Si è svolta il 2
aprile scorso la Giornata Mondiale dell’Autismo. La ricorrenza,
istituita nel 2008 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha lo
scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica per promuovere lo studio e
la ricerca scientifica e contro l’indifferenza delle istituzioni, la
negazione dei diritti, l’istituzionalizzazione e lo smantellamento dei
servizi pubblici rivolti ai soggetti autistici.
L’autismo, una malattia neuropsichiatrica della quale non si conoscono
ancora bene le cause, colpisce lo 0,6 % della popolazione mondiale, si
manifesta nella prima infanzia a partire dai 2 anni, e può essere,
quindi, diagnosticata precocemente con la possibilità di individuarne
il rischio. La patologia investe le aree cerebrali provocando sintomi
quali, l’isolamento e un grave deficit della comunicazione verbale e
non verbale e delle capacità immaginative. La malattia non comporta
solo un disagio personale ma coinvolge anche il sistema familiare di
cui il soggetto è membro, per cui sarebbe auspicabile un coinvolgimento
dell’intera sfera familiare e sociale ed affettiva del soggetto affetto
dal grave disturbo. E, soprattutto, un disagio psicologico verso il
quale è necessario una maggiore sensibilizzazione per evitare che gli
affetti da autismo subiscano un’emarginazione sociale.
In Italia le stime sono discordanti, le persone affette da autismo
sarebbero 120.000 – 360.000 e, secondo gli esperti, un’altissima
percentuale, dal 60 al 90 % di bambini autistici, rischiano di
diventare adulti non autosufficienti.
Per affrontare queste delicate tematiche la Società di neuropsichiatria
dell’infanzia (Sinpia) e il Sindacato medici pediatri di famiglia
(Simpef), hanno promosso un convegno a Milano dal tema “Lo screening
precoce dell’autismo”, sull’importanza delle diagnosi precoce e dei
percorsi educativi tempestivi per favorire un miglioramento del
comportamento e dell’autonomia delle persone con autismo.
In Lombardia, come nel resto d’Italia, le opportunità di terapia e
riabilitazione per questo tipo di disabilità sono assolutamente
insufficienti: "La Neuropsichiatria dell'Ospedale San Paolo l'anno
scorso ha potuto prendere in carico solo quattro nuovi casi su
centinaia di diagnosi”. Spiega Anna Bovi, presidente dell'Angsa
Lombardia (Associazione nazionale dei genitori di soggetti con
autismo). I reparti di Neuropsichiatria hanno lunghissime liste
d'attesa: "Le strutture sono troppo poche, il personale non basta ed è
oberato di lavoro" commenta il dott. Rinaldo Missaglia, pediatra di
famiglia di Agrate Brianza (Mb), dove è in sperimentazione un progetto
di screening, presentato nel corso del convegno. Il 70% dei pediatri di
famiglia di Monza e Brianza, da circa tre anni, sottopone ogni bambino
a un test in grado di rilevare sintomi riconducibili all'autismo. "Nel
2010, su 780 test, 4 bambini sono risultati positivi e 9 da
monitorare”.
Sarebbe auspicabile che questa pratica diventasse parte degli esami
obbligatori in tutta Italia, sfruttando la capillarità già alta dei
pediatri di famiglia. Anche se, una volta fatta la diagnosi, rimane il
problema della cura. Il convegno, inoltre, ha lo scopo di mettere a
confronto pediatri, neuropsichiatri e Regione, per valutare la
possibilità di rispondere al crescente numero di diagnosi: "Non ha
senso fare screening, se poi le persone sono lasciate senza cure"
aggiunge il pediatra. Infatti, mentre chi può, ricorre a strutture
private, gli altri devono aspettare, "perdendo tempo preziosissimo per
i bambini: nell'autismo l'intervento educativo tempestivo è
fondamentale" aggiunge Anna
Bovi.
La presidente di Angsa Lombardia delinea un quadro negativo anche di
tutti gli altri aspetti della vita delle persone con autismo e delle
loro famiglie, partendo dal presupposto che "l'autismo è una sindrome
specifica che non può essere trattata insieme alle altre disabilità":
per quanto riguarda la scuola, sono rari i casi in cui gli insegnanti
hanno una formazione in merito. Non esistono neanche percorsi di
inserimento lavorativo o di autonomia abitativa pensati per chi soffre
di questa malattia, né servizi sanitari che si occupino specificamente
dell'adolescente e dell'adulto con autismo, “che in genere finisce nei
Centri diurni insieme agli altri disabili. Ma dalle esperienze dei
Paesi dove si provvede in modo efficiente, sappiamo che gli autistici
possono raggiungere la quasi normalità" commenta Anna Bovi. Eppure
tutti questi interventi sarebbero previsti dalla Carta dei diritti
delle persone con autismo della Comunità europea e dalle linee guida
indicate dal tavolo ministeriale sull'autismo del 2008.
A Palermo, invece, per l’occasione si è svolta l’iniziativa, “I figli
del silenzio hanno genitori che urlano al mondo”, una fiaccolata
partita da piazza Politeama che ha percorso il centro storico del
capoluogo siciliano, per sensibilizzare la popolazione locale sulle
gravi carenze nelle strutture pubbliche sanitarie e scolastiche.
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it