“Il comportamento
illecito della pubblica Amministrazione ha reso la vita di una serie di
lavoratori priva delle necessarie tutele quali la sicurezza del posto
di lavoro, con la conseguente possibilità progettuale, la possibilità
di crescere nella professionalità realizzando quel long life learning
che è un diritto-dovere di ogni lavoratore, la possibilità di crescere
nel corrispettivo economico mediante scatti di anzianità”. Tutto questo
non lo diciamo noi, che pure siamo persone informate sui fatti. Lo
dicono i giudici, ma lo vedremo più avanti. Sfruttamento del lavoro
precario nella scuola pubblica e riconoscimento giudiziario del diritto
alla conversione del rapporto di lavoro e al risarcimento dei danni:
non bastava la “mano sulla coscienza” che Oscar Giannino ha implorato
via radio rivolgendosi ai giudici italiani affinchè non assumano per
via giudiziale professori che poi dovrebbero essere pagati “con le
tasse di tutti noi”.
Il ribaltamento di punti di vista cui si sta assistendo in queste
ore non appanna per nulla, anzi rilancia con forza, la consapevolezza
che gran parte del precariato scolastico sia abusivo e che perciò
stesso debba essere no nsolo superato ma anche lautamente risarcito. La
recente sentenza della Corte d’appello di Perugia sembrerebbe dare
torto ai precari poiché ha negato la conversione del rapporto a tempo
indeterminato per due ragioni: a) l’esistenza di una normativa
“speciale” che esclude la conversione dei contatti, normativa non
abrogata perche non abrogabile con le norme ordinarie; b) l’esistenza
dell’art. 97 della Costituzione secondo cui per essere assunti nella
pubblica amministrazione ci vuole un concorso pubblico. Partiamo
dalla Costituzione. Ah, la Costituzione. Ci si ricorda di lei
solo a giorni alterni. Ci si dimentica dell’art. 3 (uguaglianza) e
dell’art. 36 (parità di retribuzione) ma ci si ricorda dell’art. 97,
che impone la necessità di superare un concorso. Uno? Peccato che molti
precari abbiano già superato non uno ma due o tre concorsi tra quelli
programmati dalla stessa pubblica amministrazione. E attenzione: ci si
dimentica del fatto che anche per lavorare da precari serve il concorso
pubblico. Ed è singolare che ci si ricordi di questa esigenza solo
quando conviene. Troppo comodo, caro Giannino. Come mai ai vari
Giannino e tutti gli altri liberali che vivono lavorando in giornali
che vivono a loro volta di contributi statali cui attingono senza uno
straccio di concorso non è mai venuto in testa di allontanare i precari
dalla scuola visto che serve un concorso? Forse perché le scuole
resterebbero senza insegnanti, verrebbe da rispondere, ma sarebbe una
risposta troppo terra terra. “Si tenga conto – scrive il Tribunale di
Livorno in una recente sentenza (Livorno, 26.11.2010) – che ci troviamo
davanti ad una continua ripetizione di contratti a termine, tutti volti
a coprire carenze di personale in assenza di qualsiasi concorso o
assunzione regolare, contratti che già dal documento contrattuale non
contengono le adeguate spiegazioni e motivazioni. Contratti che quindi
sono tutti illegittimi e va applicata una sanzione”. Se ci trovassimo
davanti un datore di lavoro privato, prosegue il giudice, non ci
sarebbe dubbio sulla sanzione: consisterebbe nella conversione del
contratto in un contratto a tempo indeterminato e nella conseguente
sanzione economica. Siamo, invece, davanti ad un datore di lavoro
pubblico, la Pubblica Amministrazione, che è sempre stata considerata
immune dalla possibilità di subire la conversione del contratto, avendo
l'onere di assumere per concorso ex art. 97 Costituzione. Ma “ la prima
violazione a detto articolo – sentenzia il Tribunale – va ascritta
proprio alla Pubblica amministrazione stessa. Reiterare una serie di
contratti a tempo determinato per venti o più anni ad una serie di
persone significa coprire una serie di posti per un periodo lungo una
vita eludendo proprio la regola del concorso”. Detta regola “viene
prontamente invocata, però, non appena i lavoratori chiedono il
rispetto delle norme imperative messe a loro tutela. La stessa P.A. che
la viola e la elude sistematicamente poi la invoca per evitare la
conseguente sanzione. Occorre quindi valutare in primis questo aspetto
