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Lavoro: Italiani incapaci... la risposta di Adida alle affermazioni di Tremonti

Rassegna stampa
Il ministro Tremonti primeggia sempre di più nella top ten degli slogan svuotati di contenuto ed avulsi dalla realtà. Con la squallida frase: “I quattro milioni di stranieri arrivati in Italia sono tutti occupati. Forse i giovani italiani non sono davvero disposti a cogliere le occasioni che vengono loro offerte” (che sa di battuta cinica ed ironica), il Ministro consolida il suo primato di uomo avverso ai giovani italiani, che non manca mai di umiliare con parole fredde e ingiuste. Costui suppone che, gli immigrati in Italia lavorino tutti. Buon per loro e per lo  Stato italiano che desidera una macchina economica efficiente, produttiva e redditizia. Il problema si pone invece, quando si allude ai giovani italiani.  Pare infatti che il Ministro, con quella frase, intenda per l’ennesima volta ironizzare sulla disoccupazione dei giovani italiani etichettandoli come viziati, nullafacenti dalle idee retrograde ed incapaci di comprendere le smisurate possibilità di lavoro offerte dal mercato italiano. Si, è proprio lui! Il Signore dalle forbici facili, che nel corso del suo imperio ha soltanto stroncato le poche speranze di regolarizzazione di un numero smisurato di precari, in nome del batter cassa e dello slogan "razionalizziamo perché siamo in tempo di crisi" (anche se della crisi è stato l’ultimo ad accorgersene, e poi si fregia di aver salvato l’Italia dal baratro), per questo il farmaco guaritore è stato licenziare dallo Stato i lavoratori più deboli e indifesi, e saccheggiare la scuola pubblica, ritenuta facile preda da spolpare.                   
 E' mai possibile che, lo Stato per risparmiare e risanare il debito pubblico, debba per forza togliere il diritto di guadagnarsi il pane ai cittadini italiani privandoli della dignità? E' mai possibile che, nessuno prenda in considerazione il pessimo modo di usare il danaro pubblico del succitato Ministro? Per pagare la Libia, la Tunisia, e poi chissà chi, i soldi si trovano, purché gli Stati di appartenenza si mantengano i clandestini, (addirittura volevano donare 1.700 euro a quegli infelici che volontariamente avessero scelto di rimpatriare!) mentre invece per il 30% dei giovani disoccupati, il Ministro finanzia un' elemosina sgradita persino ai mendicanti indigenti. Ma costui, si è mai chiesto perché davvero la maggior parte degli italiani vuole andare a lavorare all’Estero e non intende stare in Italia?  Si è mai chiesto perché gli stranieri investono pochissimo in Italia e in pochissimi vorrebbero lavorare qui da noi? Spieghi agli italiani perché di cultura non si mangia, quando lui stesso è il primo a mangiare dalla cultura, se, si suppone,  sia diventato Ministro dell’Economia grazie alla sua formazione culturale (a meno che, non sia un classico accozzato dell’ ideologia politica degli accomodamenti, delle sistemazioni facili nei posti di potere di persone compiacenti e riconoscenti al proprio benefattore). Spieghi soprattutto, quali sono e quante sono le occasioni di lavoro che vengono offerte ai giovani italiani, laureati e non, tenendo presente che la maggior parte dei laureati, con master e specializzazioni varie, vuole fuggire in altri Stati, dove a loro verrebbe riconosciuto e  garantito ciò che in Italia lo Stato non garantisce, ovvero un futuro lavorativo stabile che premi il merito e incentivi la ricerca. Il Ministro, pare non avere un passato da ragazzo normale, che con la laurea sogna di vivere decorosamente e dignitosamente senza favoritismi, ma con la consapevolezza di dare allo Stato e alla Società il contributo che è in grado di dare in base alle proprie capacità e possibilità. Ma chi siede sugli alti scranni è sordo al rantolo delle ingiustizie perpetrate, e finge di storcere il naso di fronte a un problema che neppure si accinge a valutare e riconoscere come male supremo di qualsiasi Società civile. La disoccupazione è indice o sintomo di forte squilibrio sociale e mina la stabilità di uno Stato. E lui  che ha fatto? Ha soltanto inveito contro chi, privo di mezzi cerca il suo diritto al lavoro. Riprendiamo la questione immigrati.
