Chi scrive è
nel mondo del lavoro dal 1973, senza contare i lavori come cameriere
saltuario per mantenersi agli studi. Mai come adesso ha vissuto il
mondo del lavoro con imbarazzo. Ciò per cui abbiamo lottato e sperato
sembra essere svanito nel nulla. Quale società può permettersi di
"perdere" un'intera generazione di giovani e, soprattutto, quale paese
può permettersi una classe politica come la nostra, che non ha le
capacità di prevedere il disastro anche sulle generazioni future dei
giovani, se non programma investimenti a medio e lungo termine per
valorizzarli?
Le trasformazioni avvenute nell'ambito del lavoro, soprattutto quelle
tecnologiche e dei rapporti relazionali, che avrebbero dovuto
migliorarne la qualità, in termini di fatica e di vita all'interno
delle aziende, si sono sempre più indirizzate ad accrescere
disoccupazione, incertezza, senso di precarietà, colpendo, in modo
particolare, le donne e i giovani. Negli anni'70 il lavoro era
indubbiamente più faticoso, con ambienti produttivi più pericolosi,
dove, all'interno, i rapporti erano gerarchizzati, spesso, per non dire
sempre, erano conflittuali. Però c'era il lavoro, che permetteva di
progettare un avvenire; un sindacato, con il quale si combatteva per
condizioni migliori; c'era, soprattutto, un forte senso di solidarietà
tra i lavoratori e la consapevolezza di essere parte di qualcosa. Oggi,
l'eccessiva flessibilità richiesta e concessa alle imprese, ha non solo
ridotto il ruolo dei sindacati, ma ha ottenuto un successo molto più
importante, ha portato i lavoratori precari ad essere parte di niente.
Negli ultimi 20-30 anni il capitale ha sempre più spostato i costi del
lavoro sui lavoratori senza, per altro, rinunciare ai propri utili,
anzi, vedendo questi ultimi crescere ulteriormente.
A due anni e mezzo dall'inizio della crisi e dopo un 2009 disastroso,
in termini di occupazione, il mercato del lavoro italiano non da
segnali di controtendenza, anzi, niente viene fatto per alimentarla. Si
legga l'articolo sulla Voce.info, Un'occupazione sempre più precaria.
A due mesi dal famoso "Pacchetto della scossa economica"o, come vuole
una pomposa operazione di marketing politico, il "Big bang della
ripresa", che riguardava Costituzione, Sud, case e incentivi è
assolutamente disatteso. Come nelle previsioni! Questo è il peggior
governo che la storia italiana abbia mai avuto, interessato
esclusivamente ai problemi del suo premier, il quale pare privilegiare
le sue passerelle osannanti, come le visite a Lampedusa, che non
prendere in serio esame i problemi del Paese e dei suoi giovani.
D'altronde quale sensibilità si può pretendere, specie verso la scuola
e l'informazione, se si fanno tagli all'istruzione e alla ricerca in
maniera indiscriminata e se le stesse non sono considerate utili per
mangiare (si legga il ministro del Tesoro Tremonti). In effetti il
grado di istruzione dei parlamentari è l'indice di tale insensibilità,
visto che nel 1948 i parlamentari in possesso di laurea erano il 91,4
per cento, contro il 64,6 per cento del 2005. Nel mondo del lavoro si
caldeggiano le eccellenze e chi dovrebbe preoccuparsi del futuro di
queste ultime sono di una mediocrità imbarazzante. Basta sentirli
parlare!
Mentre da noi la cultura "non fa mangiare", in Germania c'è un settore
che ha reagito molto bene alla crisi: quello delle imprese culturali e
creative, si legga l'articolo su Lo Spazio della politica, In Germania
con la cultura si mangia eccome... e in Germania sono 237.000,
contribuendo con un 3,3 per cento (2009) all'impiego nel settore,
crescendo di un 1,8 per cento rispetto al 2008. In un periodo di crisi
queste imprese sono cresciute non solo in Europa, ma a livello
mondiale. E' certo che per passare da un'economia industriale ad una
basata sulla conoscenza necessitano investimenti mirati, in "grado di
supportare il potenziale di crescita di un settore molto dinamico, ma
allo stesso tempo estremamente fragile (la maggior parte delle imprese
sono di conseguenza piccole o piccolissime)"...ma la Germania lo fa! La
Germania crede nella necessità di tale passaggio ed ha messo in piedi
il Kreativ Coaching Centre (KCC), che sostiene con consulenze, in parte
gratuite e in parte a pagamento, le imprese che ne hanno bisogno. Tra
l'altro il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FERS) contribuisce
al 50 per cento del budget del progetto.