e considerare il valore che proprio per la PA ha questa regola del
concorso, evidentemente desueta”. Il Tribunale di Livorno concorda con
i colleghi del Tribunale di Siena (che ha recentemente convertito il
rapporto di decine di precari) “che argomenta come la regola
costituzionale non risulta in effetti violata, posto che l'art. 97
della Costituzione prevede espressamente la possibilità per il
legislatore ordinario di derogare al principio della concorsualità
(nella specie, si tratterebbe delle ipotesi disciplinate dall'art. 5,
d.lgs. 2001/n. 368) e che letteralmente scrive " Deroga non necessaria,
del resto, poiché l'art. 36 del d.lgs. 2001/n. 165, come modificato dal
d.l. 2008/n. 112, conv. l. n. 133, prevede che anche le assunzioni a
termine siano effettuate nel rispetto delle procedure di reclutamento
di cui all'art. 35, in osservanza dell'art. 97 Cost., ipotesi che può
realizzarsi, tra altro, anche in caso di assunzione a termine tramite
mera selezione effettuata esclusivamente in base ad una valutazione del
curriculum vitae e dei titoli prodotti”. La mancata estensione al
settore del lavoro pubblico della conversione legale, spiega il
Tribunale di Livorno, non può trovare pertanto giustificazione, e
certamente non nel caso concreto, nell'art. 97 Cost.". Se questo non
bastasse, occorre ricordare (anche a Oscar Giannino) che i giudici di
Livorno hanno stabilito che “il comportamento illecito della P.A. ha
reso la vita di una serie di lavoratori priva delle necessarie tutele
quali la sicurezza del posto di lavoro, con la conseguente possibilità
progettuale, la possibilità di crescere nella professionalità
realizzando quel long life learning che è un diritto-dovere di ogni
lavoratore, la possibilità di crescere nel corrispettivo economico
mediante scatti di anzianità”. La sanzione quindi “deve essere anche
tesa a restaurare detti lavoratori dei diritti fondamentali loro lesi e
dei danni ricevuti in termini di vita lavorativa”. E passiamo alla
seconda questione. Merita una riflessione il fatto che i
contratti ripetuti nel tempo invece che abusivi sarebbero cosa buona,
giusta e addirittura legittima atteso che la normativa che esclude la
conversione dei contatti è di natura speciale e non sarebbe stata
abrogata dalle successive disposizioni che sanzionano l'abuso dei
contratti a tempo determinato nel settore privato. La normativa
speciale in effetti rappresenta un’eccezione alla normativa generale e
prevale su di essa limitatamente agli ambiti specifici a cui fa
riferimento. A questo proposito, ci sentiamo di convenire ancora
una volta con la giurisprudenza citata del Tribunale di Livorno laddove
si scrive che non è peregrina la tesi di quella dottrina “che fa
giustamente rilevare come l'art. 36 D. L.gs 165/01, che salva le
pubbliche amministrazioni dalla conseguenza della trasformazione del
rapporto a tempo indeterminato in caso di violazione di norme
imperative sia precedente l'emanazione del D.Lgs 368/01 che ridisegna
la disciplina del contratto a termine, potendo costituire quindi la
norma sul contratto a termine norma abrogatrice implicita della
precedente. L'unica obiezione della prevalente posizione negatrice
della sanzione della conversione per la PA è che la norma dell'art.36 è
norma speciale, senza peraltro motivare perché lo sarebbe, visto,
oltretutto, che si trova all'interno di un decreto legislativo di
portata generale sul pubblico impiego, decreto il cui titolo recita
"Norme generali su...", quindi non norma speciale, ma regola generale.
Onere del legislatore sarebbe stato coordinare minimamente le due norme
generali e successive, come onere di chi stipula un contratto a termine
è scriverlo con il minimo di requisiti chiesti dalla legge, requisiti
che non sono né molti né particolarmente complessi da indicare ove
esistano e non vi sia frode alla legge. Adempiere a questo semplice
onere è indice di correttezza giuridica. Non adempiere dimostra
disprezzo della legislazione vigente e ha creato non poco contenzioso”.
Dunque, precari (precari, non supplenti dell’ultima ora), si vada
avanti con tenacia.
(*) Autore lel libro “Una vita da supplente”
Vincenzo Brancatisano
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