La scuola pubblica
boccheggia, con le aule piene, i supplenti chiamati a singhiozzo, i
servizi ridotti all’osso, ma dovrà subire nuovi tagli agli organici.
Era già tutto scritto nella Finanziaria del 2008: anche per l’anno
scolastico 2011/2012 continua l’opera di dimensionamento. Ma è scontro
sul tema fra ministro e sindacati, con la responsabile dell’Istruzione
che minimizza (“Non si licenzia nessuno”) e la Cisl Scuola che chiede
di non “negare la realtà”. Con il governo Berlusconi sono già volate
via 68mila cattedre. Quest’anno devono sparirne altre 19.700 per
ottenere i risparmi chiesti dal Tesoro: altri docenti di ruolo
finiranno in esubero e molti precari, anche se hanno lavorato per anni
con contratti di 12 mesi, rimarranno a casa. Il governo, per tamponare
la perdita di posti, negli ultimi due anni scolastici è stato costretto
ad attivare un meccanismo che offre una corsia preferenziale ai
supplenti storici per avere la riconferma. Ma ora al conto delle
migliaia di persone già rimaste a casa fra il 2009 e il 2011 se ne
dovranno aggiungere altre.
Il calcolo degli ulteriori supplenti che potrebbero non avere
conferma a settembre si aggira attorno ai 7-8mila. Le regioni più
penalizzate dai tagli, secondo le tabelle del ministero, saranno
Sicilia (-2.534 posti), Lombardia (-2.415), Campania (-2.234) e Lazio
(-1.989). Nei prossimi giorni arriveranno i numeri definitivi, ma i
giochi sembrano fatti. Dei quasi 20mila posti da eliminare oltre 9mila
riguardano la scuola primaria dove il meccanismo del maestro prevalente
toglie le compresenze e fa risparmiare posti. Anche alle superiori il
conto da pagare è alto: -8.984 docenti. Alle medie si scende di 1.323
posti, ma per il prossimo anno è previsto un aumento di 12mila alunni.
Per il personale Ata si parla di 15mila posti in meno.
I sindacati lanciano l’allarme e con il ministro sono scintille. I
tagli, ha commentato ieri Gelmini a Firenze, rispondendo alla Cisl
Scuola locale, fanno parte del “piano di razionalizzazione contenuto
nel decreto 112 del 2008, indispensabile per liberare risorse sulla
qualità, con cui non si licenzia nessuno, ma con cui si ridimensiona la
previsione di aumento della pianta organica”.
Poi l’affondo: il ministro annovera fra i suoi errori quello di aver
“perso un po’ di tempo al tavolo con i sindacati, pensando che si
potesse arrivare in fondo assumendosi ciascuno le proprie
responsabilità”. I tagli agli organici “hanno reso più gravoso il
lavoro nella scuola e hanno condizionato i processi di riforma- ha
risposto il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima-
Negarlo vuol dire non vedere la realtà. Così come si nega l’evidenza
quando si dice che i tagli non hanno fatto perdere il lavoro a nessuno”.
Perdita di tempo parlare con i sindacati? ”Se è una battuta- segue
Scrima- è di pessimo gusto”, se non lo è “non potrà sfuggire la gravità
di tale affermazione”. “I rari incontri con il ministro sono consistiti
in semplici comunicazioni di questioni che erano già state decise per
via normativa”, fa notare la Gilda. E sui tagli la Uil Scuola chiede di
“garantire ai precari che rimarranno senza contratto un salvagente” e
“un’intesa- dice il segretario Massimo Di Menna- che prefiguri un
organico funzionale, pluriennale e stabile per dare continuità a
contratti e didattica”. La Flc Cgil parla di “tagli insostenibili: come
si può immaginare di eliminare altri 15.000 Ata, se quest’anno il
ministero ha dovuto fare deroghe per garantire il servizio e l’apertura
stessa delle scuole in tanti casi?”.
Intanto la scuola si prepara a tornare in piazza il 12 marzo, giorno in
cui si manifesterà a difesa della Costituzione. Per Gelmini è una
scelta “strumentale”. Ieri a Milano gli studenti hanno manifestato
contro Berlusconi e i suoi “attacchi” all’istruzione pubblica. Mentre
oggi a Roma si riunisce il Congresso dell’Unione degli Studenti che
rilancerà la protesta sulle riforme. (da Il Messaggero)
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