In dieci
giorni il ministero dell’Istruzione ha subito un uno-due che rischia
seriamente di affondare le riforme già approvate dal ministro
Mariastella Gelmini. Il 15 marzo ci aveva pensato il Tar del
Lazio ha dare una prima spallata accusando di illegittimità
costituzionale (con conseguente rinvio alla Consulta) un decreto
legislativo che disponeva una riduzione del 17 per cento del personale
amministrativo della scuola nel triennio
2009-2011.
Venerdì 25 marzo è stato il Tribunale
del lavoro di Genova a colpire, condannando il ministero di viale
Trastevere a risarcire con circa 500 mila euro quindici precari (30
mila euro a testa) che avevano fatto ricorso per la loro mancata
stabilizzazione. Se a questi due provvedimenti si aggiungono
altre recenti sentenze del Tar che hanno bocciato pezzi della riforma
della scuola, è evidente come nelle stanze del ministero l’allarme
abbia raggiunto il livello massimo. È chiaro che le ultime due
decisioni sono le più pericolose perché colpiscono direttamente la
«cassa» . In particolare la sentenza di Genova potrebbe avere degli
effetti devastanti. Secondo alcune stime sono almeno 150 mila i precari
nelle stesse condizioni di quelli di Genova e moltiplicando questo
numero per 30 mila euro il risultato per il ministero della Gelmini
sarebbe uno solo: il fallimento. In
queste ore a viale Trastevere si sta cercando una soluzione: sicuro
l’appello contro la sentenza, ma si tratta di un’iniziativa che, anche
in caso di successo, non servirebbe a ridare certezze. E allora
cosa fare? Escludendo una maxi-sanatoria (il totale dei precari supera
il mezzo milione), sarebbe auspicabile un intervento legislativo,
magari con l’accordo dei sindacati. Dopodomani è in programma un
incontro tra ministero e sindacati. La speranza è che prevalga il
buonsenso e venga trovata subito una soluzione chiara e definitiva. Perché, in caso di ulteriori sconfitte del
ministero in tribunale, alla fine a perdere sarebbero soprattutto i
precari «vincitori» , che rischiano di non trovare più chi li dovrebbe
risarcire. (Andrea Balzanetti da Corriere della sera)
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