Ore di attesa
e trepidazione nel mondo della scuola.
Alla vigilia dell’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, che
allo stato attuale, sembrano volere solo esaurire gli insegnanti, si
sussegue il totograduatorie.
Esattamente come succede per le gare di calcio, come succede ai nostri
studenti quando aspettano di conoscere le tracce del tema d’Italiano
alla maturità.
Noi, a dire il vero, siamo maturi già da tempo, ma i tempi lo sono?
Forse no, in un paese normale dopo una sentenza, chiesta, voluta,
inseguita da chi si è destato alle ingiustizie, alle scelte
discriminatorie di questo governo, si dovrebbe già sapere cosa farà, il
Ministero, bocciato come il più pigro, il più insolente, il più
inadempiente degli studenti che avrebbe la pretesa di formare. Ma
questi resiste.
Dov’è la vittoria le porga la chioma che schiava di Roma Iddio la creò….
Mi hanno chiesto spesso di scrivere sulla questione coda/pettine, mi
sono sempre rifiutata.
La questione divide un precariato, vittima sacrificale di questo
governo.
Colpevole da nord a sud del più grave dei reati, amare il proprio
lavoro, ed essere disposti a tutto per salvarlo.
Non che non abbia le mie idee, le ho e sono chiarissime, sono una di
coloro che ha portato sul banco degli imputati il Ministero, condannato
come reo.
Ma il problema non sono i colleghi, che vedono la questione dal loro,
sacrosanto punto di vista, il problema è chi fa credere loro che la
legge e le sentenze si possano aggirare, non tenerne conto, resistergli.
L’onorevole Pittoni ad esempio, che oggi si fa paladino dei giusti,
professando un machiavellico “fine che giustifica i mezzi”, di dubbia
moralità, sembra volere ignorare che i tempi del Principe, sono passati
da tempo: in Italia (tutta) vige la democrazia!
Ma come ebbi a dirgli, quando l’ho incontrato, “ma dove è stato nei
miei quasi vent’anni di precariato?”.
E soprattutto a che titolo, dovrebbe decidere delle mie sorti, non
essendo neanche ministro?
Oggi parlano di scelta del 2007, come se il precariato nascesse da li,
e ci fomentano gli uni contro gli altri come se ognuno di noi fosse la
causa dei mali degli altri.
La causa dei mali di tutto il precariato, e dello scadimento della
qualità della scuola, sono i tagli, e le mancate assunzioni,
operate dal governo di cui l’onorevole Pittoni fa parte
Il rimedio operare in direzione contraria rispetto il fenomeno che l’ha
causato.
Ma subito nell’immediato si potrebbe arginare il problema con la
riapertura delle graduatorie, operando nella direzione da anni portata
avanti dall’associazione Professione insegnante, e ho notizie,
ufficiose anche da alcuni sindacati, che per motivi di tessere non si
espongono sulla questione: LA GRADUATORIA UNICA NAZIONALE!
.
Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò…..
Si perché aldilà di qualunque retorica risorgimentale di qualunque
regionalismo, ci piace, non ci piace, abbiamo festeggiato o meno il 17
marzo, siamo a favore o meno del federalismo, ad oggi, il lavoro di
insegnante della scuola pubblica è STATALE.
Lo Stato è uno, la legge è una, la Carta costituzionale è una, e non
esiste ragione logica per cui, un insegnante dall’estero può venire ad
insegnare in Italia e uno di Palermo dovrebbe fare DI NUOVO, un
concorso per spostarsi a Milano, o viceversa.
Molti di noi hanno già un titolo con valore abilitante, abbiamo
superato un ulteriore concorso, PER ABILITARCI nuovamente, richiesto
dallo Stato, e per esso lavoriamo da decenni, e oggi ci chiedono ancora
selezioni.
La graduatoria unica nazionale, e la possibilità scelta su tutti i
posti vacanti, consentirebbe a ciascuno di avere garantito il
diritto alla mobilità, di poter spendere totalmente i titoli acquisiti,
e nella possibilità di scelta su tutto il territorio, di permettere a
tutti coloro che lo desiderano, e da precaria so, che è così per la
maggior parte di noi, di lavorare il più vicino possibile a casa., il
tutto a costo zero per lo stato.
L’emergenza precariato rientrerebbe in pochi anni, ed allora si
potrebbe lavorare a forme anche diverse di reclutamento e formazione
iniziale.
I precari di oggi, sono già formati , reclutati e ancora a disposizione
dello Stato che li ha chiamati ad operare.
Il non volere vedere la soluzione più semplice e vantaggiosa per tutti,
è una scelta a mio avviso in cattiva fede, finalizzata a difendere
interessi di parte a danno di altri.
I precari hanno dimostrato sempre di essere pronti a dialogare e
trovare soluzioni, allo Stato oggi, strano a dirsi, chiediamo solo il
rispetto della legge e delle persone.
Rosalinda Lo
Presti Gianguzzi