Quando una società non si
preoccupa del proprio futuro, allora basta trascurare l´istruzione dei
giovani. E´ il sistema più semplice per far sì che negli anni si spezzi
la catena delle conoscenze e ne esca compromesso il progresso di un
intero Paese.
La diffusione abnorme del precariato nella scuola italiana è un pessimo
indicatore dell´attenzione che la classe dirigente rivolge al sistema
educativo.
I precari nella scuola ci sono sempre stati, ma mai così tanti e così
anziani; lo stato di supplente consisteva in una breve sosta, tra un
concorso e l´altro, una specie di apprendistato, seguita dal ruolo e da
una normale carriera. Ora è diventata una condizione permanente,
talvolta con il rischio di essere estromessi dalle nomine, a causa dei
tagli, e di trovarsi tra i quaranta ed i cinquant´anni, esclusi da
altre possibilità lavorative. Eppure più volte non solo la
magistratura italiana, ma perfino quella europea hanno sanzionato lo
stato italiano per l´abuso nella reiterazione infinita dei contratti a
tempo determinato ed ora è probabile che nei prossimi anni una pioggia
di migliaia di condanne costringa lo stato a stabilizzare i precari di
lungo corso. Se la motivazione alla base della mancata stabilizzazione
fosse quella del risparmio, essa non regge.
Proprio per iniziativa della Gilda, numerosi tribunali si sono
pronunciati (si veda Professione docente di gennaio e febbraio 2011)
perché i precari ricevano identico trattamento economico rispetto ai
colleghi di ruolo, compresi gli scatti periodici di anzianità.
Probabilmente una razionalizzazione del sistema che prevedesse una
stabilizzazione dei precari, alla fine costerebbe meno e darebbe una
maggior stabilità a tutto il sistema scolastico con una ricaduta
positiva sulla continuità didattica e quindi sugli alunni.
L´ultima telenovela per i precari è la questione del contenzioso
promosso per l´inserimento a pettine dei precari che si erano inseriti
in coda in tre province, oltre a quella originaria. Probabilmente nella
storia della scuola italiana si tratta del più grande contenzioso mai
sorto, un business miliardario per alcuni avvocati, che ha coinvolto
attorno alle 20.000 persone e che ha visto sorgere anche qualche
organizzazione di fabbrica d´ illusioni a pagamento.
La questione è nata quando, all´epoca del Ministro Fioroni, il
Parlamento trasformò le graduatorie permanenti in graduatorie ad
esaurimento, cristallizzandole. Ad un certo punto il legislatore
ritenne, essendo intervenuti i tagli di organico, di istituire
l´inserimento in coda in altre tre province, allo scopo di aumentare le
possibilità di lavoro dei precari. In realtà la redazione di
graduatorie contenenti migliaia e migliaia di nominativi ebbe il primo
effetto di paralizzare numerosi uffici provinciali, per la difficoltà
di gestire le graduatorie. Subito si scatenò l´offensiva dei ricorsi di
chi voleva che lo spostamento fosse non in coda, bensì a pettine in
tutte le province, i ricorsi vennero presentati per lo più al TAR del
Lazio, onostante noi avessimo subito ricordato che il giudice
competente era quello ordinario, come più volte deciso dalla Corte di
Cassazione.
Ricordiamo i colpi di scena compresa la richiesta di commissariamento
del ministero, per mancata applicazione di pronunce cautelari.
Risultati pratici zero. Se si eccettua, ovviamente l´arricchimento
degli avvocati e lo sviluppo di un´organizzazione pseudo sindacale,
fondata sul ricorso continuo. Da ultimo l´intervento della Corte
Costituzionale che, sulla base di un condivisibile ragionamento sulla
necessità che le graduatorie siano basate sul merito e sui titoli
acquisiti, ha cancellato la legge che istituiva le tre code, con il
risultato paradossale di eliminare anche la possibilità di ottenere il
ruolo da parte di chi aveva provocato la pronuncia.
Dal punto di vista giuridico, ora la situazione delle graduatorie è
stata riportata al quadro normativo del 2007, un quadro peraltro
inapplicabile perché esso stesso si scontrerebbe con i principi
enunciati dalla Corte Suprema. Una situazione di drammatico stallo:
qualsiasi provvedimento ministeriale non potrebbe ora che generare
un´altra catena di ricorsi e il Parlamento non ha legiferato in merito.
Se il Parlamento non interverrà con urgenza con norme definitive
chiare, certe e giuste per quanto possibile, la situazione evolverà
verso il collasso finale, per la gioia di quelle organizzazioni di
dirigenti che vogliono semplicemente far saltare il meccanismo delle
graduatorie per avere il potere dell´assunzione diretta.( di Rino Di
Meglio da Gilda)
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