Ammettiamo, supponiamo, che il Ministro abbia ragione:  tutti gli immigrati presenti in Italia lavorano; ma perché lavorano? E’ facile dire: “loro svolgono lavori che i giovani italiani non vogliono fare”; così si liquida con un mantra magico il problema alla radice. Provi, oggi stesso ad uscire per le strade e a chiedere a un giovane laureato italiano se intende privarsi della sua cultura, (rinnegando se stesso, i propri sogni e i propri meriti), per firmare un contratto a tempo indeterminato (con assicurazione e in regola in tutto e per tutto) come netturbino. Avrebbe una splendida sorpresa e sarebbe per il Ministro, una lezione di vita. Gli italiani sono abituati allo spirito di sacrificio, ma non ai soprusi, alle ingiustizie e al gioco mansueto dell’ipocrisia. Ma… tutti vissero felici e scontenti. Ministro, se gli immigrati lavorano tutti,  e sono cosi bravi da lavorare 24 ore su 24 allora perché non fate assumere solo extra-comunitari? Perché li volete cacciare via mostrando razzismo e xenofobia? Noi giovani andremo altrove: nella civile e splendida  Svezia, nella bellissima Svizzera, nella democratica Francia, nella potente Germania, nella bramata Inghilerra o nei luminosi Stati Uniti. E, faccia un piacere immenso a tutti noi, eviti le battutine, peraltro attinte da un vasto guardaroba di corbellerie desuete, e  risponda con i fatti concreti, finanzi l’occupazione dei precari, insomma dia loro il diritto che gli spetta. Non persista nel trovare una giustificazione a tutto arrampicandosi come un gatto sullo specchio di casa, perché alterare la realtà non  gli giova e non giova a noi. Non si distacchi dal presente, dai suoi doveri, viva di reale, guardi in faccia i soprusi, sia libero di agire in completa autonomia e si assuma le responsabilità che Le competono. Un italiano non può permettersi il lusso di privarsi dei propri diritti per accondiscendere al giogo delle imposizioni. Si progredisce nella storia dell’umanità,  si guarda a chi può insegnare qualcosa di costruttivo e non qualcosa che sa di regresso; nulla è più infamante della perdita dei diritti acquisiti. I nostri padri hanno dato la vita per garantire ai propri figli i diritti inviolabili della persona. Al nord, gli immigrati sono stati accolti in massa con entusiasmo per due motivi: il primo perché rappresentavano forza lavoro a basso costo, docile e mansueta, spesso pagata in nero. Loro si riuniscono in gruppi compatti e solidali e vivono ammassati in stanzette anguste, per sfuggire alle tirannie dei propri paesi di provenienza e alla fame! Ad onor del vero, caro Ministro si faccia, quando ha un po’ di tempo, un giretto in lungo e in largo per l’Italia, vada di Comune in Comune, noterà che gli stessi Comuni sono inondati dalle domande di richiesta sussidio da parte degli extra-comunitari, quindi non è tanto vero che la realtà è simile a una rosa senza spine. Noi invece, siamo soli di fronte allo Stato, tassati anche per respirare, senza certezze lavorative. A noi chiedono conto di tutto, a loro non sempre. Noi dobbiamo lottare contro il costo della vita, loro si accontentano di poca cosa e la maggior parte dei soldi la inviano come facevamo noi italiani nel dopoguerra alle loro case per campare la famiglia. Se Lei dice che i giovani debbono arrangiarsi, dimostra in maniera eclatante che lo Stato li ha abbandonati e privati del sacrosanto diritto al lavoro sancito dalla Costituzione. E se i giovani si arrangiassero e non riconoscessero più lo Stato come ente garante dei diritti dei cittadini? Signor Ministro, Lei è lì, seduto su quell’alto scranno, perché è stato votato da cittadini ansiosi che qualcuno risolvesse l’infausto destino dei figli che brancolano fra mille incertezze. E che cosa ha fatto per l’Italia? Ha soltanto tagliato.
Adida non è disposta a tollerare le solite parole vuote che umiliano la dignità dei precari e dei senza lavoro, di conseguenza persisterà a portare avanti la sua battaglia di civiltà per i diritti acquisiti, (che si tenta di mistificare) e contro le parole che disonorano la dignità di chi lavora sotto il giogo dei soprusi e delle mille fatiche; fatiche di chi, vorrebbe il diritto di portarsi a casa la convinzione di essere stato utile alla Società, alla Patria, agli altri e in fine a se stessi.

Coordinatore Adida della Sardegna
Massimo Melis (da ADIDA)

redazione@aetnanet.org








Postato il Martedì, 19 aprile 2011 ore 07:57:24 CEST di Pasquale Almirante
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