Tra le parole
e la realtà a volte c’è un fossato che nessun ponte levatoio riesce a
scavalcare: da un lato le enunciazioni, le promesse, le garanzie,
dall’altro lo stato delle cose, inerte, brutale, stupido. Maestri in
quest’arte sono ovviamente i politici al governo – qualunque sia il
governo, intendiamoci, ma certo questo si supera – per i quali tutto va
bene, i problemi si risolvono con un’intervista, le montagne si scalano
con le funi delle chiacchiere. Seguivo qualche giorno fa il ministro
Gemini alla trasmissione di Fabio Fazio. E’ una donna sicura,
assertiva, implacabile: per lei tutto il male deriva dal Sessantotto e
dai suoi eredi, tutto il bene sta in una visione manageriale della
scuola. Bisogna risparmiare per reinvestire, dice il ministro. E allora i tagli sono obbligatori, c’è poco
da fare, i soldi non escono dal rubinetto.
Dunque è inevitabile, secondo il gelido ministro (o la gelida ministra?
La questione è sempre aperta), potare il corpo insegnante, segare un
po’ di bidelli, sfoltire gli amministrativi. Centoventimila posti in
meno, non so se vi rendete conto.
Centoventimila verdi possibilità di vita che ormai sono legna da
caminetto. E’ come se tre o quattro Fiat chiudessero spensieratamente.
Mi dispiace, questi posti non li possiamo più mantenere, arrivederci e
grazie, vi consiglio di andare per strada, mandare curriculum in giro,
telefonare, aspettare fiduciosi. Ma in Italia esiste una economia
privata che oggi può assorbire centoventimila persone? A me non sembra
proprio, quindi si aprono i deserti della disperazione per tanta e
tanta gente, la più parte laureata. Giovani che agognavano a un posto
da insegnante, che hanno frequentato e pagato anche la famigerata Siss,
ora stanno fotocopiando tristemente domande di lavoro che verranno
accartocciate senza neppure essere valutate. Ma poi la nostra ministra
(passo al genere femminile, mi sembra più onesto) ha affermato che nel
reparto della scuola, a differenza di quanto deciso per gli reparti del
lavoro pubblico, gli scatti di anzianità non verranno congelati per due
o tre anni come prima era stato detto. Meno male, penso.
Uno scatto di anzianità vale più o meno cento euro, che moltiplicato
per ventiquattro mesi, aggiungendo qualcosa per le tredicesime, produce
una cifra attorno ai 2500 euro. Ogni insegnante regalerebbe questi
soldi allo Stato, contribuendo nel suo piccolo a risollevare i conti.
Ma non è più così, assicura la Gelmini, fiera e baldanzosa. E io le
voglio proprio credere, spero tanto che abbia ragione, a me e a tutti
gli insegnanti quei 2500 euro fanno comodo. E poi con il congelamento
dell’anzianità rischiavo di non raggiungere il tetto massimo di
stipendio prima della fine dei miei anni di lavoro, con grave danno per
la mia pensione. Bene, la ministra da Fazio è stata chiara: nessun
blocco degli scatti. E allora come mai secondo la mia busta paga di
dicembre il mio prossimo scatto sarebbe avvenuto nel 2013, mentre
secondo la busta paga di gennaio e quella di febbraio dovrò aspettare
il 2015? E come mai questi due anni di fermo appaiono sulle buste paga
di tutti i miei colleghi? Chi si sbaglia? I ragionieri del ministero o
la nostra glaciale ministra? Repondez s’il vous plait!
( di Marco Lodoli da Flc-Cgil)
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