“La
Gelmini esclude i bambini disabili dai Giochi della Gioventù”. La
notizia corre, ormai, di bocca in bocca e con Internet, attraversa, da
un capo all’altro, la penisola. “Ma come si fa a cacciare da una bella
occasione di socialità e divertimento coloro che dovrebbero essere in
cima ai nostri pensieri? Non ci si crede ma è vero…” ribattono diverse
testate giornalistiche e blog.
A me piace, invece, rispondere a questa notizia “incivile che ha
dell’incredibile” (non ho saputo trovare altri termini) con le parole
del mio caro amico poeta, Angelo Signorello. Una denuncia, la sua,
ferma e dignitosa.
"Spero che esista l'inferno perché
non potrei chiedere a un eventuale Dio di essere clemente con chi
imbottisce di barbiturici e psicofarmaci micidiali le persone
handicappate perché, all'interno degli istituti e delle proprie case,
la loro presenza è un dramma e spesso viene considerata un peso dal
quale sbarazzarsi. Sì! Sarà pure un dramma, lo sottoscrivo in pieno, ma
per quanto sia terribile avere un parente o un assistito
psicolabile grave trovo al di fuori di ogni logica umana sedarlo
abusando con psicofarmaci. Per un attimo oso esprimermi, per assurdo,
gettando sul fuoco altro alcool con un pizzico di malignità,
ovviamente, a mie spese. Vorrei ipotizzare che, recluso dentro le
quattro mura domestiche o d'istituto, abitasse una persona handicappata
che apparentemente assumerebbe atteggiamenti irrazionali e che gli
venga riservato lo stesso trattamento bestiale in cambio di una terapia
che lo porti, invece, a migliorare le sue capacità residue. E se queste
persone con tale tipologia gravissima invalidante fossero sul serio
sotto scacco, del tutto inerti dinnanzi a dei boia che con l'abuso di
medicine vogliono ottenere per l’appunto il processo inverso? Purtroppo
l'ipotesi azzardata non gioca molto di fantasia, ma è una realtà
eclissata dinnanzi alla quale non si dà il giusto rilievo, e così, se
per una persona, tra virgolette handicappata, integrata nella società
che va incontro a problemi che nessuno prende di petto compresi i
diretti interessati, per chi vive intrappolato in uno psicofarmaco per
il volere altrui, il buio è e resta pesto. Parliamo di esseri umani che
anche se hanno gravi deficit cognitivi provano gli stessi istinti, le
stesse emozioni di chi ha una psiche integra, pur se vengono
decodificati in maniera diversa. Di queste storie, dove il silenzio
diviene arma vigliacca puntata contro i più vulnerabili, ce ne sono a
centinaia o forse molti di più, nelle fessure strette della nostra
società, solo che i protagonisti non possono manifestare, non possono
spiegare che il loro handicap, in realtà, è un doppio handicap. Sono
delle vite abbandonate a se stesse, dove i grandi assenti sono troppo
spesso le Istituzioni che dovrebbero verificare l'effettivo stato delle
cose e non con delle ispezioni fatte “una tantum”, spesso da gente
inesperta che magari non nutre alcun interesse ad agire seriamente. Per
esempio, ciò che mi lascia abbastanza perplesso in questi posti ghetto
è che non si accetta il volontariato. Cosa si vuole nascondere? Se non
avessero scheletri nell'armadio dovrebbero accogliere chi vorrebbe
regalare il proprio calore umano, perché l'affetto molto spesso è la
migliore medicina per una persona con disturbi comportamentali. Sono
solo un uomo di strada, lungi da me fare lo spocchioso o il
cattedratico, ma se mi permetto di esprimere delle opinioni, talvolta
spinte, è perché in un certo senso, come dice F. Battiato, ''vivo vite
parallele''. La malattia o l'handicap non si combattono grazie solo
all'uso o l'abuso di farmaci, ma l'ausilio più efficace è l'affetto.
Sono i famigliari, gli operatori e i volontari che con la loro
attenzione possono davvero migliorare la condizione di vita dei nostri
amici. E perciò, concludendo, ribadisco la mia assoluta condanna per
chi, tramite un bombardamento di medicinali e quant'altro, vuole
portare ad una distruzione di ciò che resta di queste persone, sia a
livello psicologico che motorio. Chiedo invece aiuto per chi scommette
sui processi riabilitativi e d'affettuosità perché la morale della
favola sta nel garantire loro l'adeguata terapia e amarli affinché
possano acquisire il diritto di essere trattati, finalmente, da persone
e non da oggetti sui quali fissare comode scadenze".
Arcangelo Gabriele
Signorello