L’intervento del
presidente Berlusconi a riguardo della scuola statale, nella quale si
“inculcherebbero” ideologie contrarie ai valori delle famiglie che alla
scuola hanno affidato l’istruzione - e anche l’educazione - dei propri
figli, fa venire alla mente un ormai famoso detto inventato da un
altrettanto famoso uomo politico dei nostri tempi: “a pensar male si fa
peccato, però spesso ci si azzecca...”. Le reazioni scandalizzate al limite del
parossismo, che hanno dato seguito - addirittura! - a delle
manifestazioni di protesta a difesa della
cosiddetta scuola pubblica, rivelano che è stato toccato un
nervo scoperto; quando certe affermazioni sono evidentemente delle
“bufale”, infatti, la risposta più efficace e convincente è il sorriso
e l’ironia.
Così non è stato, e una ulteriore riprova di quanto stiamo
affermando (non ne avremmo bisogno, ma questa è “bella” e va
raccontata) viene dall’incredibile performance del dirigente del Liceo D’Azeglio di Torino, che
ha diffuso via etere, nella “sua” scuola, un messaggio di augurio per
la manifestazione a favore della costituzione e della scuola “pubblica”
prevista per il giorno dopo (e svoltasi ieri, 12 marzo), dando per
scontata la partecipazione di tante classi: “...non essendoci domani a
scuola numerose classi, ho ritenuto opportuno intervenire oggi con un
breve messaggio rivolto a tutto il Personale ma, soprattutto, agli
Studenti”. Sì, perché (ha detto a conclusione) “diventa un
imperativo morale - con la libertà di pensiero e di scelta di ciascuno
- impegnarsi in difesa della Costituzione, in difesa della scuola
pubblica”...
Già, la scuola statale non fa
politica, deve solo istruire ed è neutrale, pluralista, mica schierata
ideologicamente come le scuole private... E il dirigente, lo sappiamo,
è proprio il garante della legalità e della imparzialità.
Ma quel che è più bello, a definitiva conferma di quanto sopra, è che
per far capire ai giovani cos’è l’istruzione davvero libera,
imparziale, pluralista, il valente dirigente ha utilizzato “un breve
intervento di un grande uomo di cultura”: il discorso di Piero Calamandrei al III
congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma,
l’11 febbraio 1950.
In sintesi, per chi ancora non l’avesse letto, Calamandrei in tale
discorso ipotizza (in modo “furbetto”) l’esistenza di un occulto
regime, che no, non vuole fare “una nuova marcia su Roma”, però tenta
di “istituire, senza parere, una larvata dittatura”; per fare questo,
cerca di rendere inoffensiva e improduttiva la vera fabbrica del
pensiero libero e democratico del paese: le scuole di Stato, che “hanno
difetto di essere imparziali”. E come avviene tutto ciò? L’occulto
regime “comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad
impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole
private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di
quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste
scuole private. Cure di denaro e di previlegi... Così la scuola privata
diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo
trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda
in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole
private”.Poi, se non fosse sufficiente, il potere provvede anche ad
“attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non
controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non
hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano
burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto.
Dare alle scuole private denaro pubblico, in dispregio di ciò che
prevede la nostra Costituzione.”
Ora, non vogliamo sicuramente disconoscere l’impegno politico e sociale
di cotanto illustre esponente della sinistra italiana, però è evidente
che il testo proposto (o imposto?) agli studenti del liceo d’Azeglio
offre una visione assolutamente unilaterale, quasi una caricatura della
realtà, tanto è schierata e non veritiera circa la situazione attuale
del nostro sistema sociale e scolastico; allo stesso modo (e questa è,
dal punto di vista educativo, la cosa più grave) non offre chiavi
ermeneutiche che consentano ai giovani di farsi domande o di trovare
delle risposte partendo dai dati di realtà.
Vorremmo allora, per chiarire meglio la nostra perplessità, porre al
bravo dirigente (e a tutti coloro che brandiscono slogan ormai vetusti)
alcune domande proprio sui dati di realtà:
- Lei sa che il bilancio della
scuola statale e quello della paritaria ammontano a quasi 45 miliardi
di euro per la prima e circa 500 milioni di euro per la seconda (cioè,
appena sopra l’1%, e questo nonostante la popolazione scolastica che
frequenta le paritarie ammonti al 12% del totale)?
- Lei sa che esiste una legge,
la 62/2000, che ha istituito il sistema nazionale di istruzione,
formato dalla scuole statali e dalla non statali paritarie, e che -
come recita anche la sentenza 2605/2001 del Consiglio di Stato - una
scuola è pubblica non in base alle caratteristiche del soggetto
gestore, ma in quanto erogatrice di un servizio offerto a tutti e
orientato al bene della res publica?
- Lei sa che le scuole
paritarie, per essere riconosciute tali, devono essere conformi a tutte
le normative previste per le scuole statali (e rispetto a queste, tra
l’altro, sono soggette a infiniti controlli...), comprese quelle
relative ai titoli dei docenti?
- Lei sa che, nonostante la
Legge sulla parità, le scuola paritarie percepiscono un contributo
economico che è poco più che simbolico per ciò che riguarda l’infanzia
e la primaria, mentre è quasi nullo per le secondarie di primo e
secondo grado?
- Lei sa che la nostra
Costituzione, che ha “invitato” i suoi studenti (a dispetto di ogni
norma scolastica) ad andare a difendere in piazza, riconosce la libertà
di educazione, cioè il diritto-dovere delle famiglie
all’educazione/istruzione dei propri figli (art. 30), e alla Repubblica
il “compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana”?
- Lei sa che l’art. 33 della
Costituzione recita che Enti e privati hanno il diritto di istituire
scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato, e che gli
stessi padri costituenti spiegarono che si intendeva solo
precludere l’obbligo per lo Stato di finanziare l’istituzione delle
scuole private, e non ogni altra possibilità discrezionale di sostegno
economico? (si leggano, a tal proposito, le dichiarazioni di Epicarmo
Corbino).
- Lei sa che l’esistenza delle
scuole paritarie garantisce allo Stato un risparmio annuo di oltre 6
miliardi di euro, data la differenza di costo rispetto agli alunni
delle statali?
Queste e altre domande vorremmo e potremmo fare al bravo dirigente.
Soprattutto, però, sarebbe stato utile che accanto al discorso del
Calamandrei, egli stesso avesse presentato ai suoi studenti questi
dati, per sollecitarli ad una indagine critica e costruttiva.
Perché il compito di una scuola,
statale o paritaria, non è indottrinare, alimentando il pregiudizio e
l’odio sociale, ma far crescere delle “teste pensanti”. Siamo proprio
sicuri, esimio dirigente, che sia questo il metodo giusto per
realizzare (come ha detto a conclusione del suo bel discorso) “quella
scuola che educa ad essere cittadini consapevoli e soprattutto liberi”?
Non avrà paura delle “teste pensanti”?
(diVincenzo
Silvano da Il sussidiario)
redazione@aetnanet.org