L’orribile cataclisma
che si è abbattuto sul popolo giapponese deve indurci ad una profonda
autocritica politica, filosofica ed esistenziale della nostra civiltà
per constatare anzitutto la finitezza della condizione umana,
riflettere sul rapporto tra la vulnerabilità dell’essere umano e la
potenza smisurata della natura e prendere atto che la nostra
tecnologia, per quanto avanzata possa essere, evidenzia una serie di
limiti e di carenze oggettive che soccombono di fronte alla furia
spaventosa degli elementi naturali.
Ma proviamo a ricostruire in breve i fatti per ricavarne, se possibile,
alcuni preziosi insegnamenti che potrebbero servire all’intera umanità,
a patto che questa sappia e voglia afferrare e comprendere il senso
trasmesso dai recenti accadimenti. Come ogni esperienza traumatica che
travolge la vita delle persone e dei popoli, anche l’immane tragedia
collettiva che ha sconvolto il Giappone ha impartito alcune
lezioni storiche.
Il popolo giapponese è abituato da secoli a convivere con il rischio
perenne di terremoti spaventosi ed ha imparato a fronteggiare come
nessun altro paese al mondo le dolorose conseguenze causate dalle forze
naturali contro cui l’umanità è da sempre costretta a confrontarsi. Non
a caso il Giappone è all’avanguardia nel settore delle tecnologie
antisismiche e costituisce un modello da seguire per tutti i popoli che
abitano la Terra.
Nei giorni scorsi il Giappone è stato colpito da una serie disastrosa
di eventi sismici, tra cui la scossa più violenta è durata 400 secondi
(cioè oltre 6 minuti e mezzo) ed ha sprigionato un’energia tellurica
elevatissima, con una magnitudo misurata a 8.9 della scala Richter,
assai vicina al limite massimo che è 10 gradi. In parole semplici,
l’intensità del sisma è stata 20 mila volte superiore al terremoto che
distrusse L’Aquila e raggiunse una potenza di 5.8 gradi della scala
Richter. Dopo quella più forte in Giappone si sono registrate numerose
scosse di assestamento che hanno superato i 6 gradi Richter.
Se un terremoto simile si fosse verificato in qualsiasi altra parte del
mondo, avrebbe provocato un eccidio inimmaginabile, mentre il Giappone
ne è uscito praticamente illeso non avendo subito vittime, tranne un
paio di decessi che pare siano dovuti ad infarto cardiaco. Purtroppo,
al sisma ha fatto seguito uno tsunami di una forza inaudita che ha
investito le coste nord-orientali dell’arcipelago giapponese,
penetrando nell’entroterra in un raggio di oltre 5 chilometri con
intere città allagate e villaggi rurali sommersi dalle acque e decine
di migliaia di morti e dispersi. Dunque, lo tsunami ha arrecato il
maggior numero di danni ed ha fatto strage tra le popolazioni stanziate
lungo le zone costiere.
Come se ciò non bastasse, si sono verificate violente esplosioni ed
incendi in alcune centrali atomiche generando il pericolo di una
catastrofe ambientale e sanitaria, per cui l'allarme e la protesta che
si vanno diffondendo in queste ore nel mondo contro lo sfruttamento
dell'energia nucleare, sono assolutamente inevitabili e più che
giustificati.
Le considerazioni da fare sono molteplici, alcune “confortanti”, altre
un po’ meno.
Anzitutto occorre prendere atto che la vicenda giapponese fornisce la
conferma che anche l’evento sismico più devastante, per quanto
imprevedibile, può essere contenuto nei suoi effetti catastrofici
mettendo in sicurezza le abitazioni che non sono a norma e costruendo
gli edifici pubblici e privati con criteri rigorosamente antisismici
come quelli applicati da anni in Giappone, che hanno dimostrato di
reggere alle prove più terribili.
