Dal Parini
al Vittorio Veneto, i licei non hanno i soldi per pagare la
sostituzione dei prof assenti E i dirigenti scolastici si improvvisano
docenti. D’Elia: «Meglio così che far saltare le lezioni»
Ogni tanto tengono lezioni di storia. Altre volte si trovano a spiegare
le terzine danetesche o gli autori dell’Illuminismo. Eclettici per
necessità, sono i presidi delle scuole superiori di Milano. Che sempre
più spesso abbandonano l’ufficio per sedersi dietro alla cattedra e
stare in classe con i ragazzi di prima, di quarta o di quinta. Il
motivo? Mancano i supplenti. Quando qualche insegnante si ammala e
avvisa la mattina stessa sono guai seri. Con le nuove normative
infatti, gli insegnanti di lettere non possono più coprire le ore di
supplenza come facevano un tempo e i buchi, nella tabella degli orari,
sono tanti, spesso ingestibili: l’allineamento delle cattedre a 18 ore
non dà più la possibilità agli insegnanti di dire: «Sono disponibile a
coprire eventuali assenze dei
colleghi».
E la coperta è sempre troppo corta. «Un tempo erano gli insegnanti di
lettere a coprire le ore vuote - spiega il preside del Vittorio Veneto,
Michele D’Elia - Ora, in mancanza d’altri, ci vado io».
Lo stesso copione va in scena negli altri istituti milanesi. Ad esempio
al classico Parini, dove il preside Carlo Pedretti spesso e volentieri
si trova a fare le veci delle sue professoresse: chiude la porta del
suo ufficio, avvisa i bidelli che è in III B o in una delle quinte
ginnasio, prende il registro e «si mette il cappello» del professore.
«Ragazzi, adesso avreste l’ora di greco? Benissimo, prendete il libro
di grammatica a pagina 120». Del resto, in epoca di autonomia e di
tagli, i soldi sono sempre meno e vanno gestiti con oculatezza. Il
budget previsto nel bilancio della scuola per pagare le supplenti non
basta mai, e allora ci si arrangia come si può. Le lezioni dei presidi
sono - neanche a dirlo - del tutto gratuite e se non altro permettono
di risparmiare qualche euro. Sempre meglio che lasciare l’ora buca o
intrattenere i ragazzi con la proiezione di un film o attività del
genere.
«In fondo - spiega Michele D’Elia, che si è visto passare sotto gli
occhi generazioni di liceali - passare un po’ di tempo con i ragazzi fa
sempre piacere. Stando con loro in classe mi rendo conto di tante cose,
del loro livello di preparazione, di cosa hanno bisogno. Del resto sono
insegnante anche io». E non mancano le interrogazioni. Che, diciamo la
verità, essere interrogati dal preside ha tutto un altro sapore e non è
mai una passeggiata. Eppure va così. Se non altro i ragazzi non
rimangono indietro con i programmi. «Non possiamo lasciare ore buche -
spiega D’Elia - in particolar modo per gli studenti dell’ultimo anno
che si stanno preparando alla maturità e che non possono perdere
tempo».
I presidi tutto fare sono una necessità per le scuole milanesi: le
casse rimbombano talmente sono vuote. «Non possiamo mica chiamare i
supplenti da un momento all’altro e dire che li pagheremo l’anno
prossimo - sostengono i dirigenti scolastici - È una questione di
rispetto per il loro lavoro e di diritto alla retribuzione».
In sostanza, il vero spauracchio per i presidi sono le malattie degli
insegnanti, che pesano molto più di quelle degli studenti. Le assenze
dei ragazzi ci sono, soprattutto se si calcola che in certi periodi
dell’anno viene organizzato un corteo alla settimana, ma il fenomeno
dei «latitanti» non è così acuto e si è assestato su cifre identiche,
di anno in anno. «Al Vittorio Veneto - aggiunge D’Elia - non c’è un
grande assenteismo. In media, quando c’è una manifestazione, mancano
300 studenti». (da ilGiornale.it di Maria Sorbi )
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