No ai telequiz sugli
studenti, no alla gerarchizzazione e alla discriminazione dei docenti.
I professori del liceo Mamiani denunciano l'ultima trovata del governo
e si appellano all'opinione pubblica.
«Sottratti dieci miliardi di euro ad un sistema scolastico nazionale
già impoverito da decenni di cattiva gestione, continua la cosiddetta
“riforma” della Scuola pubblica statale. Prossima tappa: la misurazione
“obiettiva” della preparazione degli studenti italiani mediante la
somministrazione dei test Invalsi (=quiz) di italiano e matematica
nelle classi seconde e quinte delle Scuole Superiori, cercando di
spacciare il tutto per “obbligatorio” (mediante la Nota 30 dicembre
2010, Prot. N. 3813). È un metodo di valutazione nel quale la
maggioranza degli Insegnanti non ha finora mai
creduto.
Metodo buono per il conseguimento della patente di guida, non per
saperi complessi quali quelli impartiti dai veri esperti della Scuola,
che sono (ovviamente) i Docenti. Per affibbiare ai Professori la
responsabilità dei malfunzionamenti (veri o presunti) del sistema
scolastico, sembrerebbe sport nazionale accusare i Docenti di
trasmettere il proprio sapere in modo “troppo nozionistico”,
“difficile”, “classista”, di non sapere interessare gli alunni, di non
esser preparati nelle tecniche pedagogiche. Ritornelli per sparare nel
mucchio, senza distinguo, accomunando tutti nella medesima condanna.
Non stiamo qui a ripetere la nostra ferma critica ad una politica di
denigrazione della scuola statale, che nonostante tutto, per la
resistenza dei lavoratori della conoscenza che vi operano (in primis i
Professori), resiste nella qualità e nella professionalità della
formazione per mantenere alto il valore irrinunciabile della cultura in
un paese civile e democratico. Pertanto
qui ci limitiamo ad esprimere quanto meno il nostro disorientamento di
fronte a questa sorta di quiz, i quali, benché considerati negli anni
Sessanta e Settanta la panacea della valutazione, in effetti lasciavano
cadere l’alto valore del pluralismo delle competenze e delle capacità,
e con essi i saperi analitico-critici: saperi che certo non si misurano
su pacchetti quantitativi (punteggio quiz). Non sarà piuttosto l’uso
ideologico del test a prevalere? Non si profila piuttosto un
ingabbiamento all’interno di pacchetti di conoscenze (nozioni) che
vanno tutte nell’indirizzo del pensiero unico, del libro unico?
Dell’insegnante a una dimensione e dello studente ad una dimensione? La
Scuola dà strumenti concettuali. Dà qualità nell’uso della ragione e
nell’autonomia della ragione. Per questo l’articolo 33 della nostra
Costituzione pone come non negoziabile libertà d’insegnamento e
d’apprendimento.
L’insegnamento è un’arte. Una techne, come la chiamavano i Greci, che
educa ad essere padroni della propria mente. Ma si pensa davvero che con test omologanti
da Bolzano a Ragusa, da Lecce a Torino (in palese contraddizione, tra
l’altro, con la svolta regionalistica che si vuole infliggere alla
Scuola) nasca una scuola nuova? O non è piuttosto il tentativo
reazionario di mettere le mani sull’ultimo baluardo di apertura mentale
e di formazione di coscienza critica che proprio la Scuola dello Stato
democratico rappresenta? Una scuola che ha bisogno di forti
investimenti economici, mentre proprio in questo segmento nevralgico
della democrazia si è deciso di risparmiare. Adesso dopo i danni la beffa, perché i
pochi soldi a disposizione (svariati milioni di euro) serviranno per
somministrare le prove INVALSI, sui cui risultati - si faccia bene
attenzione - si realizzerà la discriminazione dei docenti. I quiz
INVALSI serviranno infatti per pagare di meno quel 25% di Professori i
cui studenti “sanno” di meno, e dare una mancia di cento euro al mese
in più al 25% di Docenti “più bravi”! Unico e vero scopo dei test è
allora dividere e gerarchizzare gli Insegnanti, limitando de facto la
loro libertà d’insegnamento e di pensiero (garantita costituzionalmente
de iure, è bene ricordarlo, dall’articolo 33 della Costituzione!). Non
possiamo accettare di essere valutati sull’unico parametro della
capacità degli allievi di rispondere a quiz, in un Paese sempre più
ignorante, con classi di trenta alunni, con la diminuzione delle ore di
insegnamento di italiano nel Ginnasio e del tempo scuola nel suo
complesso! Accettando le prove Invalsi, accetteremmo progetti di
"valutazione" di tipo anglosassone. Progetti in via di dismissione nei
Paesi d’origine, se non altro perché hanno dimostrato tutta la propria
inefficacia (come avevano del resto denunciato, al loro apparire,
eminenti psicopedagogisti quale J. Piaget), perché addestrano: quasi si
trattasse di ammaestrare un pilota a guidare un cacciabombardiere,
anziché di educare a ragionare e ad apprendere. Perché allora inseguire
un modello che si è rivelato così fallimentare? Siamo stanchi
dell’ipocrisia ufficiale e del danno che questa ipocrisia infligge a
tutta la società italiana, a cominciare dalla Scuola. Tutti i Colleghi
devono aprire gli occhi su quanto sta accadendo. Siamo assolutamente
contrari ai test dell’INVALSI, che spacciano per cultura ciò che di
cultura neppure ha l’odore. Non vogliamo, per l’alta concezione della
professionalità docente che abbiamo, essere catene di montaggio di una
pseudocultura sminuzzata e nozionistica attraverso prove di
dis-valutazione. Nostro dovere di educatori è aiutare a sviluppare
conoscenze, competenze e capacità nella bellezza della molteplicità
degli ingegni umani, e delle possibilità di crescita e sviluppo a cui
ogni studente ha diritto. Tutto questo in sintonia con quanto prevede
la nostra Costituzione, che in particolare all’articolo 3 chiama lo
Stato laico democratico repubblicano a rimuovere gli ostacoli che
impediscono il pieno sviluppo della persona. Pertanto noi sottoscritti
Docenti del Liceo Classico Statale “T. Mamiani” di Roma invitiamo tutti
i nostri colleghi a rifiutarsi di somministrare i test INVALSI ed a
pronunciarsi negativamente nei Collegi, ricordando che il Collegio dei
Docenti ha potere deliberante in materia di program-mazione didattica,
e che esso può pertanto rifiutare l’adesione a tutto questo. La
necessaria delibera, risultato di una votazione, quindi, è la riprova
della non obbligatorietà a subire questi quiz, che per essere accolti
dai Docenti richiedono da parte loro un atto volontario di iscrizione,
in tempi peraltro già scaduti (entro il 2 febbraio 2011). Vogliamo
infine ricordare che persino la nota MIUR 30 dicembre 2010 non prevede
per gli Insegnanti alcun obbligo inerente la preparazione e
somministrazione delle prove INVALSI; trattandosi di nota, poi, essa
non si configura come fonte di diritto».
Dichiarazione firmata dai tre quarti dei Docenti del Liceo Classico
Statale “Terenzio Mamiani” di Roma. (da L'Unità)
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