Parlare di
emergenza può apparire esagerato. Ma certo quello che sta avvenendo in
questi giorni sul fronte dei precari della scuola almeno una questione
sembra sollevarla con chiarezza: quella della tenuta del sistema
scolastico, quella della sua governabilità o piuttosto della
ingovernabilità, visto che difficilmente potrà rimanere esposto per
molto tempo al rischio-sentenze. Occorre insomma trovare soluzioni
politiche, ancor prima che tecniche, per governare una situazione che
potrebbe andare presto fuori controllo. E occorrerà, probabilmente, una
visione più pragmatica e meno giuridica della questione. Un approccio
aperto, un confronto serrato che porti a decisioni che richiederanno,
con tutta certezza, tanto coraggio e altrettanto
respiro.
La storia infinita delle graduatorie dei precari si era chiusa, circa
un mese fa, con l’attesa di un emendamento alla legge “milleproroghe”,
che avrebbe dovuto appunto prorogare di un anno l’imminente
aggiornamento delle graduatorie provinciali, per consentire il varo di
una legge sul reclutamento dei docenti (proposta della Lega).
L’emendamento invece è stato cassato e la proroga non c’è stata. Tra
qualche settimana, quindi, dovrà essere varato un nuovo decreto
ministeriale per l’aggiornamento biennale delle graduatorie. C’è ora l’intenzione ministeriale di
consentire l’aggiornamento dei punteggi solamente per la graduatoria di
base, ma non per quelle altre graduatorie per le quali due anni fa era
stato consentito il trasferimento di iscrizione in altra provincia (con
accodamento, ma non con inserimento a pettine). C’è anche il problema delle assunzioni in
ruolo dei precari e il Miur sta pensando di aumentarne il numero, ben
oltre le quote risicate degli anni scorsi.
Vediamo perché.
La moltiplicazione degli iscritti nelle graduatorie -
Per capirci meglio: dei quasi 220mila docenti iscritti nella
graduatoria della provincia di residenza, nel 2008-2009 quasi tutti
hanno chiesto a suo tempo anche l’iscrizione in altre tre province, pur
sapendo che questo avrebbe comportato il loro inserimento in coda. La
situazione che si è venuta a determinare è semplicemente mostruosa: i
docenti iscritti (cioè, come si dice, le teste) sono 220mila, ma la somma di tutti gli iscritti, tra
graduatoria di base (prima iscrizione) e graduatorie di trasferimento,
arriva a superare le 830mila unità: 220mila nella graduatoria di base e
610mila nelle graduatorie di altre province.
I docenti che hanno presentato ricorso al Tar e poi alla Consulta,
ottenendo ragione per l’inserimento a pettine, sono ovviamente tra quei
610mila iscritti nelle graduatorie delle altre province in coda. La
decisione della Corte costituzionale - che riguarda soltanto i docenti
ricorrenti - attende ancora di essere applicata. L’Anief, il sindacato
che ha patrocinato i ricorsi, ha inviato in questi giorni lettere di
diffida alla dirigenza dell’Amministrazione centrale e periferica,
annunciando, in caso di silenzio (molto probabile), la denuncia per
omissioni alla Procura della Repubblica presso le sezioni regionali
della Corte dei conti.
Le sentenze dei Tribunali - In questi mesi vi sono state varie pronunce
dei giudici sull’intero territorio nazionale che hanno riconosciuto
applicabile per il personale precario della scuola (sia docenti sia
personale Ata) la direttiva comunitaria 1999/70/Ce che riconosce, a
certe condizioni, il diritto di parità di retribuzione tra personale a
tempo determinato e personale a tempo indeterminato. Le prime sentenze hanno riconosciuto il
diritto allo stipendio estivo (due mesi di stipendio in più) dei
docenti con nomina fino al termine delle attività didattiche (30
giugno) equiparandoli ai supplenti annui che hanno nomina per l’intero
anno scolastico, fino al 31 agosto.
Questa prima forma di equiparazione ha avuto un seguito con crescendo
rossiniano, passando con altre sentenze alla parità di stipendio tra
docenti di ruolo e docenti con contratto a tempo determinato, ai quali
ultimi è stato riconosciuto il diritto alla ricostruzione di carriera
(scatti di anzianità) come avviene per i docenti di ruolo.
L’ultima (per il momento) sentenza di un tribunale è quella di Genova
che ha riconosciuto a 15 precari (tra docenti e Ata) con almeno tre
anni continuativi di servizio sulla stessa sede, il diritto di
percepire una somma una tantum di 30mila euro ciascuno. Sembra che vi
siano, tra docenti e Ata, almeno 65mila precari nelle stesse condizioni
di quelli di Genova (e la stima potrebbe essere in difetto). Se tutti passassero per la via giudiziaria,
il Miur dovrebbe sborsare circa 2 miliardi di euro. Il Miur ritiene che
la direttiva CE sia applicabile soltanto al settore privato, ma non a
quello pubblico; tuttavia, davanti al giudice è sempre risultato
soccombente.
La class action - Sull’onda della sentenza di Genova, il Codacons ha
avviato una class action, lo strumento di difesa dei consumatori
previsto dal decreto legislativo 2006/2005, per chiedere la
stabilizzazione - tramite assunzione - di 40mila precari della scuola e
12mila dell’università ed un maxi risarcimento di 30mila euro ciascuno
per tutti i precari della scuola e professori universitari a contratto.
Se l’iniziativa del Codacons dovesse avere successo, per il Miur vi
sarebbe l’onere di 1,5 miliardi di euro e l’obbligo contestuale di
assumere alcune migliaia di precari.
Cosa fare? -
Per rompere l’accerchiamento, la
via d’uscita sembra essere una soluzione politica da attivare con un
intervento legislativo ad hoc per il reclutamento dei precari. Nell’immediato,
come ha annunciato il ministro Gelmini nella risposta all’interpellanza
urgente del deputato Russo (Pd), con un’azione amministrativa
concordata con il ministero dell’Economia, si potrebbe coprire il
maggior numero possibile di posti vacanti, mediante assunzioni in ruolo
dalle graduatorie dei docenti e Ata.
Nonostante i tagli di organico, compensati abbondantemente dai
pensionamenti, i posti vacanti non vengono coperti interamente con le
immissioni in ruolo, decise ogni anno con il contagocce. Negli ultimi
due anni vi è stata questa successione di nomine in ruolo: 8mila
docenti e 8mila Ata nel 2009-10 per un totale di 16mila assunzioni;
10mila docenti e 6.500 Ata nel 2010-11 per un totale di 16.500
assunzioni. Ma i posti rimasti comunque ancora vacanti sono diverse
migliaia. Poiché la retribuzione di precario con nomina annua è uguale
a quella di un docente o Ata di prima nomina, l’assunzione in ruolo non
avrebbe alcun costo aggiuntivo per il primo anno.
Per evitare che le assunzioni vengano decise per via giudiziaria con
spese fuori controllo, è urgente definire azioni adeguate per via
amministrativa subito e per via legislativa a seguire. (di Max
Ferrario da http://www.ilsussidiario.net/)
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