li faccia spiegare con esattezza da Tremonti». «Quello che è certo -
afferma Alessandro Ferretti, fisico a Torino e esponente della Rete 29
aprile - è che per 3 anni non si investirà un euro nella ricerca come
nella scuola. I costi però continueranno ad aumentare e l'unico modo
per sostenere l'istruzione pubblica in questo paese sarà quello di
diminuire il numero degli studenti, delle sedi e dei servizi». (da
Il manifesto di Roberto Ciccarelli)
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