Questo è il dato positivo, che ci conforta nella misura in cui attesta
che è possibile salvaguardare la vita umana e l’integrità degli
agglomerati urbani rispetto alle conseguenze prodotte da un sisma di
quelle dimensioni, mentre una riflessione negativa si deve avviare di
fronte all’incontenibile furia di uno tsunami. La constatazione di
un’evidenza così innegabile deve spingerci ad ammettere i limiti e le
debolezze insite nell’attuale modello di sviluppo che esalta oltremodo
una tecnologia che pretende di asservire e subordinare la natura e
l’uomo alla logica cinica ed affaristica del capitale.
Un discorso a parte merita la questione delle centrali atomiche e l’uso
dissennato dell’energia nucleare. Infatti, mentre i terremoti e i
maremoti sono disastri naturali assolutamente inevitabili, benché gli
effetti siano arginabili e ridimensionabili almeno nel caso dei
fenomeni tellurici, i rischi derivanti dal ricorso all’energia atomica
sono evitabili in quanto si tratta di una scelta che dipende dalla
volontà politica degli Stati.
Il dato più allarmante consegnatoci dai mezzi di informazione concerne
l’esplosione alla centrale atomica di Fukushima 1, che dista 250 km da
Tokyo, con il nocciolo del reattore che rischia la fusione, l’impianto
di raffreddamento del reattore n. 2 ufficialmente fuori uso, alcune
quantità di cesio radioattivo rilasciato nell’ambiente esterno, decine
di persone già contaminate dalle radiazioni e non si sa cos’altro sia
successo e cosa possa accadere nelle prossime ore. Inoltre, una nuova
esplosione si è verificata nell’impianto di Fukushima durante la notte
scorsa, danneggiando il reattore numero 3 e destando forti timori e
preoccupazioni. Lo stesso governo nipponico è stato costretto ad
avvisare stampa e opinione pubblica rispetto al rischio di fusione nel
reattore n. 3 dell’impianto.
Gianni Mattioli, esponente del “Comitato vota sì per fermare il
nucleare”, si chiede giustamente: “In una situazione in cui i francesi
dal 1991 stanno costruendo una sola centrale, gli americani dall’80 non
stanno realizzando nessun impianto, perché noi in un territorio sismico
nel quale i siti possibili si riducono alla Sardegna e poco altro
dovremmo costruire centrali?”. La convinzione a cui approda Mattioli è
“una profonda ribellione per l’incompetenza e l’ignoranza di chi porta
avanti questa scelta, contro la quale stiamo organizzando una grande
battaglia di democrazia e cultura scientifica”.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini, ospite del programma
"L’Intervista" condotto da Maria Latella su Sky Tg24, a proposito delle
possibili ripercussioni "emotive" che potrebbero condizionare il piano
di rilancio dell’energia atomica in Italia, ha dichiarato: "Il mio
auspicio è che non si decida solo sull’onda dell’emozione". Ricordo che
anche in seguito al disastro di Chernobyl si disse che non bisognava
decidere emotivamente e che si trattava di una centrale arretrata dal
punto di vista tecnologico. Cosa che non vale nel caso degli impianti
giapponesi, per cui è certo che la decisione più saggia sia quella di
rinunciare all’impiego dell’energia atomica. Alla faccia di Chicco
Testa e della lobby di scienziati, politici ed affaristi fautori del
ripristino del nucleare in Italia (che oltretutto presenta un
territorio ad elevato rischio sismico) in un momento in cui altrove si
discute l’ipotesi di superare definitivamente lo sfruttamento delle
fonti energetiche nucleari.
In conclusione, non è “sciacallaggio” l’atteggiamento di chi rileva i
pericoli concreti legati allo sfruttamento del nucleare alla luce della
drammatica esperienza giapponese, ma il cinismo e l’affarismo che
alimentano la propaganda condotta negli ultimi anni per convincere
l’opinione pubblica italiana ad accettare l’inganno sinistro delle
centrali nucleari come soluzione, puramente illusoria, dei problemi
energetici del nostro paese.
Lucio Garofalo
l.garofalo64@gmail.com