Da noi, invece, possiamo sperare solo nella "comprensione" dei politici
ed è illuminante l'intervista del Il Fatto Quotidiano a Giuliano
Cazzola, deputato Pdl e consigliere di Brunetta, Capisco la
frustrazione dei giovani. In pratica non ci sono soldi per fare
politiche di sviluppo; da noi sono ancora privilegiati i lavori
manuali; si consiglia di andare all'estero per investire su se stessi,
insomma, una sorta di "ragazzi, arrangiatevi".
Nel frattempo, i nostri giovani arrancano in lavoretti senza qualifica,
senza futuro, senza una meta, senza la voglia di formarsi e informarsi
e, soprattutto, sono sempre meno visibili. Per quanto "importantissima"
la giornata del 9 aprile, per chiedere visibilità e attenzione,
assumerà valore e forza se si eviterà la separazione fra i precari e i
lavoratori a tempo indeterminato (i fortunati). Devono fare tutt'uno,
devono tornare a parlare lo stesso linguaggio. Tutti, oggi, siamo
"precari" o "indeterminati". Nessuno deve sentirsi in una fortezza.
Bisogna prendere consapevolezza che solo i "lavoratori uniti" sono una
forza e che le lotte per il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa
riguardano tutti. Nascondere la testa o girarla dall'altra parte non
serve...oggi a me...domani a te!
Solo una forza unita e che ha comuni interessi può dettare le
condizioni e sperare di far muovere una destra e una sinistra "simil
destra" verso progetti che riguardano il lavoro e i lavoratori. Oggi è
diventato persino un lusso o privilegio di pochi fare gli stage, perché
non tutte le famiglie si possono permettere il lusso di avere figli che
trascorrono mesi in "esperienze" senza ricevere un euro. Nel frattempo
i pochi giovani che lavorano, e per il tempo che lavorano, sono sempre
più soggetti a rischi, infortuni, morti, stress; non hanno nessuna
possibilità di interagire, all'interno del temporaneo lavoro, sulle
scelte dei tempi, dei turni, degli sforzi o delle fatiche da
sopportare. Non contano niente. Sono solo provvisori, basti leggere
l'articolo su Repubblica di Carmine Saviano, Se precariato vuol dire
malattia.
Il nostro premier, in occasione di una premiazione di giovani
eccellenze, e in ottemperanza al suo incarico istituzionale, da la
misura dell'importanza di tale cerimonia e della situazione giovanile,
sfoggiando una delle sue proverbiali barzellette. Ma, se ancora esiste
un fondo, l'ha toccato quando nessuno ha riso alla sua barzelletta,
specificando che se avesse potuto utilizzare un linguaggio adeguato
sicuramente avrebbe fatto ridere. Queste sono le politiche per i
giovani, insieme alla ormai attempata " trovatevi una donna ricca!".
I politici sono sensibili solo ai "voti" , alle preferenze e al
consenso. Solo in questo modo è possibile gestirli. Mancano i soldi da
investire per i giovani, ma Ugo Sposetti del Pd propone finanziamenti
per sovvenzionare fondazioni legate alle forze politiche e per dare
rimborsi alle liste sotto l'1 per cento: 185 milioni di euro.
Naturalmente la proposta è stata appoggiata da Pdl, Idv, Udc e Ir, come
scrive Il Fatto Quotidiano del 10 aprile.
I precari, i lavoratori "fortunati", le persone che ancora credono in
un mondo diverso, che una volta era prerogativa di una vera sinistra,
sono molti ed insieme costituiscono una notevole forza. Com'è possibile
che si sia perso quest'unità di intenti, la nostra capacità di lottare
per migliorare le condizioni di vita e la nostra volontà a battersi per
il bene comune? Com'è possibile che ancora sia al governo una destra di
si fatta specie? Per riprendersi il futuro è necessario che chi vuole
in nostro voto debba fare programmi seri, certi, lungimiranti e
soggetti a verifica. Non è più il tempo degli spot politici, delle
operazioni di marketing politico o di carnevalate, ma si dovrà dare il
voto a chi pensa ai lavoratori, sapendo che gli sarà tolto
immediatamente alla prima verifica negativa. I lavoratori devono
riprendersi la forza di partecipare a dettare l'agenda di lavoro di chi
governa. Senza di questo non c'è futuro, perché la "casta" lavora solo
per la propria sopravvivenza.
Solo in questo modo i giovani si riprenderanno in mano il loro
futuro. (da http://www.rassegna.it/ di idelbo)<